La Corte di giustizia dell’UE blocca il tribunale comunitario dei brevetti
No al tribunale europeo e comunitario dei brevetti. Ad affermarlo è un parere della Corte di giustizia dell’Unione europea. Il Consiglio UE aveva chiesto infatti alla Corte di esprimere un parere sulla compatibilità di un sistema unico di risoluzione delle controversie in materia di brevetti - il cosiddetto “Tribunale dei brevetti europeo e comunitario” - con le disposizioni del Trattato che istituisce la Comunità europea.
Tale parere è vincolante (Parere 1/09, 8 marzo 2011): uno stato membro, il Parlamento europeo, il Consiglio o la Commissione può richiedere il parere della Corte di giustizia sulla compatibilità di un accordo previsto con i trattati. In caso negativo, l'accordo non può entrare in vigore, salvo modifica di quest'ultimo o revisione dei trattati.
Il progetto di accordo internazionale istituisce un tribunale dei brevetti europeo e comunitario, composto da un tribunale di primo grado - comprendente una divisione centrale nonché divisioni locali e regionali - da una corte d'appello e da una cancelleria comune.
La Corte ha rilevato prima di tutto che, in base a questo accordo, tale istituzione si situerebbe al di fuori della cornice istituzionale e giurisdizionale dell'Unione.
Tale tribunale, attribuendo una competenza esclusiva a conoscere un rilevante numero di azioni promosse da privati in materia di brevetto comunitario, nonché ad interpretare e ad applicare il diritto dell’Unione in questa materia a un giudice internazionale, situato all’esterno della cornice istituzionale e giurisdizionale dell’Unione, priverebbe i giudici degli Stati membri delle loro competenze in materia di interpretazione e di applicazione del diritto dell’Unione, nonché la Corte della propria competenza a risolvere, in via pregiudiziale, le questioni proposte da detti giudici. Di conseguenza, snaturerebbe le competenze attribuite dai Trattati alle istituzioni dell’Unione e agli Stati membri, essenziali alla salvaguardia della natura stessa del diritto dell’Unione.
Il parere ha tenuto conto sia della posizione favorevole di alcuni stati membri, che del dissenso espresso da Italia, Irlanda, Francia, Spagna, Grecia, Cipro, Lituania e Lussemburgo, secondo i quali il progetto di accordo sarebbe incompatibile con i Trattati.
Il governo italiano ha sottolineato che tale accordo riveste la forma di un atto di diritto internazionale, attraverso il quale gli stati membri e gli stati aderenti alla Convenzione sul brevetto europeo di Monaco del 1973 (di seguito "CBE") trasferiscono le loro competenze costituzionali in materia giurisdizionale a un organo giurisdizionale internazionale.
Visto che attualmente non esiste un brevetto che valga sul territorio di tutti gli stati membri, né un sistema unitario per la soluzione delle controversie in questa materia, l’Unione non sarebbe legittimata a trasferire la propria competenza giurisdizionale a un organo internazionale. L’adesione dell’UE alla CBE sarebbe irrilevante rispetto a questa valutazione, in quanto l’organo giurisdizionale internazionale che si pensa di istituire non sarebbe un organo disciplinato dalla CBE. Di conseguenza, in mancanza di un fondamento giuridico, l’accordo delineato non sarebbe compatibile con le disposizioni dei Trattati.
Il parere della Corte comincia a smantellare l’architrave del progetto sul brevetto comunitario, in discussione da più di dieci anni, finalizzato ad abbattere i costi per le imprese.
Il parere era molto atteso dall'Italia, fermamente contraria al principio del trilinguismo (il brevetto tradotto solo in inglese, francese e tedesco). In particolare tale posizione era stata sostenuta inizialmente dall'ex ministro per le Politiche Comunitarie, Andrea Ronchi. Ora si riparte quasi da zero. Il nostro paese spera si possa riaprire la partita già dal prossimo Consiglio competitività di questa settimana, con la messa in discussione della cooperazione rafforzata e una ripresa dei negoziati.