Cosa dice il nuovo rapporto BEI sugli investimenti delle imprese italiane?
Le imprese italiane continuano ad investire, ma le prospettive potrebbero essere in calo, complice anche un pessimismo di fondo, condiviso con il resto delle imprese europee. Sono questi alcuni dei dati che emergono dal Rapporto BEI 2024 sugli investimenti delle imprese italiane, che contiene anche informazioni utili in merito al tipo di investimenti previsti e alle strategie delle aziende italiane su fronti come il commercio internazionale, il cambio climatico e l’innovazione.
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Quella che emerge dall’”EIB Investment Survey 2024 Italy” è, dunque, una fotografia a luci ed ombre. Da un lato, infatti, come ha spiegato Gelsomina Vigliotti, Vicepresidente della BEI, “l’indagine della BEI evidenzia che le imprese italiane stanno intensificando gli investimenti in sostenibilità e innovazione. Sebbene il percorso non sia ancora completato, è evidente che le imprese riconoscono che la doppia transizione ecologica e digitale non è solo una sfida, ma anche un’opportunità strategica. Per rafforzare la competitività e l’autonomia del Paese, è fondamentale accelerare ulteriormente gli investimenti in questi settori”.
Dall'altro però non si può non sottolineare come su molti aspetti - a cominciare proprio da quello della propensione degli investimenti - le prospettive siano in leggero peggioramento. E questo nonostante il rapporto metta in luce come negli ultimi anni gli investimenti in Italia sono cresciuti notevolmente, grazie agli investimenti pubblici diretti e al grande supporto pubblico (attraverso sussidi) al settore privato.
Gli investimenti delle imprese italiane
Per quanto concerne gli investimenti, il rapporto BEI mostra come quelli delle imprese italiane abbiano segnato un aumento del 9,4% rispetto ai livelli pre-COVID, trainati in particolare dal supporto del settore pubblico. “Questo risultato - commenta la BEI - evidenzia la resilienza e la fiducia delle aziende nel rafforzare le proprie attività”.
A tale dato si affianca però quello relativo all’evoluzione delle aspettative di investimento. “La quota di imprese che investono è rimasta stabile dal 2022, ma la quota di imprese che si aspettano di aumentare piuttosto che diminuire gli investimenti ha continuato a diminuire ed è ora a un saldo netto del 3%”, scrive infatti la BEI. Nel rapporto 2024, “le imprese italiane investono in modo simile alle imprese dell'UE, con rispettivamente l'85% e l'87% delle imprese che investono” e “le prospettive riguardo ai piani di investimento sono anch'esse ampiamente simili, con un leggero saldo netto positivo di imprese che prevedono di aumentare piuttosto che ridurre gli investimenti”.
Quanto alle prospettive di investimento, nel rapporto si legge che “le imprese italiane sono, nel complesso, pessimiste riguardo al clima politico, normativo ed economico, con una maggiore aspettativa di un peggioramento piuttosto che di un miglioramento entro il prossimo anno. Tuttavia, in termini di saldo netto, le imprese italiane generalmente mostrano una prospettiva di investimento leggermente più ottimistica rispetto ai loro omologhi dell'Unione Europea”.
E anche per quanto concerne il gap percepito negli investimenti, le imprese italiane si mostrano più soddisfatte della media europea. “La maggior parte delle imprese italiane”, si legge infatti nel rapporto BEI, “è soddisfatta del loro livello complessivo di investimenti negli ultimi tre anni. Nel Rapporto 2024, la quota di imprese soddisfatte del loro livello di investimento ha raggiunto il 92%, superiore alla media dell'UE (80%). Inoltre, solo il 5% delle imprese italiane riporta un gap di investimento rispetto al 14% della media UE”.
Interessante, infine, il dato relativo alle priorità di investimento future tra le imprese italiane, che sono cambiate rispetto al rapporto dell'anno scorso. “La quota di imprese che prevede di concentrarsi sugli investimenti in sostituzione nei prossimi 3 anni, infatti, è aumentata, con una conseguente riduzione della quota di imprese che prevedono di concentrarsi sugli investimenti in espansione della capacità o in nuovi prodotti o servizi”. A concentrarsi sulla sostituzione sono soprattutto le PMI (33%) rispetto alle grandi imprese che prevedono di concentrarsi maggiormente sull'espansione della capacità (40%).
Le attività di innovazione delle imprese italiane
Per quanto concerne l’innovazione, la BEI scrive che “complessivamente, il 30% delle imprese italiane riporta attività di innovazione nel 2023, un calo rispetto al rapporto dell'anno scorso ma in linea con la media dell'UE”.
