Clima: raggiunto compromesso su aiuti a paesi poveri
Il Consiglio europeo ha approvato la stima della Commissione Ue per un costo incrementale netto totale della mitigazione e dell'adattamento nei paesi in via di sviluppo che ammonta a circa 100 miliardi di euro l'anno entro il 2020. Una somma da reperire attraverso la combinazione degli sforzi finanziari dei destinatari stessi, dei proventi del mercato internazionale del CO2 e dei finanziamenti pubblici internazionali.
Approvate anche le stime sul livello totale del sostegno pubblico internazionale richiesto che si aggirano tra i 22 e i 50 miliardi di euro l'anno entro il 2020. I finanziamenti saranno calcolati “sulla base”, si legge nelle conclusioni, “di un'equa ripartizione degli oneri a livello globale in linea con il criterio di ripartizione che deve essere convenuto dalle parti, del regime di governance e di un'erogazione in vista di azioni di mitigazione specifiche e di strategie di sviluppo/piani di crescita ambiziosi a basse emissioni di CO2”.
Nessuna cifra sulla quota europea è stata ancora definita. “Ci accolleremo la giusta parte”, ha sottolineato Fredrik Reinfeldt, primo ministro svedese e presidente di turno dell’Unione europea spiegando che la decisione sarà presa sulla base degli impegni degli altri paesi, ovvero Stati Uniti, Canada, Giappone e tutti gli altri paesi industrializzati che si riuniranno nella capitale danese dal 7 al 18 dicembre. Il contributo degli stati membri dell’Unione europea ai ‘finanziamenti rapidi’ per i paesi in via di sviluppo, vale a dire gli stanziamenti che serviranno a sostenere i paesi più poveri nella lotta al cambiamento climatico nei prossimi 3 anni (2010-2013), sarà su base volontaria. Una vittoria per i paesi est-Europei spaventati dall’onere di sostenere ingenti finanziamenti nel pieno della crisi economica. “Molti stati membri sono disposti a finanziamenti rapidi a sostegno dei paesi in via di sviluppo”, ha spiegato Reinfeldt, aggiungendo che “la preoccupazione di altri paesi ha portato a renderli volontari”.
Ma non solo, suona come un’altra concessione per la Nuova Europa il criterio di ripartizione dei finanziamenti basato sui livelli di emissione e sul PIL, come chiesto dal gruppo di nove stati capitanati dalla Polonia; una proposta fortemente contrastata dalla Germania. Un sistema che vuole “rispecchiare”, si legge nel testo delle conclusioni, “sia la responsabilità delle emissioni globali sia la capacità contributiva, con un peso significativo sui livelli di emissione”.
L'accordo ha ricevuto la fredda accoglienza delle Ong ambientaliste Oxfam e Ucodep che denunciano come il limite massimo della somma ipotizzata dall'Ue corrisponda a meno della meta' di quanto i Paesi in via di sviluppo hanno veramente bisogno per adattarsi ai danni prodotti dai cambiamenti climatici e perseguire un futuro a basso contenuto di carbonio. ''I capi di Stato e di governo europei inoltre - si legge in una nota - non hanno fornito indicazioni sulla quota che l'Europa dovra' assicurare, ma si sono limitati a spiegare che la quota Ue sara' calcolata in base al contributo dell'Europa alle emissioni globali e alle capacita' finanziarie degli stati membri''. Tale criteri comporterebbero un contributo Ue tra i 2 e 15 miliardi di euro l'anno, mentre Oxfam e Ucodep chiedono all'Europa di stanziare almeno 35 miliardi di euro di denaro pubblico a favore di un fondo unico per il clima, gestito dalle Nazioni Unite, che possa contare almeno su 110 miliardi di euro l'anno.
(Maria Cristina Nanni)