Memorie di un trader
Un trader che a trentadue anni va in pensione forzata. Una storia che ha già fatto il giro del mondo e in Francia è seconda, per popolarità, soltanto all’affaire Bettencourt. In una vita passata Jerôme Kerviel è stato uno dei trader più abili della storia. Per ironia della sorte, il meno pagato. Nel giro di sette anni il semplice impiegato si è fatto strada nel mondo della finanza, bruciando tutte le tappe e trascorrendo i suoi anni migliori nella torre della Défense, il centro economico di Parigi in cui risiedono colossi d’oltralpe come Areva e Gaz de France Suez.
Una carriera spezzata ancor prima di decollare. Oggi Kerviel rischia di passare cinque anni dietro le sbarre con l’accusa di aver fatto perdere 4,5 miliardi di euro al colosso bancario cui ha dedicato il fiore della sua esistenza. Kerviel non ci sta. Dopo essere stato licenziato in tronco, dopo essere finito nell’occhio del ciclone dei media e aver trascorso quaranta giorni in carcere, l’ex trader della Défense ha deciso di dire la sua, mettendo nero su bianco la sua verità. Probabilmente l’esito del processo appena iniziato gli sarà fatale, vista la scarsa popolarità di cui gode in patria e la crociata di Sarkozy contro i bonus ai supermanager. Per questo l’ex trader ha dato alle stampe le sue “memorie”, un libro edito da Flammarion, non ancora tradotto in Italia, intitolato “l’ingranaggio” con un chiaro riferimento alla tragica vicenda personale. Kerviel accusa Societé Generale di essersi servita di lui per ingrandire i suoi profitti e poi di averne fatto il caprio espiatorio da immolare sull’altare della crisi del 2008. E’ proprio nel gennaio di quell’anno che Kerviel, dopo aver fatto guadagnare un miliardo e mezzo alla sua banca – registrato puntualmente sulle scritture contabili di Societé Generale - viene prima allontanato dalla Torre e poi licenziato.
Ma facciamo un passo indietro. Con il suo ingresso in Societé Generale, nel lontano 2000, questo giovane bretone credeva di aver oltrepassato le porte del paradiso. Con estrema facilità era riuscito ad entrare nella stretta cerchia dei trader e si era affermato come colui che tutti desiderano emulare e da cui i colleghi sperano di carpire le strategie vincenti. Laddove gli altri membri dell’equipe realizzavano profitti annui dell’ordine di 8-10 milioni di euro, Kerviel totalizzava un somma cento volte superiore. Con quel miliardo e mezzo raggiunto nel corso del 2007 il giovane bretone trapiantato nella Ville Lumière credeva di essersi messo al riparo da ogni rischio. Anche per questo aveva deciso di contabilizzare una parte di quella somma nel 2008, attraverso un’operazione più nota come “carpet”, cioè mettendola “sotto il tappeto”. Un’operazione che Kerviel non nasconde al suo responsabile, una pratica assai abituale al punto di diventare una tacita prassi tra manager e supervisori. In gergo il trader che agisce in questo modo viene definito “conservatore”, proprio perché conserva una parte del risultato raggiunto per l’anno successivo. E’ proprio allora che Kerviel realizza e racconta ai suoi lettori di essere finito in un vero e proprio inferno. Kerviel riconosce tutti i suoi sbagli, ma rifiuta di pagare per un sistema finanziario letteralmente impazzito.
La situazione precipita all’inizio del 2008: a Kerviel viene negato senza spiegazioni di riprendere la parte di miliardo e mezzo non ancora contabilizzata. Al punto che l’esistenza di questa cifra viene messa in discussione dai suoi superiori. In quei giorni però le perdite di Societé Generale, soprattutto quelle legate ai subprimes, sono incalcolabili. La questione esce dal recinto ristretto del settore trading, per raggiungere il top management. E’ l’apice della crisi, proprio in quei giorni Christian Noyer, governatore della Banca di Francia, esige che tutte le banche depositino nel suo ufficio il loro bilancio, scatenando un vero e proprio vento di panico. Dopo alcuni, ripetuti, interrogatori Kerviel viene bollato come persona non grata ed esonerato dal suo incarico. Licenziamento che viene ufficializzato nel luglio 2008.
La banca accusa pubblicamente Kerviel di aver generato un buco di 4,9 miliardi di euro, Kerviel nega questa versione: secondo la banca infatti, tra il 1° e il 24 gennaio avrebbe perso fino a 6,3 miliardi. Da cui il saldo: 6,3 miliardi meno 1,5 miliardi di guadagni precedenti fanno 4,5 miliardi. Si trattava comunque di una cifra esorbitante, un vero incubo per la banca.
E’ l’inizio della fine. Letteralmente messo alla gogna dalla stampa francese, Kerviel è costretto a rintanarsi in un rifugio segreto al riparo dai fotografi. Un tour de force in cui la vita del trader viene messa al setaccio e il suo nome gettato nel fango. E’ in quei giorni che Kerviel comprende di aver trascurato le sue vere passioni ed un’intera esistenza per seguire la professione di trader.
Come spesso accade in questi frangenti, Kerviel rinnega la giovinezza trascorsa davanti allo schermo di un computer per seguire le borse di tutto il mondo. Il giovane ammette di essersi spinto più in là del dovuto, spesso avvalendosi di modalità spregiudicate, ma assicura che i suoi superiori ne erano sempre e comunque informati attraverso sistemi automatici e computerizzati. Kerviel denuncia di essere stato strumentalizzato da un sistema che prima segnava dei limiti e poi incitava i trader a superarli. Kerviel nega di aver sottratto un centesimo dalla banca, nonostante i giornali abbiano parlato di un suo arricchimento personale attraverso una rete di complici e la manipolazione del sistema informatico. Per assurdo il suo stipendio ammontava a 100 mila euro lordi l’anno e i suoi bonus non sono mai andati oltre quella cifra, al contrario della maggioranza dei suoi colleghi. Kerviel ritiene poi impossibile che i suoi superiori, incaricati di controllare scrupolosamente tutte le operazioni, potessero rimanere all’oscuro di una tale perdita.
Nel giugno 2010 si è aperto ufficialmente un processo dallo sviluppo difficile. Al giro di boa dei trentatré anni, la vita di Kerviel è profondamente cambiata. E’ un uomo che vorrebbe riappropriarsi della sua esistenza, rifarsi una vita normale, lontana dai riflettori, assieme ad una madre anziana, a suo fratello e all’unica compagna che non lo ha mai abbandonato, nonostante tutto. Oggi Kerviel lavora in una piccola società e passa la maggior parte del suo tempo a studiare il suo dossier in vista del processo.
Kerviel descrive a tratti un ambiente, quello della finanza, dai contorni aridi, talvolta cinici, in cui la parola amicizia, senza scadere nei luoghi comuni, non può trovare spazio. Perché the trading must go on.
La verità di Kerviel è agli antipodi rispetto a quella proclamata dal suo principale accusatore, Societé Generale. I vertici della banca sono certi della sua frode e si dichiarano certi che giustizia verrà presto fatta.
Al di là della sentenza, la lettura di questo libro è interessante sia per gli addetti ai lavori che per chi è completamente a digiuno di finanza. Kerviel ci aiuta a comprendere come il meccanismo dei bonus ai manager sia stato l’unico modo per generare profitti e come sia stato facile alimentare l’odio popolare per i trader. Spesso vittime, essi stessi, dell’ingranaggio.