Est Europa: Bulgaria, le due facce dell'economia
Nell'anno in cui la Bulgaria è chiamata ad eleggere il nuovo presidente della Repubblica, l'economia nazionale stenta a riprendersi. Come afferma l’autorevole quotidiano Mediapool.bg, gli ultimi sondaggi d’opinione addossano le colpe della crisi al governo di centro-destra guidato dal premier Boiko Borissov.
Secondo l'istituto nazionale di statistica il prodotto interno lordo nel 2010 è cresciuto soltanto dello 0,3%, a fronte di previsioni più incoraggianti pari allo 0,7%.
Nel frattempo, se da un lato il tasso di esportazioni e gli investimenti stranieri continuano a crescere, dall'altro i consumi interni e il settore dei servizi stanno crollando.
Di contro, a margine dell'ultimo vertice dell'Ecofin, il ministro delle Finanze, Simeon Djankov, ha portato l'economia bulgara come esempio di stabilità nell'UE. In quella occasione i ministri delle finanze dei 27 paesi membri hanno confermato che Sofia non deve compiere passi passi ulteriori nella procedura di riduzione del deficit.
Durante l'Ecofin Djankov ha proposto inoltre ai suoi omologhi europei di creare in Bulgaria un patto per la stabilità finanziaria. Per attuarlo sarà tuttavia necessaria una modifica della Costituzione, obiettivo non semplice da raggiungere per l’esecutivo in carica.
La riforma fissa al 3% il livello massimo di deficit consentito. Secondo Djankov la riforma potrebbe rappresentare un segnale positivo per dimostrare agli investitori stranieri che il Paese è capace di mantenere stabile nel lungo periodo la sua politica fiscale.
Tale patto di stabilità finanziaria dovrebbe entrare in vigore nel gennaio 2013, per aiutare, tra l'altro, la Bulgaria ad entrare nell'eurozona, anche se per il momento non ci sono pressioni in tal senso. La moneta unica al momento non è più ritenuta una priorità immediata.
I datori di lavoro nel frattempo non si mostrano ottimisti. Le previsioni per il futuro non sono buone, soprattutto per quanto riguarda la disoccupazione.
Tra i settori più a rischio ci sono l’ICT e l’edilizia. Ad assumere saranno perlopiù le imprese orientate alle esportazioni come quelle metallurgiche e tessili, cosa che non accade per le imprese orientate al mercato interno. Per questo la lotta alla disoccupazione resta una delle priorità fino alla conclusione del 2012.
Anche il settore energetico non è esente da problemi. Gli effetti dell’incremento del prezzo del petrolio causato dalla crisi in Medioriente si stanno facendo sentire in Bulgaria, dove anche il prezzo del gas ha raggiunto il suo apice negli ultimi due anni. Fattore da non sottovalutare, visti i gelidi inverni di Sofia.
L’impennata del prezzo del barile ha avuto immediate ripercussioni sul sistema dei trasporti e della logistica. Alcune aziende hanno già rincarato prodotti e servizi per compensare le spese.
Nel frattempo si moltiplicano le pressioni della Russia per riesumare il progetto di costruzione dell’oleodotto Burgas-Alexandroupolis con l’obiettivo di portare il petrolio dal Mar Nero al Mare Egeo. Il progetto, infatti, è stato bloccato dal governo nel 2010 con la conseguente apertura di una controversia legale con Mosca.
Cionostante dal 2008 la Bulgaria mantiene al 10% la flat tax, e può vantare uno dei tassi di previdenza sociale più bassi (anch’esso al 10%).
Per questo il Paese, al di là di tutto, resta ancora una meta appetibile per gli investitori.