Sfida tra Apple e Google sui servizi per la vendita di contenuti multimediali
Settimana intensa per le tecnologie mobile e per i providers di contenuti che sempre più devono attrezzarsi per renderli accessibili on-line: Apple aveva appena lanciato il suo nuovo sistema di abbonamenti per contenuti digitali attraverso l'Apple Store, quando il rivale per eccellenza Google ha annunciato l'uscita di One Pass, un diverso servizio di gestione delle vendite che lascia però margini di profitto più ampi agli editori e la cui forma potrebbe essere più semplice da usare per i consumatori.
Molte le differenze tra i due sistemi che potrebbero determinarne una diversa accoglienza sul mercato.
Intanto la questione economica: mentre Apple offre agli editori il 70% dei ricavi delle vendite, il nuovo "One Pass system" di Google trattiene per sé solo il 10% del valore generato, un aspetto che di certo non mancherà di orientare le preferenze.
Altrettanto significativa potrebbe rivelarsi la determinazione di Apple a interferire sui prezzi di vendita, aspetto che secondo molti potrebbe tra l'altro suscitare l'attenzione dell'Anti-trust per eventuale abuso di posizione dominante, in contrapposizione alla politica di Google che ha chiarito che gli editori potranno fissare i propri prezzi liberamente.
In secondo luogo la tipologia di servizio e le modalità di utilizzo: quello di Apple è un sistema di abbonamento tutto centrato sui suoi smartphone e tablet, iPhone e iPad, mentre quello di Google è un sistema web based, una piattaforma di e-commerce che consente di effettuare l'acquisto di qualsiasi contenuto, purché il provider sia partner di Google ovviamente, con una sola password: l'utente potrà ad esempio comprare un articolo utilizzando l'account di Google e visualizzarlo anche sugli altri dispositivi in suo possesso, secondo una funzionalità che si riassume nel motto "acquista una volta, visualizza ovunque".
Infine un aspetto molto delicato: le condizioni di accesso alle informazioni sui clienti. In One Pass le informazioni riservate sulle persone che effettuano gli acquisti sono sempre condivise con gli editori, a meno che non siano i clienti stessi a specificare che non intendono diffonderle. Approccio diverso per Apple, che al momento dell'acquisto richiederà un esplicito consenso da parte dell'utente per la condivisione dei dati, tutelando quindi maggiornamente la privacy dei consumatori, ma sfavorendo gli editori.
Nel confronto tra colossi, insomma, il successo dell'uno o dell'altro è ancora tutto da scrivere.