Tony Blair e Jean-Claude Juncker: una poltrona per due

Jean-Claude Juncker - fonte: Governo del LussemburgoProprio nel momento in cui il laburista Tony Blair sembrava l’unico candidato possibile per l’ambita poltrona di presidente del Consiglio Europeo, ecco spuntare il nome di una “vecchia gloria” come Jean-Claude Juncker, che nella sua lunga carriera è entrato nelle più prestigiose stanze dei bottoni: da primo ministro (di centro-destra) del Lussemburgo a presidente dell’Eurogruppo, da governatore dell’Fmi a quello della Banca Mondiale.

In un’intervista al quotidiano Le Monde, Juncker non si attarda a criticare la possibile nomina del rivale per il posto di presidente del Consiglio Europeo previsto dal Trattato di Lisbona che presto dovrebbe essere ratificato. La sua posizione corrisponde a quella dei tre paesi del Benelux (Belgio, Lussemburgo e Paesi Bassi), che ostacolano ufficialmente la candidatura di Blair.  Non si tratta di un attacco personale – afferma Juncker – ma di una chiara obiezione ad una possibile leadership inglese. “Non riesco a individuare un ambito in cui il Regno Unito negli ultimi dieci anni si sia distinto per la sua ispirazione europea, eccetto che nella difesa”. Juncker pensa a un modello in cui l’Europa possa essere rappresentata da qualcuno che si preoccupi di servirla e che non finga di rappresentarla all’estero senza essersi prima assicurato della sua coesione interna.

 

Questa persona, quindi, dovrebbe provenire da un paese che fa parte dello spazio Schengen o della zona euro. Secondo Juncker l’Unione Europea ha acquisito una credibilità internazionale attraverso la creazione della moneta unica: “Ci siamo arrivati perché abbiamo seguito delle tappe prestabilite, grazie all’impegno di istituzioni forte, secondo un metodo comunitario che presuppone l’interazione tra la Commissione, il Consiglio e il Parlamento Europeo”.

 

Juncker precisa: “So che non bisogna autocandidarsi per questa funzione, ma è necessario che siano gli altri a proporre un nome”. Nel 2004 i capi di Stato e di governo mi chiesero di diventare presidente della Commissione, ma avevo già promesso ai Lussemburghesi che sarei rimasto primo ministro, qualora rieletto. E così è stato. Se qualcuno lanciasse la mia candidatura, non avrei motivi per tirarmi indietro”. Juncker immagina che l’Europa possa essere guidata in modo coerente, inclusivo e globale. “Il presidente deve svolgere un ruolo di “facilitatore” per l’asse franco-tedesco, senza tuttavia trascurare una visione allargata dell’Unione. Le decisioni non posso essere prese solo dalle capitali occidentali. La mia lunga esperienza mi ha insegnato che l'Unione non si fa soltanto delle idee dei “grandi”, che spesso divergono. Sono i “piccoli” e i medi” spesso a metterli d’accordo.

 
Infine Juncker manda un chiaro messaggio a Nicolas Sarkozy, che all’inizio della crisi finanziaria lo aveva criticato per la passività con cui stava ricoprendo il ruolo di presidente dell’Eurogruppo. Senza il placet dell’Eliseo, infatti, difficilmente Juncker potrebbe aspirare alla presidenza stabile dell’UE. “Ritengo che le mie relazioni con il presidente francese siano amichevoli. Mai presidenza di turno europea è stata perspicace come quella francese. Però vorrei anche ricordare il modo con cui ho gestito l’impatto del “no” dei referendum francesi e olandese e anche che sono stato io a riformare il Patto di Stabilità”.

(Alessandra Flora)