UE: la nomina del Presidente permanente e di Mr Pesc il prossimo 19 novembre
Proprio nel momento in cui si chiude la fase più critica, si apre la delicata partita sulle cariche più alte introdotte dal Trattato di Lisbona: il presidente permanente del Consiglio Europeo e l’alto rappresentante per gli Affari Esteri (il cosiddetto “Mr Pesc”, acronimo di Politica Estera e di Sicurezza Comune), nominati direttamente dai capi di stato e di governo dei 27 paesi membri. La scelta emergerà da un vertice informale indetto per il prossimo 19 novembre a Bruxelles.
A seguire verranno designati i singoli commissari europei, la cui nomina dovrà poi essere avvallata dall’Europarlamento.
A cambiare saranno prima di tutto le relazioni dell’UE con il resto del mondo. Con l’insediamento di Mr Pesc (che, ricordiamo, è al tempo stesso commissario e vicepresidente dell’UE) verrà creato un apposito servizio europeo che contribuirà al rafforzamento di una politica estera unica. Dopo che il ministro inglese Miliband ha ufficialmente dichiarato di non essere più interessato all’incarico (per lasciare campo libero a Tony Blair, ancora in corsa per la poltrona di presidente permanente), appare sempre più vicino alla meta Massimo D’Alema, sostenuto sia dai socialisti europei che dal titolare della Farnesina, Franco Frattini. “Sono certo che D'Alema saprà esprimere con convinzione una politica estera e di sicurezza comune secondo le nostre aspettative” ha affermato il nostro ministro degli esteri, palesando il suo endorsement. In questo caso D’Alema andrebbe a sostituire l’attuale commissario europeo ai trasporti, Antonio Tajani: all’interno dell’esecutivo infatti c’è posto per un solo rappresentante di nazionalità italiana. In tal caso, Tajani diventerebbe il candidato designato dal Pdl per le prossime regionali nel Lazio (ma prima dovrà superare la concorrente Renata Polverini, fortemente sostenuta da Gianfranco Fini).
Incertezza anche sulla nomina del “numero uno”: mentre Tony Blair resta in piedi nonostante la reticenza dei più, restano solide le candidature del lussemburghese Jean-Claude Juncker e del belga Herman Von Rompuy, entrambi premier nei loro paesi. (Vedi l'articolo su Fasi del 27 ottobre 2009)
Insomma, un sudoku complesso in cui ogni casella deve essere sapientemente occupata e in cui gli interessi internazionali si intrecciano con quelli dei singolo paesi.
L’esperienza insegna quando labili siano i sostegni alle candidature e quanto spesso le grandi decisioni rimangano ingnote fino all’ultimo, come nel caso dell’elezione di Irina Bokova a direttore generale dell’Unesco, che a sopresa ha surclassato il favorito: l’egiziano Farouk Hosni.
(Alessandra Flora)