Rinnovabili, rifiuti, efficienza energetica: al via il Mediterranean Carbon Fund
L’Unione fa la forza. Cinque tra banche, istituzioni finanziarie e società a partecipazione pubblica del vecchio continente hanno deciso di investire in un fondo congiunto per contrastare i fenomeni climatici, destinato ai paesi appartenenti all’area del Mediterraneo. Prestigiose le istituzioni promotrici: CDC Climat (la nuova filiale della francese Caisse de dépôt), l’Agenzia francese per lo sviluppo, Proparco, la Bei, la Cassa Depositi e prestiti e la banca per lo sviluppo tedesco KfW si sono relazionate tra di loro per creare questo fondo che partirà nel 2011 e potrebbe raggiungere i 200 milioni di euro.
Il nuovo fondo, che nasce nell'ambito dell'Unione per il Mediterraneo, finanzierà progetti da sviluppare entro il 2020 e servirà a creare competenze professionali e relativi posti di lavoro (i cosiddetti green jobs) sulla sponda meridionale e orientale del Mare Nostrum. Il Mediterranean Carbon Fund - questo il nome del nuovo strumento di finanziamento - si avvarrà dei crediti del meccanismo del Protocollo di Kyoto, il Clean development mechanism, nell’ambito delle Nazioni Unite su diversi versanti tematici: fonti rinnovabili, gestione dei rifiuti e progetti di efficienza energetica. Il fondo sarà affiancato da un servizio di studio e assistenza tecnica per supportare lo sviluppo dei progetti, in particolare per sottoporli al comitato direttivo del clean development mechanism.
Saranno coinvolti nelle attività del fondo alcuni paesi non europei che fanno parte dell’Unione del Mediterraneo come il Marocco, l’Algeria, la Giordania e la Turchia.
Questo intervento rappresenta un ulteriore tassello di un processo giù iniziato nel 2009. La Bei nel maggio 2010 ha annunciato il lancio di un fondo dalle caratteristiche molto simili per promuovere investimenti con l’intento di arrestare i cambiamenti climatici in Africa, Carabi, Asia Pacifico e America Latina.
Nonostante il summit sul clima di Copenhagen del dicembre 2009 si sia rivelato un sostanziale insuccesso sul piano politico, per non aver messo d’accordo Cina e Stati Uniti, la commissaria europea per la Climate Action, Connie Hedegaard, non si è data per vinta. Insieme alla Bei, Infatti, sta studiando un'ipotesi di strumento finanziario congiunto per i Paesi in via di sviluppo, spesso sono anche quelli potenzialmente più inquinanti. Un modo ingegnoso di aggirare la diplomazia tradizionale e creare nuove relazioni diplomatiche. Attualmente l'esecutivo di Bruxelles e la Bei stanno anche finalizzando un accordo sulla realizzazione della iniziativa "New entrants reserve", destinata agli impianti ancora da realizzare o in fase di espansione, nell'ambito della quale 300 milioni di permessi di emissioni del sistema di scambio Emission trading (Ets) saranno venduti per avere i fondi necessari a progetti dimostrativi su cattura e stoccaggio del carbonio e tecnologie innovative per le energie rinnovabili.
L'anno scorso la Bei aveva finanziato con 17 miliardi di euro alcuni progetti sul energie rinnovabili in Egitto, Kenya, Turchia e Vanuatu. Si prevede che i suoi prestiti per investimenti in fonti verdi al di fuori del territorio dell’ Ue arrivino a 2,5 miliardi di euro entro la fine del 2010.