DEF 2011: Confindustria delusa dalle misure di crescita
Il Documento di Economia e Finanza approderà nell'Aula del Senato martedì 3 maggio 2011, in seduta pomeridiana, a partire dalle 17. Pare però che questa manovra non basti. Le stime dell’ultimo bollettino economico di Bankitalia rivelano che nel 2014, per raggiungere un sostanziale pareggio di bilancio, sarà necessaria un’ulteriore correzione dei conti per circa 2,3 punti percentuali del Pil.
Il settore dell’Istruzione è tra quelli che subiranno un “colpo di scure”. In base al DEF, in tre anni verranno tagliate 81.120 cattedre e 44.500 addetti al personale non docente (i cosiddetti Ata). Il risparmio previsto ammonta a poco più di otto miliardi.
Non sono ottimistiche le audizioni delle parti sociali che si susseguono in questi giorni in Parlamento.
Secondo Giampaolo Galli di Confindustria: "Lo sforzo di risanamento indicato dal Governo è estremamente ambizioso, ma il Piano nazionale delle riforme è deludente per quanto attiene alle azioni concrete per crescita e competitività. Serve uno scatto di orgoglio per affrontare le urgenze del Paese".
Continua Galli: ”Per avere successo, un simile sforzo richiede che si ridisegnino i meccanismi di spesa e lo stesso perimetro dello Stato nell'economia e nella società. Senza questi cambiamenti i tagli alla pesa potrebbero rivelarsi difficili da sostenere e rischiano di tradursi nel rinvio di spese necessarie o in forme occulte di debito pubblico, come il debito verso fornitori.
Confindustria è preoccupata dal taglio agli investimenti pubblici, che deriva in misura importante dalla compressione della spesa primaria. "Scenderebbero a 27 miliardi già nel 2012, erano 38 miliardi nel 2009. Si tratta di una diminuzione consistente che avrà effetti di lungo periodo sull'infrastrutturazione del Paese ed è in contrasto con le raccomandazioni dell'Unione Europea, che chiede di effettuare il risanamento senza penalizzare la spesa in infrastrutture".
Per Cesare Fumagalli, segretario generale di Confartigianato, in rappresentanza di Rete Imprese "Il def non fornisce quelle indicazioni che si configurerebbero come una scossa all'economia italiana, c'é un apprezzabile realismo, ma c'é sicuramente più enfasi per la stabilità che per la crescita. Il realismo è un merito del documento, ma è anche un limite consistente nella costruzione di misure per lo sviluppo".
Sul testo, in questi giorni, si sta poi consumando una nuova rottura tra i sindacati. Il Def e il Piano Nazionale per le Riforme varati la settimana scorsa dal governo sono condivisi da Cisl e Uil, ma non dalla Cgil, che ritiene inaccettabile l’assenza della crescita e la mancanza di una politica che “aggredisca i nodi strutturali” del sistema Italia. Il giudizio è stato espresso nel corso delle audizioni presso le Commissioni Bilancio riuniti di Camera e Senato.
Per la confederazione guidata da Susanna Camusso "non c'é la crescita, si tratta di puro galleggiamento di un governo in attesa di eventi miracolosi. Si nascondono i nodi del nuovo Patto di stabilità europeo che, considerando il debito dei Paesi membri, rischia di produrre un intervento distruttivo sulla spesa se non si interviene per tempo sul piano della crescita e, con il limite del 60%, rischia di costare all'Italia una manovra di 40 miliardi ogni anno.
La Cisl, al contrario, "apprezza particolarmente l'assunzione della riforma fiscale come una priorità del Piano nazionale delle riforme, anche se per il suo finanziamento chiede più coraggio al governo, a partire dalla coerenza politica per la lotta alla evasione, affrontando anche il nodo della tassazione delle rendite finanziarie, armonizzandola al 20% con l'Ue, e colpendo soprattutto quelle speculative".
Documento di Economia e Finanza 2011