La presidenza di turno spagnola dell'UE nell'era del Trattato di Lisbona
La
Spagna ha inaugurato lo scorso 1° gennaio la sua presidenza di turno dell’Unione Europea, confrontandosi con la doppia sfida del rilancio economico e della nuova governance di un’Europa bicefala, ora che il
Trattato di Lisbona le ha conferito una presidenza permanente. Il capo del governo socialista,
Josè Luis Rodriguez Zapatero, il cui paese ha subito una severa recessione, ha affermato che la sua priorità sarà quella di uscire dalla crisi e di promuovere la ripresa in tutta Europa.
Zapatero ha inoltre inaugurato la nuova “era istituzionale” dell’UE, assicurando che l’attuazione del Trattato di Lisbona porterà ad un’Europa più efficace e dinamica. Una prova non da poco: il palazzo della Moncloa dovrà fare i conti con il nuovo presidente permanente dell’UE, il belga Herman Van Rompuy, ma anche con la responsabile della diplomazia europea, Catherine Ashton. Sono queste alcune delle cause di frizione e di confusione che Madrid potrebbe incontrare sulla sua strada ora che il Trattato di Lisbona si trova nella sua fase di rodaggio, una sorta di “salto nel buio” nel momento in cui Madrid riceve il testimone dalla Svezia ed intraprende la sua quarta presidenza semestrale dell’UE. Secondo il presidente del Parlamento europeo, Jerzy Buzek, “Questa fase si profila molto importante perché darà il via ad un nuovo modello di cooperazione tra gli Stati membri e le istituzioni europee”. Van Rompuy, negoziatore della prima ora, ha affermato di voler lavorare “mano nella mano” con la Spagna, ma ha già marcato il suo territorio assicurandosi la presidenza in occasione di ogni summit in programma nei prossimi sei mesi. Zapatero ha individuato come grande tema della presidenza spagnola il consolidamento dell’apparente ripresa, incoraggiando un’economia più produttiva, innovatrice, durevole.
Ma la Spagna, con il suoi 4 milioni di disoccupati e un mercato immobiliare in caduta libera rappresenta il “mauvais élève” della classe europea. D'altra parte Zapatero, al potere dal 2004 e in carica fino al 2012, è accusato dall’opposizione di destra di aver gestito male la crisi e si trova ora in una posizione politicamente debole. Per questo spera di guadagnare consensi sul piano internazionale approfittando dei grandi summit bilaterali che avranno luogo nella capitale e a Barcellona: quello con gli Stati Uniti alla presenza di Barack Obama, che si svolgerà nel maggio 2010, e quello con l’America Latina e l’Unione per il Mediterraneo. Il rafforzamento dei legami con il Sud America, il riavvicinamento, contestato, a Cuba e il consolidamento dell’Unione per il Mediterraneo rappresentano infatti le priorità di Madrid nell’ambito della politica estera, al di là dell’obiettivo globale di rafforzare il ruolo dell’UE a 27 nell’agone mondiale. L’agenda spagnola punta inoltre ad un'Europa “più sociale”, al raggiungimento della parità tra i sessi e all'abbattimento delle discriminazioni di genere.
(Alessandra Flora)