Web 2.0: la Pubblica Amministrazione si scontra con la realtà
Una Pubblica Amministrazione protesa verso l’innovazione, desiderosa di aprirsi alle nuove tecnologie, che a tratti dimostra un certo slancio vitale e che tuttavia non sempre riesce a portare a termine nei tempi e in modo omogeneo gli obiettivi prefissati. E’ questa l’immagine che emerge dalla XXI edizione del ForumPA, la consueta manifestazione di primavera che si svolge ogni anno a Roma.
Un momento di confronto e di visibilità attraverso convegni, workshop e iniziative dal ritmo serrato che consentono, anche attraverso un consistente spazio espositivo, di facilitare l’incontro tra pubblico e privato.
Il ForumPA ha rappresentato l’occasione per “fare il tagliando” alla Riforma Brunetta (il dgls. 150/2010) e per favorire il dibattito sui diversi ambiti di applicazione di questo nuovo complesso normativo: dalla valutazione dei dirigenti alle sanzioni per i “fannulloni”, dai processi di rinnovamento dei centri per l’impiego alla citizen satisfaction. Temi che si intrecciano con la necessità, per la PA italiana, di trovare risposte immediate alla crisi economica e di fare squadra con il mondo dell’impresa.
Accanto alle riforme – prima fra tutte il federalismo fiscale - l’altro tema principe del forum è stato il Web 2.0 e le sue possibili applicazioni nella PA. Su questo argomento si sono svolti eventi significativi come il secondo incontro nazionale di InnovatoriPA del 19 maggio, basato sulla fortunata modalità del barcamp. E’ difficile valutare la penetrazione del Web 2.0 nella PA, che si è diffuso chiaramente a macchia di leopardo. Ancora più arduo è capire la reale utilità di questi strumenti interattivi, tanto per le amministrazioni quanto per gli utenti. Un’utilità marginale che varia anche in base al tasso di alfabetizzazione informatica del cittadino, alla sua età, alla sua cultura. Molti utenti in là con gli anni, come ad esempio quelli degli enti previdenziali, hanno una minore confidenza con questi strumenti, mentre gli alunni in età scolare possiedono sovente uno skill di gran lunga superiore rispetto a quello dei loro docenti. Quella che emerge è una PA discontinua, caratterizzata da una pesante aliquota di incertezza, in cui le amministrazioni più agili – vedi la Regione Veneto – fanno mangiare la polvere a tutte le altre. A fare la differenza sono spesso le scelte politiche dei vertici, che decretano in un senso o in un altro il futuro di questa o di quella amministrazione.
L’altra faccia medaglia è rappresentata dall’uso che i singoli enti pubblici ne possono fare per quel che riguarda le loro esigenze interne. In questo caso diversi fattori entrano in gioco. Per prima cosa Facebook, Twitter o Google-YouTube sono colossi che hanno la loro base in un altro Paese – nella fattispecie gli Stati Uniti – e il loro uso spesso comporta fattori cruciali come il rispetto della privacy. Per superare l’impasse molte amministrazioni hanno deciso di creare ed implementare ex novo delle strutture di social network proprietarie. Soluzioni, però, che implicano costi economici e un impegno formativo non indifferenti. Una scelta di questo tipo si rivela vincente soltanto se i dipendenti sono realmente motivati al cambiamento e capaci di avvalersi appieno dei benefici di questi strumenti. In caso contrario si tratterebbe solo dell’ennesimo fonte di spreco.