Agroalimentare – il contributo degli accordi commerciali Ue

In che modo gli accordi di libero scambio presenti e futuri dell'Ue contribuiscono alla crescita del settore agroalimentare europeo? 

Contributo del commercio su agroalimentare Ue - Photo credit: carriezimmer via Foter.com / CC BY-NC

Agroalimentare - concorrenza globale rallenta export Made in Italy

Internazionalizzazione: SACE, rapporto 2016-2019 su export e investimenti 

Le politiche commerciali e agricole dell'Ue condividono l'obiettivo comune di avere un comparto agroalimentare forte ed entrambe riconoscono la necessità di "proteggere i prodotti sensibili", ma anche di "aprire i mercati" per gli esportatori europei. Così si è espressa al Parlamento europeo la commissaria Ue responsabile per il Commercio Cecilia Malmstroem, in un discorso in cui, tra le altre cose, ha esposto alcuni dei risultati emersi da uno studio recentemente pubblicato dalla Commissione sull'impatto degli accordi commerciali dell'Ue sul settore agricolo.

Commercio - Ue verso nuovo metodo di calcolo dumping

Commercio agroalimentare Ue in numeri

I dati, ha spiegato la Malmstroem, dimostrano che le esportazioni sono sempre più importanti per il settore agroalimentare.

L'anno scorso, infatti, il comparto ha registrato un saldo commerciale positivo in linea con il trend degli anni precedenti, e nell'ultimo decennio il tasso medio di crescita delle esportazioni agroalimentari Ue ha superato l'8%.

Le esportazioni agricole, ha continuato la commissaria, sono anche "di grande importanza per l'economia dell'Ue in generale". Basti pensare che:

  • l'export di beni agricoli primari Ue verso il mondo sostiene 1,4 milioni di posti di lavoro in tutto il continente,
  • le spedizioni di prodotti alimentari trasformati provvedono ad altri 650mila posti di lavoro,
  • nel 2015, le esportazioni agroalimentari hanno rappresentato quasi il 7% di tutto l'export Ue, una cifra che cresce di anno in anno.

Commercio - protezionismo, report Ue su tendenze globali

Accordi e barriere commerciali

Se l'Ue vuole perseguire gli interessi del settore agricolo, oltre che di tutta l'economia in generale, è necessario compiere sforzi sempre maggiori per accedere a nuovi mercati, ha sottolineato Malmstroem. In questo senso, gli accordi commerciali sono, per l'Ue, uno strumento importante per affrontare tre tipi di ostacoli che gli esportatori agricoli (e non solo) devono affrontare:

  1. le barriere tradizionali di accesso al mercato, come le tariffe, che rappresentano spesso l'ostacolo più pesante per le esportazioni agricole nel mondo,
  2. le norme sanitarie e fitosanitarie, che molto spesso continuano a bloccare l'accesso ai mercati anche quando le tariffe vengono rimosse,
  3. le minacce alle indicazioni geografiche europee come, il Parmigiano Reggiano, il formaggio Roquefort o lo Scotch Whisky.

Per quanto riguarda il primo tipo di ostacoli, ovvero le barriere tradizionali, tra i diversi esempi analizzati nello studio della Commissione (Vietnam, Giappone, Mercosur, etc.), spicca quello del Canada, dove finora gli esportatori europei di prodotti agrioalimentari Ue hanno affrontato tariffe tra il 10% e il 20%.

In questo senso, il trattato di libero scambio (Comprehensive Economic and Trade Agreement, CETA)  elimina circa il 94% di queste tariffe; una quota che comprende quasi tutti i prodotti agricoli trasformati, in cui l'Ue è particolarmente competitiva. E anche per il formaggio, che è uno tra i prodotti alimentari più sensibili per i canadesi, l'Ue ha negoziato una quota di 18.500 tonnellate di export, che permetterà all'Unione di raddoppiare i livelli di export attuali.

Commercio - Ue e Mercosur, al lavoro su accordo per apertura mercati

Per ciò che concerne il secondo tipo di ostacoli, lo studio della Commissione mostra come, in molti casi, le norme sanitarie e fitosanitarie mascherino vere e proprie restrizioni commerciali e come, in altri casi, sarebbe possibile ottenere lo stesso risultato normativo di alta qualità in modo molto più efficiente. In entrambi i casi, i negoziati commerciali, spiega lo studio, possono contribuire a facilitare il commercio.

Spesso ciò accade indirettamente, perché i negoziati rafforzano la fiducia tra le autorità di regolamentazione su entrambi i lati, rendendo più facile trovare soluzioni reciprocamente vantaggiose. Le restrizioni sulle esportazioni di carni bovine europee legate alla crisi della cosiddetta "mucca pazza" rappresentano un buon esempio in tal senso. L'Unione ha infatti compiuto importanti progressi per superare tali restrizioni con Giappone, USA, Canada e Ucraina, tutti i partner di trattative per accordi di libero scambio.

Altre volte, invece, gli accordi commerciali stessi contribuiscono direttamente a rendere più facile il commercio. Il CETA, per esempio, riporta tra le discipline di applicazione dell'accordo commerciale l'attuale accordo veterinario Ue-Canada e stabilisce anche nuove procedure per facilitare il processo di approvazione di piante, frutta e verdura da parte di Ottawa.

Ue-Canada - CETA, che tutele su denominazioni d'origine?

Relativamente al terzo tipo di barriere, tra gli accordi siglati da Bruxelles che hanno portato "progressi molto significativi" in materia di protezione delle indicazioni geografiche spiccano quelli con Singapore, America Centrale, Colombia, Perù e Africa del Sud. Il che, ha concluso Malmstroem a commento del suo discorso, rappresenta un traguardo particolamente importante, dal momento che le esportazioni Ue di prodotti di origine protetta hanno un valore stimato di 11,5 miliardi di euro.

Cumulative economic impact of future trade agreements on EU agriculture

Photo credit: carriezimmer via Foter.com / CC BY-NC