Digitale - le scelte di investimento nel settore sanitario
Nel 2018 la spesa per la sanità digitale è triplicata, grazie agli investimenti delle strutture sanitarie, delle Regioni e dei medici di medicina generale. E' quanto emerge dall'ultimo studio dell'Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità della School of Management del Politecnico di Milano.
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Nel 2018 gli investimenti nella sanità digitale hanno raggiunto un valore di 1,39 miliardi di euro; le strutture sanitarie sostengono la quota più rilevante della spesa, con investimenti pari a 970 milioni di euro (+9% rispetto al 2017), seguite dalle Regioni con 330 milioni di euro (+3%), dai Medici di Medicina Generale (MMG) con 75,5 milioni (+4%), pari in media a 1.606 euro per medico e dal Ministero per la Salute con 16,9 milioni di euro (contro i 16,7 milioni nel 2017).
"La crescita della spesa per l’innovazione digitale in Sanità è un segnale confortante che conferma il ruolo strategico del digitale per innovare i processi del sistema sanitario", afferma Mariano Corso, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità. "Il digitale sta modificando tutte le fasi della presa in carico del paziente, dalla prevenzione alla cura, fino al post-ricovero, attraverso strumenti come la Cartella Clinica Elettronica, la Telemedicina, l’Intelligenza Artificiale e le Terapie Digitali. Ma per sfruttarne appieno le opportunità bisogna ripensare l’organizzazione e la governance del sistema, sviluppare le competenze del personale e rivedere la relazione fra operatori e pazienti in modo da mettere il cittadino al centro dei processi di prevenzione e cura e consentire un migliore e più rapido accesso alle informazioni e ai servizi sanitari".
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Le priorità di investimento
I sistemi dipartimentali sono l’ambito di innovazione digitale che raccoglie la quota più elevata di investimenti delle strutture sanitarie (97 milioni di euro) e il secondo considerato più prioritario dalle Direzioni strategiche (indicato dal 50% del campione) dietro alla Cartella Clinica Elettronica (CCE), che ha attirato risorse per 50 milioni di euro e viene considerata rilevante dal 58% dei direttori sanitari.
La maggior parte delle aziende si è oggi dotata di un supporto informatico diffuso (cioè esteso ad oltre il 60% delle attività) nella gestione della diagnostica per immagini (88%) e delle analisi di laboratorio (86%), mentre la gestione delle attività di sala operatoria risulta ancora in via di diffusione (63%), nonostante sia un ambito con un forte impatto sulla sicurezza del paziente.
Ad oggi, i contenuti multimediali gestiti in digitale con più frequenza sono quelli relativi alla radiologia (con l’84% delle aziende che ha digitalizzato oltre il 60% delle immagini prodotte), con tassi di diffusione che però si riducono per le ecografie (40%) e i tracciati ECG/EEG (33%), fino ad arrivare a limitate esperienze di gestione in modo integrato in digitale anche dei video di sala operatoria (7%).
Di frontiera e poco diffusi, infine, i sistemi di Digital Pathology (7%), cioè gli strumenti e le applicazioni che consentono di gestire i vetrini di anatomia patologica come immagini digitali ad alta risoluzione, permettendone la condivisione e supportando i flussi di lavoro clinici di anatomia patologica completamente in digitale.
Nonostante la scarsa diffusione, il 24% dei Direttori ritiene già ad oggi prioritaria una gestione digitalizzata dei vetrini per tutto il ciclo di vita – dall’acquisizione all’archiviazione passando per la fruizione nei diversi dipartimenti dell’azienda – percentuale che cresce al 39% considerando come orizzonte temporale i prossimi cinque anni. Un medico specialista su tre, inoltre, ritiene che i diversi contenuti multimediali a cui non accede ancora sarebbero invece fondamentali per supportare le decisioni cliniche.