Inoltre “quasi tre quarti (71%) delle imprese italiane utilizzano tecnologie digitali nei loro processi aziendali, un dato vicino alla media UE”, anche se “esistono diversi tassi di adozione delle tecnologie digitali tra le imprese italiane e quelle dell'UE. Le imprese italiane, infatti, sono meno propense ad adottare big data/AI, stampa 3D, realtà aumentata o virtuale e automazione tramite robotica, ma sono più propense rispetto alla media UE a utilizzare piattaforme digitali”.
Come stanno reagendo le imprese italiane ai cambiamenti climatici?
Il rapporto BEI dedica ampio spazio anche al cambio climatico e alle strategie che le imprese italiane stanno mettendo in campo per affrontarlo. Su questo fronte sono fondamentalmente due i dati interessanti. Il primo è che la quota di imprese italiane che dichiara di essere stata impattata dal rischio fisico del cambiamento climatico si attesta sul 72%, “una percentuale superiore alla media dell'UE che si ferma al 66%” commenta la BEI.
Il secondo aspetto rilevante attiene invece alle strategie. Se da un lato infatti oltre la metà delle imprese italiane ha adottato misure per adattarsi al cambiamento climatico, con una cifra superiore alla media dell'UE (56% contro 48%)”, emerge però che la misura più frequentemente adottata è stata di tipo “passivo”, consistendo nell'acquisto o nel rinnovo delle assicurazioni per compensare le perdite legate al clima, con percentuali più alte della media UE (46% contro 21%). Al contrario, le imprese italiane sono risultate meno propense rispetto a quelle dell'UE ad adottare misure attive come investire in soluzioni per evitare/ridurre l'esposizione ai rischi fisici (19% contro 29%), in particolare nel caso delle PMI italiane dove la quota si ferma al 13%.
Complessivamente “la quota di imprese italiane che ha già investito o sta pianificando di investire per affrontare il cambiamento climatico è aumentata rispetto al rapporto dell'anno scorso, e anche se rimane al di sotto della media UE, il divario si è ridotto. Le grandi imprese stanno guidando la strada nei loro piani e investimenti per il cambiamento climatico”, cirve la BEI.
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Commercio internazionale e timori sul futuro
Interessanti anche i dati sulla presenza delle imprese italiane nel commercio internazionale. “Rispetto alle imprese dell'UE”, scrive infatti la BEI,” le imprese italiane sono meno integrate nel commercio globale (53% rispetto al 63% delle imprese dell'UE)”. E sebbene le interruzioni del commercio si siano generalmente attenuate sia per le imprese italiane che per quelle dell'UE dall'inizio del 2023, le imprese italiane rimangono particolarmente preoccupate per i problemi di logistica e trasporto e per la conformità con le nuove normative. Inoltre importatori ed esportatori italiani considerano i recenti cambiamenti nei dazi doganali e nelle tariffe come una preoccupazione maggiore rispetto a tutte le imprese dell'UE.
Quanto ai timori, l'incertezza riguardo al futuro e i costi energetici restano i principali ostacoli agli investimenti per le imprese in Italia, anche se il report 2024 registra una quota in calo delle imprese che vede i costi energetici come un ostacolo agli investimenti rispetto al rapporto 2023.
A pesare sulle prospettive delle imprese è anche il funzionamento del mercato unico UE e le questioni regolatorie. “Alle imprese - si legge infatti nel rapporto - è stato chiesto se il loro prodotto principale è soggetto a requisiti regolatori e standard differenziati nei diversi paesi dell'UE. Ebbene, una grande minoranza (45%) degli esportatori italiani riferisce di dover rispettare standard e regole di protezione dei consumatori diversi nei vari stati membri dell'UE, inferiore alla media dell'UE (60%).
Il sondaggio ha anche chiesto alle imprese il numero di dipendenti impiegati per gestire il rispetto dei requisiti normativi e degli standard. Quasi tutte le imprese italiane (89%) impiegano personale per la conformità normativa. Il carico normativo è particolarmente elevato per le PMI, data la loro piccola dimensione, con il 34% delle PMI italiane che impiega più del 10% del proprio staff per valutare e rispettare le normative”.
Infine, per quanto concerne i rischi associati alla transizione verso un'economia a zero emissioni nei prossimi cinque anni, circa due imprese su dieci considerano la transizione verso standard e regolamenti climatici più rigorosi come un rischio nei prossimi cinque anni, rispetto al 29% che la vede come un'opportunità. Rispetto a tutte le imprese dell'UE, però, sono di meno le imprese che in Italia vedono la transizione come un rischio, mentre sono di più quelle che la considerano senza impatto (48% contro 39%).
Per approfondire, consulta l'EIB Investment Survey 2024 Italy