10 cose da sapere sul Recovery Fund
Dalle linee guida di Bruxelles per la stesura dei Piani nazionali di ripresa e resilienza (PNRR) all'iter di approvazione e le tempistiche di erogazione dei fondi europei: una panoramica sul più importante strumento per la ripresa post Covid-19.
Linee guida e raccomandazioni UE, i punti fermi nella stesura dei Recovery Plan
Cos'è il Recovery Fund?
Il Recovery Fund, più correttamente Recovery and resilience Facility (RRF), è il più importante strumento del pacchetto Next Generation EU, dotato di risorse per 672,5 miliardi di euro, di cui 360 miliardi in forma di prestiti e 312,5 miliardi in forma di sovvenzioni.
L’obiettivo del RRF, in italiano Dispositivo per la ripresa e la resilienza, è fornire un sostegno finanziario su larga scala a riforme e investimenti intrapresi dagli Stati membri, con la duplice finalità di attenuare gli effetti della pandemia sul contesto sociale ed economico e di rendere le economie dell'UE più sostenibili, resilienti e preparate per le sfide poste dalle transizioni verde e digitale.
Che rapporto c'è tra Recovery Fund e Recovery Plan?
Per accedere alle risorse europee del Recovery Fund, i 27 Paesi membri devono elaborare i Recovery Plan, ossia i Piani per la ripresa e la resilienza che definiscano i rispettivi programmi di riforma e investimento per i prossimi quattro anni, e che dovrebbero essere attuati entro il 2026.
Esistono delle regole a livello europeo per scrivere il PNRR?
In primo luogo, i Piani di ripresa nazionali devono essere coerenti con le linee guida UE, un documento che sottolinea il legame indissolubile tra riforme e investimenti: due elementi che dovranno essere coerenti, sostanziali, credibili e soprattutto utili per affrontare le sfide nel singolo Stato membro.
Il regolamento stabilisce anche che potranno ricevere fondi a titolo del Dispositivo soltanto i paesi membri impegnati nel rispetto dello Stato di diritto e dei valori fondamentali dell'Unione europea.
Inoltre, la Commissione valuterà il rispetto di due criteri guida nell'allocazione delle risorse:
- almeno il 37% della spesa deve essere legata al clima;
- almeno il 20% della spesa deve essere legata alla digitalizzazione.
Un altro fattore indispensabile che emerge nella versione aggiornata delle linee guida è il nesso tra la definizione dei Recovery Plan e il semestre europeo. Nello specifico, il Recovery Plan dovrebbe contenere almeno un sottoinsieme significativo delle raccomandazioni Paese 2019-2020 e fornire spiegazioni dettagliate di come le criticità individuate vengano affrontate e risolte dalle misure proposte.
Alla luce delle linee guida e delle raccomandazioni Paese, gli Stati membri dovrebbero definire le proprie sfide nazionali più importanti considerando anche delle tematiche trasversali. Fra i focus in questione ci sono la parità di genere, l’uguaglianza formale e sostanziale a prescindere dall’etnia, il credo religioso, l’età, l’orientamento sessuale, le disabilità.
Quante risorse sono a disposizione dell'Italia?
Ammontano a circa 196 miliardi di euro tra grants e loans i fondi previsti per l’Italia a valere sul Recovery and Resilience Facility, di cui una quota pari a 69 miliardi di euro arriverà in forma di sussidi e 127 miliardi di prestiti, a prezzi correnti. In base a quanto stabilito dalla Commissione europea, il 70% di questi grants dovrà essere impegnato tra il 2021 e il 2022, mentre il restante 30%, dovrà essere speso nel 2023.
Gli ultimi dati, e il regolamento europeo che ha come riferimento il PIL 2019, portano "a una stima dell'entità delle risorse per circa 191,5 miliardi, leggermente inferiore a quella indicata a gennaio" e su questa cifra si basa ora la programmazione del Piano.
Chi definisce le priorità del Piano nazionale?
Il presidente del Consiglio Mario Draghi ha affidato il coordinamento tecnico per la definizione del PNRR al Ministero dell’Economia. Quindi, le figure chiave sono Daniele Franco, ministro dell'Economia ed ex direttore generale della Banca d'Italia, e un gruppo ristrettissimo di consiglieri.
Il ministro Franco ha scelto Carmine Di Nuzzo, dirigente della Ragioneria dello Stato, come coordinatore dell'unità di missione. Il coordinatore lavorerà a stretto contatto con sei funzionari, uno per ciascuna missione, coadiuvati da una squadra di economisti (interni e non) e da un team di esecutori.