I servizi digitali di Regioni e aziende sanitarie
I servizi digitali più presenti nelle aziende sanitarie sono la prenotazione e il pagamento online delle prestazioni sanitarie (presenti rispettivamente nell’88% e 76% delle strutture analizzate) che vengono principalmente messi a disposizione attraverso siti web o App (circa un’azienda su quattro) e che in quasi la metà dei casi sono fruibili tramite piattaforme regionali, spesso collegate al Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE).
Il Fascicolo Sanitario Elettronico può rappresentare, infatti, un potente strumento per offrire servizi digitali al cittadino in modo centralizzato e uniforme, ma l’indagine condotta dall’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità in collaborazione con Doxapharma su un campione di 1.000 cittadini mostra che solo il 21% dei cittadini ne ha sentito parlare.
Il Medico di Medicina Generale è il principale canale attraverso cui i cittadini sono venuti a conoscenza del FSE (35%), mentre la farmacia è indicata solo dal 4% degli intervistati. Sono ancora meno i cittadini che hanno dichiarato di aver utilizzato il FSE, solo il 7% della popolazione. La principale barriera è la difficoltà di accesso, indicata dal 40% degli utenti, e ben il 47% di chi non ha utilizzato il FSE (l’87% del campione) afferma di non essere a conoscenza della sua esistenza.
È stato, inoltre, possibile rilevare l’opinione dei professionisti sanitari rispetto alle barriere alla diffusione del FSE, attraverso una ricerca su 1.768 medici specialisti, svolta in collaborazione con AiSDeT, AME, FADOI, Digital SIT, PKE e SIMFER, su 274 Dirigenti Infermieristici, attraverso una survey condotta in collaborazione con CID e ASSD, e su 602 MMG, grazie alla collaborazione con la FIMMG e Doxapharma. Secondo l’opinione degli operatori sanitari, la principale barriera all’utilizzo del FSE da parte loro è la scarsa comunicazione e promozione dei servizi offerti dal FSE (48% dei medici specialisti, 51% dei dirigenti infermieristici e 52% dei MMG) e non la bassa utilità percepita come supporto al processo di cura (24%, 33% e 31%).
La maggior parte dei CIO delle aziende sanitarie (62%) ritiene che l’obiettivo prioritario legato all’offerta di servizi digitali al cittadino sia la riduzione dei tempi di attesa degli utenti. Le principali barriere che frenano l’adozione di servizi innovativi sono i problemi derivanti dall’interoperabilità dei diversi sistemi applicativi e dalla coesistenza fra nuovi sistemi e quelli già in uso e (indicata dal 57% dei CIO), e quelle legate al rispetto della privacy e del GDPR (32%).
Cittadini sempre più digitali
L’uso di Internet e degli strumenti digitali fra i cittadini italiani per reperire informazioni e accedere ai servizi sanitari è in aumento rispetto alla scorsa edizione della ricerca, soprattutto nelle fasce più giovani della popolazione, ma il canale fisico è ancora quello privilegiato dalla maggior parte della popolazione.
Lo rivela il sondaggio condotto dall’Osservatorio in collaborazione con Doxapharma su un campione di mille cittadini statisticamente rappresentativo della popolazione italiana. Fra i cittadini che non soffrono di malattie croniche o problemi di salute di lunga durata, oltre un terzo cerca sul web informazioni generiche sulla salute, come malattie, sintomi e cure (38%) e su corretti stili di vita e alimentazione (37%), il 15% si informa sui vaccini (il 25% fra le donne 25-44enni).
Queste percentuali si riducono all’aumentare dell’età del campione, ma anche fra gli over 65 più di uno su quattro (27%) cerca informazioni online. I canali più utilizzati dai cittadini sani sono i siti web istituzionali (52%), seguiti dai portali dedicati alla medicina e alla salute (30% in media), mentre App, blog e social network sono ritenuti meno affidabili e sono usati prevalentemente per informarsi sui corretti stili di vita e sull’alimentazione (23%).
