La Commissione UE richiama l'Italia a garantire la libera circolazione dei capitali
Dal momento che la libera circolazione dei capitali è condizione imprescindibile perché si dia un mercato unico europeo, una legislazione che conferisca allo Stato il potere di intervenire su decisioni che riguardano la gestione di società privatizzate può ostacolare la realizzazione di tale principio. Per questo motivo la Commissione europea ha chiesto all'Italia di modificare la legge in materia di restrizioni sugli investimenti.
La legislazione italiana consente infatti allo Stato di intervenire in merito all'acquisto di azioni, alla conclusione di patti e a decisioni relative a fusioni o scissioni aziendali, laddove lo si ritenga necessario per salvaguardare gli interessi nazionali.
Attualmente il ricorso al potere di veto è ammesso nei confronti di Telecom Italia, ENI, Finmeccanica ed Enel e secondo la Commissione europea queste norme, e soprattutto la discrezionalità con cui possono venire applicate, rischiano di ridurre la libera circolazione dei capitali e il diritto di stabilimento sanciti del trattato sul funzionamento dell'UE e di disincentivare gli investimenti esteri.
Le autorità italiane hanno due mesi di tempo per recepire il procedimento di infrazione avviato dalla Commissione, altrimenti il caso potrebbe essere trasferito alla Corte di giustizia dell'Unione europea.
Un'opzione di certo non favorevole all'Italia, che già nel 2009 ha visto la Corte europea contestare il ricorso a questi poteri straordinari come strumento di tutela degli interessi nazionali e chiarire come l'opposizione a decisioni che riguardano il funzionamento delle imprese debba essere sempre motivata da condizioni oggettive e verificabili.