Italiane l'invenzione della luce superfluida e del motore a batteri
Nel suo viaggio attraverso l’aria e i materiali più vari, la luce comune viene deviata e dispersa. Dopo un temporale, ad esempio forma arcobaleni. Nella nebbia, si riflette sulle gocce d’acqua in sospensione creando un accecante muro luminoso. Nei cristalli, viene deviata dalle imperfezioni interne che la distorcono e disperdono. La luce superfluida invece, sarebbe in grado di attraversare tutti questi materiali senza la minima difficoltà: i fotoni che la compongono infatti, avrebbero interazioni tra loro talmente forti che la luce stessa comincerebbe a comportarsi come un vero e proprio fluido. Uno stato simile a quello di altri “super”, come l’elio superfluido, che da normale liquido come l'acqua si trasforma in un superfluido capace di scorrere senza alcun attrito.
Per testare questa ipotesi, gli scienziati si sono messi a caccia di una luce capace di attraversare un materiale opaco senza la minima dispersione o distorsione. Per individuarla, hanno utilizzato una luce, e un bersaglio da farle attraversare. La luce è un laser altamente stabile, mentre il bersaglio è un semiconduttore di arsenuro di gallio, capace di far passare la luce ma le cui imperfezioni normalmente la degradano. I parametri della luce sono stati variati secondo le indicazioni dei fisici teorici, modificandone il colore e l’intensità, finché la luce superfluida è apparsa proprio come predetto: il laser ha attraversato il semiconduttore – che fino a poco prima ne degradava il fascio – senza la minima interferenza: un comportamento che non era mai stato osservato in precedenza.
Per la luce superfluida si possono prevedere già delle applicazioni, come ad esempio quella di portare enormi benefici nello sviluppo delle fibre ottiche (che sono valse al loro inventore, il cinese Charles Kao, il Nobel per la Fisica 2009). Ma anche permettere non solo il trasporto dell’informazione, come attualmente accade, ma anche la sua elaborazione: enormi quantità di dati potrebbero essere trattate in via ottica da chip ottico-elettronici, a velocità impossibili per l’elettronica attuale. Nuovi chip velocissimi, capaci di risparmiare molta energia rispetto agli attuali. Diverse le applicazioni: dai computer ai telefoni, dai televisori alle automobili. La scoperta è stata pubblicata su Nature Physics del 20 settembre 2009.
L’altro grande successo dell’ INFM-CNR di Trento è quello di aver trovato un modo per far lavorare i batteri, come fossero microscopici animali da soma per sfruttare l'energia del loro movimento. E farlo nel modo più semplice possibile, in modo da renderne fattibile l'uso in apparati ad alta miniaturizzazione. È questa la direzione indicata dal risultato del lavoro dei ricercatori di INFM-CNR, che simulando sistemi di batteri in soluzione hanno individuato un modo per creare “motori batterici” dal funzionamento prevedibile, costante, ed in grado di avviarsi senza intervento umano.
I motori batterici sono diventati oggetto di intensa ricerca da quando, nel 2006, se ne è dimostrata la fattibilità in Giappone. Si spera di poterne sfruttare le potenzialità in un futuro prossimo, per alimentare tutta una serie di apparecchi microscopici, come impianti micromedicali o nanodispositivi ancora tutti da inventare, per i quali i motori batterici potrebbero fornire una fonte di energia economica e di dimensioni ridottissime.
Un motore batterico è composto, oltre che di microrganismi, da due altri fattori: la soluzione in cui sono immersi, e particolari microingranaggi che i batteri possono mettere in movimento. È proprio da questi ingranaggi (come dall'albero di un motore automobilistico) che si progetta di estrarre energia. Se nel 2006 si sono utilizzati batteri geneticamente modificati e microingranaggi con leganti biochimici, con costi altissimi e una scarsa resa, oggi grazie al loro lavoro si inverte il risultato: costi azzerati, e rendimento moltiplicato.
(a cura di Alessandra Flora)
Fonte: INFM-CNR di Trento