Le App e i wearable stanno ormai entrando nella quotidianità dei cittadini, con il 41% che utilizza una applicazione di coaching o un dispositivo indossabile per il monitoraggio dello stile di vita. Tra i giovani sotto i 35 anni sono ancora più diffuse (55%), mentre l’uso diminuisce oltre i 55 anni (29%). Lo strumento più presente è lo smart watch, utilizzato da un cittadino su tre, con un vero e proprio boom rispetto all’8% registrato nel 2018. Tuttavia, ben il 75% dei cittadini che usa le App non invia né comunica al proprio medico i dati raccolti, che rimangono quindi spesso inutilizzati.
“Nel caso in cui i cittadini non possano rivolgersi a un medico per ricevere consigli su prevenzione e stili di vita in base a dati raccolti, potrebbe giocare un ruolo fondamentale un coach virtuale in grado di fornire in modo proattivo, e sulla base delle evidenze scientifiche disponibili, consigli su come migliorare i propri comportamenti sulla base dei parametri monitorati, come l’alimentazione e gli allenamenti – afferma Emanuele Lettieri, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità -. Ad oggi questa opportunità desta, tuttavia, un moderato livello di interesse da parte dei cittadini, così come la chat con un assistente virtuale o un assistente vocale (es. Amazon Alexa o Google Home) per chiedere informazioni sulla salute e sullo stile di vita, probabilmente perché ancora poco note e dai benefici difficilmente valutabili per la maggior parte dei cittadini”.
Anche i medici hanno sempre maggiore dimestichezza con gli strumenti digitali, che impiegano per comunicare o condividere informazioni e documenti con i pazienti. Secondo il sondaggio condotto su un campione di 602 MMG e su 1.720 medici specialisti, la mail è il canale più usato (rispettivamente 85% e 81%), seguito da WhatsApp (64% e 57%) e dagli SMS (65% e 40%). Aumenta l’utilizzo da parte dei cittadini: il 19% usa la mail (+4% rispetto al 2018), il 17% WhatsApp (+5%) e il 15% gli SMS (+2%). La maggior parte dei cittadini (52%) usa la App di messaggistica per chiedere al medico di fissare o spostare una visita e nel 47% dei casi per comunicare lo stato di salute.
Circa la metà del campione trova online informazioni sui medici (51%) e su strutture e prestazioni sanitarie (44%), ma se si analizza l’accesso ai servizi sanitari i cittadini appaiono molto meno digitali: solo il 23% ha prenotato online le prestazioni (21% tramite sito web e 2% tramite App) e il 19% le ha pagate via web (15% tramite sito e 4% tramite App), con punte però del 45% e del 27% fra i 35-44enni.
Si tratta di tassi di utilizzo ancora limitati, ma in forte crescita rispetto all’11% delle prenotazioni via web e al 7% dei pagamenti online emersi nel 2018. La farmacia gioca un ruolo ancora marginale nell’ambito delle prenotazioni (9%) e dei pagamenti di visite o esami (10%), mentre la maggior parte della popolazione preferisce ancora recarsi di persona presso la struttura sanitaria (rispettivamente 53% e 78%).
Chi non ha utilizzato i canali digitali dichiara che preferisce il contatto fisico personale (67%) o ammette di non essere capace di utilizzarli (19%). Il canale personale risulta molto rilevante anche nella scelta dello specialista a cui affidarsi: i cittadini considerano il parere del MMG come fondamentale nella scelta del medico specialista (il 43% lo indica come canale molto rilevante), seguito dal parere di parenti e amici. Le informazioni trovate sui siti istituzionali sono ritenute per nulla rilevanti dal 25% dei cittadini, così come le opinioni e recensioni su siti web (28%).
