Nucleare e gas sono sostenibili? Secondo Bruxelles sì. Cosa dice la tassonomia europea
L'interrogativo ha tenuto banco a Bruxelles per diversi mesi e il nodo è stato sciolto da Bruxelles il 2 febbraio, con la pubblicazione dell'atto delegato complementare sul clima della tassonomia per la finanza sostenibile.
Per il Parlamento europeo il gas dev'essere un ponte verso l'idrogeno rinnovabile
Definire con precisione quali progetti si possano considerare sostenibili può rivelarsi decisivo per gli obiettivi ambientali e climatici dell'UE. La bussola è la cosiddetta tassonomia degli investimenti green, un sistema di classificazione comune per incoraggiare gli investimenti privati nella crescita sostenibile su cui Parlamento e Stati membri hanno raggiunto l’accordo a giugno.
Tassonomia per la finanza sostenibile: a che punto siamo?
Il regolamento sulla tassonomia dell'UE, entrato in vigore il 12 luglio 2020, ha un obiettivo chiaro: creare la prima "lista di investimenti sostenibili" al mondo, un sistema di classificazione che creerà un linguaggio comune che gli investitori e le imprese possono utilizzare quando investono in progetti e attività economiche che hanno un sostanziale impatto positivo sul clima e sull'ambiente.
Nell'ambito del regolamento sulla tassonomia, la Commissione è stata incaricata di presentare criteri di screening tecnico tramite "atti delegati" per sviluppare ulteriormente la tassonomia.
Le prime due serie di criteri sono state pubblicate il 20 novembre 2020 in un progetto di atto delegato su cui Bruxelles ha aperto una consultazione pubblica, che nel giro di 4 settimane ha visto arrivare più di 46mila risposte.
Di conseguenza, la proposta finale, che inizialmente doveva essere pubblicata entro il 1° gennaio 2021, è stata ritardata e Bruxelles non ha fornito una chiara indicazione sui tempi.
La causa del ritardo è sostanzialmente politica: i contenuti della proposta di tassonomia, infatti, hanno suscitato scalpore tra gli Stati membri dell'Europa orientale e meridionale, che lamentano che al gas naturale sia stato negato lo status di combustibile di "transizione" nella bozza delle linee guida, anche laddove sostituisce il carbone nella produzione di energia.
La Polonia, in particolare, si sarebbe espressa in modo critico sul progetto di atto delegato. Il 18 dicembre 2020, giorno in cui si è conclusa la consultazione pubblica, un gruppo di 10 paesi (Bulgaria, Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Grecia, Ungheria, Malta, Polonia, Romania e Slovacchia) ha presentato alla Commissione europea un "documento di lavoro" esprimendo le proprie preoccupazioni.
La Commissione europea ha quindi chiesto ai suoi consulenti di rielaborare le regole sulla tassonomia.
Prima l'apertura al gas e nucleare, poi il passo indietro della Commissione. Cosa c'è negli atti delegati di aprile
La proposta circolata nei primi giorni di aprile 2021 di fatto apriva al gas, che entrava nella tassonomia come investimento sostenibile a condizione che le nuove centrali a gas rispettassero una serie di condizioni:
- sostituire un vecchio impianto fossile a elevate emissioni di CO2 e tagliare almeno del 50% le emissioni di gas serra per ogni kWh di energia prodotta;
- essere operativa entro il 2025, avere la possibilità di utilizzare combustibili low-carbon in futuro ed emettere non più di 270 grammi di CO2 equivalente per kWh;
- produrre energia elettrica e fornire anche calore o energia frigorifera (sistemi di cogenerazione o trigenerazione).
In base alla formulazione iniziale, restava il tetto di 100 grammi di CO2eq/kWh per le centrali a gas che producono solamente elettricità.
L'atto delegato pubblicato il 21 aprile 2021 metteva in standby per il momento la questione gas, escluso dalla prima sezione della tassonomia e rimandato a una decisione separata da prendere successivamente. La Commissione avrebbe intenzione di presentare una proposta legislativa separata entro fine anno.
Stessa sorte per il nucleare: in un primo momento gli esperti incaricati di valutare se l'Unione europea debba etichettare l'energia nucleare come un investimento verde avrebbero fornito una risposta positiva.
Lo scorso anno i consulenti si erano divisi sul fatto che l'energia nucleare meritasse un'etichetta green: mentre produce emissioni di CO2 molto basse per il riscaldamento del pianeta, sono necessarie ulteriori analisi sull'impatto ambientale dello smaltimento dei rifiuti radioattivi. La Commissione ha quindi chiesto al Joint Research Center, il suo team di esperti scientifici, di riferire sulla questione: nella bozza di rapporto messa a punto dal JRC, che dovrebbe essere pubblicata a breve, si sostiene che il nucleare meriti l'etichetta di investimento sostenibile.
"Le analisi non hanno rivelato alcuna prova scientifica che l'energia nucleare arrechi più danni alla salute umana o all'ambiente rispetto ad altre tecnologie di produzione di elettricità", afferma il rapporto. Lo stoccaggio dei rifiuti nucleari in formazioni geologiche profonde è ritenuto "appropriato e sicuro", sebbene gli esperti del JRC ammettano che "non è attualmente disponibile alcuna esperienza operativa a lungo termine poiché le tecnologie e le soluzioni sono ancora in fase di dimostrazione e sperimentazione".
Ma come nel caso del gas, il dibattito acceso ha indotto la Commissione a premere il tasto 'pausa' e rimandare ad un secondo momento la proposta sul nucleare.
