L’Europa difende le quote rosa
Un soffitto di cristallo che non si infrange. A sollevare la polemica, nei giorni scorsi, è stata Lucy Kellaway, editorialista, nonchè membro dell’executive board del Financial Times: a cosa serve, secondo il quotidiano, che un terzo dei posti nei consigli di amministrazione delle società quotate in borsa sia riservato per legge alle donne, se poi queste vengono messe all’angolo dai colleghi e le loro decisioni prevaricate dalla maggioranza maschile?
Quello che nel nostro paese è ancora un obiettivo da raggiungere (una legge finalmente è ora all’esame del Parlamento, il ddl 2482), nel Nord Europa rappresenta invece un traguardo acquisito da tempo, che è giunto il momento di oltrepassare.
La Commissione Europea pubblica in questi giorni dati piuttosto deludenti sull’accesso delle donne al mercato del lavoro. Altro che consigli di amministrazione: secondo il “Report on progress on equality between women and man“, il nostro paese (insieme a Malta e Grecia), riscontra i livelli più bassi di occupazione femminile. Tra il 2004 e il 2009 il tasso di occupazione femminile in Italia è aumentato di appena un punto percentuale (dal 48,3 al 49,7) e il divario tra uomini e donne resta tra i più elevati. Viceversa, il livello di disoccupazione in cinque anni è raddoppiato (dal 4 all’8%).
Tornando alla presenza delle donne nel vertici delle società quotate, mentre in Svezia e Finlandia più del 25% delle boardroom è occupato dalle donne, tale percentuale scende rovinosamente al 5% in paesi come Cipro, Italia e Malta. Una performance insufficiente anche se confrontata con la media europea (12%) e con il 15% riscontrato negli Stati Uniti. Se allarghiamo il raggio d’azione alle imprese non quotate in borsa, poi, le donne rappresentano in media solo un terzo dei cosiddetti “leader dell’imprenditoria europea“.
Secondo alcuni studi, le imprese con una maggiore presenza femminile ai vertici mettono a segno risultati migliori di quelle dirette esclusivamente da uomini e, oltre a conseguire proventi di gestione più elevati, sono più abili ad attirare personale dotato e a comprendere le esigenze della clientela. Le donne rappresentano il 60% dei laureati, eppure continuano ad essere sottorappresentate nei luoghi decisionali dell'economia. Ad oggi però la conciliazione tra i tempi del lavoro e quelli della famiglia rappresenta l’ostacolo più difficile da superare.
In occasione della festa delle donne, il presidente dell’Europarlamento, Jerzy Buzek, ha ribadito la necessità che i singoli stati membri modifichino i loro sistemi elettorali e introducano le quote rosa per promuovere la parità di accesso in politica. Per quanto riguarda l’assemblea di Strasburgo, le donne sono rappresentate per il 35%, una percentuale più che ragguardevole.
Una posizione sostenuta anche dall'esecutivo di Bruxelles: dopo aver incontrato, nei giorni scorsi i leader delle maggiori imprese europee, il commissario per la Giustizia, Viviane Reding ha dato loro un anno di tempo per aumentare la presenza delle donne nei consigli di amministrazione. Se questo sistema di "autoregolamentazione" non dovesse dar luogo a risultati convincenti, Reding di adopererà per avviare un'azione legislativa. La speranza è che questo gesto non sia tardivo.