“Il digitale sta cambiando i tradizionali punti di contatto della Sanità, introducendone di nuovi, come siti web, App e chatbot – afferma Chiara Sgarbossa, Direttore dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità -. Le nuove tecnologie devono essere impiegate per riprogettare l’esperienza degli utenti affinché possano accedere più facilmente e velocemente a informazioni e servizi secondo modelli di cura innovativi e sostenibili. Sarà importante da questo punto di vista superare barriere e diffidenze, riconoscendo la specificità dei diversi profili di cittadini e sapendo progettare percorsi differenziati in grado di superare il potenziale digital divide, che rischierebbe di escludere proprio quelle fasce di popolazione che hanno maggiore bisogno di sostegno”.
L'Intelligenza Artificiale
L’Intelligenza Artificiale è un ambito ancora marginale in termini di investimenti (7 milioni di euro) e di interesse dei direttori sanitari (il 20% lo ritiene prioritario), ma sta prendendo piede. Le strutture sanitarie hanno adottato applicazioni di AI, anche se nella maggior parte dei casi si tratta di prime sperimentazioni, soprattutto basate sull’elaborazione delle immagini per effettuare attività di supporto alla decisione diagnostica (presenti nel 40% delle aziende del campione) e del testo libero (24%).
Sono queste ultime le applicazioni che i medici specialisti utilizzano maggiormente (30% e 26%) e che CIO e Direttori ritengono avranno un maggior impatto sul settore sanitario nei prossimi cinque anni. Allo stesso tempo i medici specialisti indicano l’elaborazione delle immagini come l’applicazione di AI più utile nel supporto della propria pratica clinica (36%) e l’ambito più promettente nel prossimo quinquennio (28%).
Secondo i Direttori, i medici specialisti, i dirigenti infermieristici e i MMG, le principali difficoltà legate allo sviluppo di soluzioni di AI sono le limitate risorse economiche disponibili e l’alta complessità nell’implementare questi progetti. Gli operatori sanitari, tuttavia, non sembrano essere spaventati che l’AI possa sostituirli, anzi, vedono in questi sistemi dei potenti alleati capaci di migliorare l’efficienza dei processi clinici (49% dei medici specialisti, 66% dei dirigenti infermieristici e 46% dei MMG), ridurre la probabilità di effettuare errori clinici (48%, 50% e 50%) e aumentare l’efficacia delle cure in termini di precisione e personalizzazione (43%, 45% e 52%).
“L’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale in alcuni sistemi informativi ospedalieri in Italia ha una buona presenza, in particolare per l’elaborazione delle immagini, ma oggi iniziano a esserci sperimentazioni significative anche nell’interpretazione del linguaggio naturale, scritto e parlato – afferma Paolo Locatelli, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità -. È importante sottolineare che l’applicazione di Intelligenza Artificiale in Sanità richiede, però, che le informazioni da elaborare siano raccolte in digitale, e quindi la presenza di Cartelle Cliniche Elettroniche e sistemi aziendali di gestione delle immagini diagnostiche è un prerequisito”.
Le terapie digitali
Uno dei nuovi trend nell’ambito della Sanità digitale è rappresentato dalle “Terapie Digitali”, soluzioni tecnologiche (principalmente App) che devono essere clinicamente certificate e autorizzate dagli enti regolatori e che aiutano i pazienti nell’assunzione di un farmaco (di solito prescritte dal medico in combinazione a un farmaco o in sua sostituzione).
Le soluzioni più interessanti secondo i Direttori e i medici sono quelle che supportano il paziente nel monitoraggio dell’aderenza alla terapia, considerate molto interessanti dal 47% dei Direttori, dal 45% dei medici specialisti, dal 63% dei dirigenti infermieristici e dal 49% dei MMG), mentre risultano meno interessanti quelle che propongono un intervento medico. Le App per il monitoraggio dell’aderenza rappresentano anche l’ambito che avrà un maggior impatto nei prossimi cinque anni.