Draghi ha voluto anche una cabina di regia politica, a Palazzo Chigi, con due comitati interministeriali principali: uno per la transizione digitale e uno per quella ecologica. In questa sede verranno gestite le sinergie e le eventuali sovrapposizioni di competenze, dato che il Piano ha sei missioni che spesso hanno obiettivi che si intersecano tra loro, e i ministri saranno chiamati a collaborare.
Quali progetti saranno finanziati con i fondi europei?
I progetti sono tanti ed eterogenei, racchiusi nel PNRR italiano con riferimento a sei macro-missioni:
- digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura,
- rivoluzione verde e transizione ecologica,
- infrastrutture per una mobilità sostenibile,
- istruzione e ricerca,
- inclusione e sociale,
- salute.
Ognuna di queste aree a sua volta prevede un ventaglio di componenti che, a loro volta, contengono una serie di linee di intervento. Nell'ultima bozza di Piano presentata dal vecchio Esecutivo a gennaio i progetti da finanziare con i fondi europei spaziavano dal piano Transizione 4.0 alle misure per l'economia circolare, passando per gli interventi per le infrastrutture ferroviarie e la telemedicina.
Qual è l'iter di approvazione dei Piani?
Il primo gradino da superare per ogni Stato membro è la ratifica della decisione sulle risorse proprie dell’Unione, essenziale per permette alla Commissione europea di emettere bond e finanziare il pacchetto Next Generation EU.
Parallelamente, i governi dovranno inviare alla Commissione europea i Recovery Plan entro fine aprile 2021. L’esecutivo italiano è a lavoro sulla riscrittura del Piano, che dati i tempi ristretti vedrà una riformulazione delle bozza presentata dal precedente governo Conte 2 con un maggiore focus sulle riforme e sulle fasi di realizzazione e di gestione dei progetti.
Successivamente all'invio del PNRR, la Commissione UE valuterà i Piani di ciascun Paese nell'arco di otto settimane. Una volta acquisita l'approvazione del Consiglio europeo, poi, ci saranno altre quattro settimane di tempo per arrivare alla definizione finale.
Sarà possibile modificare il Piano una volta presentato?
Il Recovery Plan può essere modificato qualora non risulti più realizzabile - in tutto o in parte - a causa di circostanze oggettive. In tal caso lo Stato membro può proporre modifiche o, addirittura, un nuovo Piano. La nuova proposta sarà poi sottoposta allo stesso iter di valutazione e approvazione del piano originario.
Quali sono i criteri di valutazione del PNRR?
I piani saranno valutati in base a una precisa griglia inserita nel regolamento del RRF. I criteri indicati sono quattro - pertinenza, efficacia, efficienza e coerenza - ognuno dei quali comprende alcuni concetti da valutare secondo un 'rating' espresso in voti: A, B o C.
Tra i concetti fondamentali da valutare ci sono la capacità del Piano di affrontare in modo efficace le sfide individuate nelle Raccomandazioni specifiche per Paese, di contribuire "all’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali anche tramite politiche per l’infanzia e la gioventù", "alla transizione verde, compresa la biodiversità" (a questo va dedicato almeno il 37% delle risorse) e "alla transizione digitale" (20% delle risorse).
Per passare il test occorre aggiudicarsi nel complesso almeno otto A, voto che può essere ottenuto solo se le azioni del Piano concorrono "in ampia misura" agli obiettivi. Non è consentita nessuna C, valutazione che indica una capacità "ridotta" di raggiungere lo scopo; quindi, basterà prendere un'insufficienza per vedersi negare i fondi.
Quando partiranno i pagamenti?
Dopo l'ok di Commissione e Consiglio, la Commissione conclude con il Paese membro dell'UE un accordo per l’erogazione del contributo finanziario. Non è indicato precisamente il tempo entro il quale tale accordo debba essere concluso, ma presumibilmente l’accordo formale non dovrebbe richiedere molto. Nel caso italiano, se i lavori dovessero procedere a ritmo serrato e non dovessero esserci particolari intoppi, si auspica che le prime risorse possano essere disponibili dalla fine dell'estate 2021.
Lo Stato membro può richiedere, al momento dell’invio del Piano, un prefinanziamento che non può eccedere il 13% dei contributi e dei prestiti. Questa cifra può essere erogata solo dopo l’approvazione del Piano da parte del Consiglio. Il pagamento deve essere effettuato, se possibile, entro due mesi dopo l’adozione dell’impegno all’erogazione del contributo finanziario da parte della Commissione.
Nel caso in cui, a seguito della revisione degli importi massimi entro il 30 giugno 2022, risulti che a uno Stato membro sia stato erogato un prefinanziamento superiore al 13% del contributo finanziario aggiornato, i pagamenti successivi vengono ridotti fino a compensare l’eccesso.