Atto delegato relativo alla tassonomia UE
I Paesi europei divisi in due fronti
Lo scontro su gas e nucleare ha tenuto banco nell'autunno del 2021, con un gruppo di Paesi europei che a ottobre si è detto pronto a riaprire il dossier nucleare.
"Il nucleare deve essere parte della soluzione" alla crisi climatica e all'aumento dei prezzi dell'energia, sostenevano 10 paesi UE, guidati da Francia e Polonia, che l'11 ottobre hanno affidato il loro messaggio a un articolo congiunto pubblicato sui principali quotidiani europei.
Decarbonizzare l'economia europea richiede una "transizione immediata e profonda" verso fonti energetiche a basse emissioni di carbonio, si legge nell'articolo firmato dai ministri dell'Economia e dell'Energia di Bulgaria, Croazia, Cechia, Finlandia, Francia, Ungheria, Polonia, Romania, Slovacchia e Slovenia.
"È quindi assolutamente necessario che il nucleare sia incluso nel quadro della tassonomia europea entro la fine del 2021", scrivono i ministri.
Una direzione, quella indicata dal gruppo di Paesi a guida francese, che troverebbe sponda nei palazzi della Commissione europea.
L'Ecofin del 7 dicembre è andato in quella direzione, come sottolineato dal vicepresidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis: "L'inserimento di gas e nucleare nella tassonomia è questione che è stata sollevata da vari ministri. Per il mix energetico del futuro abbiamo bisogno di più rinnovabili ma anche di fonti stabili e la Commissione adotterà una tassonomia che copre anche il nucleare e il gas".
Un'apertura che, come da previsioni, ha trovato gli ambientalisti profondamente contrari. Dare un'etichetta verde a gas naturale ed energia nucleare è "come far schiantare un meteorite contro il Green Deal europeo". Con questo slogan gli attivisti di Greenpeace Belgio hanno installato davanti al palazzo della Commissione europea e del Consiglio il "Taxonosaurus Rex", un dinosauro fatto di rottami metallici e dipinto con simboli di allarme radioattivo e fiamme di gas blu.
"Nucleare e gas non sono verdi - si legge in una nota di Greenpeace - il gas è ora responsabile di più emissioni di CO2 rispetto al carbone, mentre dopo settant'anni l'industria nucleare non ha ancora una soluzione per la montagna sempre crescente di scorie radioattive".
Ma non sono solo le associazioni ambientaliste a dar battaglia contro il nucleare. I paesi europei sono divisi e a guidare il fronte del no all'energia dell'atomo è la Germania, che alla fine del 2021 ha scollegato dalla rete elettrica tre delle sei centrali del Paese.
"L’energia nucleare non è sostenibile e non ha assolutamente alcun senso economico. Il futuro – ha dichiarato il numero due dell’Spd al Parlamento tedesco, Matthias Miersch Miersch – deve appartenere solo alle energie rinnovabili, specialmente a livello UE".
Sulla stessa linea l'Austria, che non ha mancato di provocare Bruxelles. "Se questi piani dovessero essere attuati, presenteremo un’azione legale", ha minacciato su Twitter il ministro del Clima austriaco Leonore Gewessler, accusando la Commissione europea di "ambientalismo di facciata" con il tentativo di "ripulire" nucleare e gas naturale.
2022: la decisione definitiva su gas e nucleare
Le divisioni tra Paesi hanno fatto ulteriormente slittare la pubblicazione da parte della Commissione europea dell'atto delegato relativo a nucleare e gas. Documento il cui nome ufficiale è atto delegato complementare "clima" della tassonomia con cui di fatto Bruxelles afferma che sì, nucleare e gas sono da considerare sostenibili.
Nel dettaglio, l'atto delegato approvato il 2 febbraio 2022 stabilisce che, a determinate condizioni chiare e rigorose, queste due fonti di energia possono rientrare tra quelle transitorie, che cioè possono aiutare la transizione green.
Ma quali sono queste condizioni?
Per entrambe le fonti l'etichetta green si applica se le attività contribuiscono alla transizione verso la neutralità climatica. Per il nucleare, se rispondono ai requisiti di sicurezza nucleare e ambientale. Per il gas, se contribuiscono alla transizione dal carbone alle rinnovabili. Vi sono poi ulteriori condizioni specifiche che si applicano a tutte queste attività e sono dettagliate nell'atto delegato complementare.
Per garantire trasparenza, la Commissione ha modificato di conseguenza anche l'informativa della tassonomia, in modo che gli investitori possano individuare le opportunità di investimento che includono gas o nucleare e compiere scelte informate.
A questo punto la palla passa nella metà campo di Parlamento e Consiglio, che hanno a disposizione 4 mesi per esaminare il documento e, se lo ritengono necessario, sollevare obiezioni. Ma il periodo di controllo può essere prolungato da entrambe le istituzioni di altri due mesi.
Il Consiglio ha il diritto di sollevare obiezioni con una maggioranza qualificata rafforzata, il che significa che è necessario almeno il 72% degli Stati membri (almeno 20 Paesi) che rappresenti almeno il 65% della popolazione europea. Il Parlamento europeo può invece sollevare obiezioni se il testo riceve un voto negativo della maggioranza dei suoi membri in seduta plenaria (quindi se si oppongono almeno 353 deputati).
Una volta terminato il periodo di controllo e se nessuno dei colegislatori solleverà obiezioni, l'atto delegato complementare entrerà in vigore e si applicherà a partire dal 1° gennaio 2023.