Il principale ostacolo che impedisce la diffusione di queste tecnologie in Italia è la scarsa conoscenza della validità clinica, seguita dalla difficoltà a comprendere le opportunità offerte e dall’assenza di rimborsabilità da parte del Servizio Sanitario Nazionale.
La telemedicina
La telemedicina può giocare un ruolo fondamentale nell’integrazione fra ospedale e territorio e nelle nuove forme di aggregazione delle cure primarie. Anche quest’anno però la spesa in innovazione digitale delle strutture sanitarie si è concentrata soprattutto nel supporto digitale dei processi ospedalieri, con una minore attenzione all’integrazione ospedale-territorio.
Nel 2019 si registra una sostanziale stabilità in termini di diffusione rispetto a quanto rilevato in passato, con i servizi che coinvolgono il paziente come la Telesalute – i sistemi e i servizi che collegano i pazienti con i medici per assistere nella diagnosi, monitoraggio, gestione, responsabilizzazione degli stessi - e Teleassistenza - un sistema socioassistenziale per la presa in carico della persona anziana o fragile a domicilio, tramite la gestione di allarmi, di attivazione dei servizi di emergenza, di chiamate di supporto da parte di un centro servizi - presenti solo con progetti pilota (rispettivamente nel 27% e 22% delle aziende).
La scarsa diffusione si rispecchia nell’utilizzo di tali servizi da parte degli operatori sanitari che operano nelle strutture sanitarie, che dichiarano di utilizzare principalmente soluzioni in fase di sperimentazione. Da sottolineare, tuttavia, un elevato livello di interesse all’utilizzo, con oltre la metà che vorrebbe usufruirne. Allo stesso modo, anche tra i MMG la Telemedicina fatica a diffondersi, con solo il 4% del campione che utilizza soluzioni di Teleassistenza e il 3% di Televisita e Telesalute. Più alta, invece, la diffusione di servizi di Telerefertazione, in particolare in alcune attività diagnostiche di primo livello quali ad esempio la spirometria (21%) e l’elettrocardiografia (19%).
“Per quanto il digitale rappresenti una priorità per le strutture sanitarie italiane, il livello di maturità che emerge dalla fotografia della situazione attuale mostra un quadro ancora disorganico, nonostante una lenta, seppur costante, crescita rispetto alle rilevazioni degli ultimi anni – commenta Cristina Masella, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità -.L’adozione delle tecnologie digitali e la loro corretta integrazione nel Patient Journey consentirebbero, se pienamente sfruttate, di mettere davvero il paziente al centro dell’ecosistema, rendendo più appropriato e sostenibile il suo rapporto con i professionisti sanitari e con il sistema salute”.
Il procurement dell'innovazione digitale in Sanità
L’acquisto di soluzioni digitali è parte integrante del processo di innovazione stesso che una struttura sanitaria o un ente regionale intraprende. Un ente pubblico in ambito sanitario (e non), ad oggi, vede spesso gli strumenti di procurement come un ostacolo alla digitalizzazione, invece che come un volano per l’innovazione.
Attraverso l’analisi di un database fornito da Telemat, contenente le procedure d’appalto per acquisti di innovazione digitale della Sanità italiana dal 2014 al 2018, è emerso che l’importo netto delle gare aggiudicate dopo il 2016, a fronte di una sostanziale stabilità del numero di gare, è aumentato, a causa di una crescente aggregazione degli acquisti a livello regionale, e che il 72% delle gare ha avuto una durata maggiore di 150 giorni.
Il processo di procurement è sentito dalle aziende sanitarie come un processo critico soprattutto per la sua struttura rigida (barriera espressa dal 41% dei Direttori Amministrativi), legata a una complessa normativa di riferimento (24%). La barriera più sentita è però rappresentata dalla mancata conoscenza degli strumenti con cui comprare tecnologie digitali (47%) che impedisce, quindi, di accedere anche a forme innovative di procurement che potrebbero facilitare sia l’azienda sanitaria sia il fornitore nel portare avanti un progetto di innovazione.
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