Fondi UE post 2020: Regioni a Lezzi, cinque priorita' per Politica Coesione
Dalla possibilità di partecipare alla definizione dell'Accordo di partenariato allo scomputo del cofinanziamento nazionale ai fondi europei dai calcoli ai fini del rispetto del patto di stabilità. Le richieste delle Regioni per il negoziato sul bilancio UE post 2020.
> La proposta della Commissione per il bilancio UE 2021-2027
Il futuro dei fondi europei e in particolare della Coesione è stato al centro di un incontro a Palazzo Chigi tra la ministra per il Sud, Barbara Lezzi, e una delegazione della Conferenza delle Regioni, guidata dal presidente Stefano Bonaccini.
Le proposte della Commissione UE sul QFP post 2020
A maggio 2018 l'Esecutivo UE ha presentato la sua proposta per il Quadro finanziario pluriennale 2021-2027, cui hanno fatto seguito nelle settimane successive le proposte per i futuri programmi di spesa settoriali.
Nel progetto di bilancio di Bruxelles gli impegni sarebbero pari a 1.135 miliardi di euro a prezzi costanti (1.279 miliardi espressi in prezzi correnti, tenendo conto di un tasso di inflazione fisso annuo del 2%), pari all'1,11% del reddito nazionale lordo dell'Unione a 27 Paesi, e i pagamenti a 1.105 miliardi di euro a prezzi costanti (1.246 miliardi a prezzi correnti), cioè l'1,08% del RNL dell'UE a 27.
Per far fronte al gap finanziario provocato dalla Brexit e alla necessità di destinare maggiori fondi alle nuove sfide globali dell'UE, in particolare in materia di contrasto al cambiamento climatico, digitalizzazione, sicurezza e gestione dei flussi migratori, il QFP proposto dalla Commissione riduce le dotazioni della Politica Agricola Comune (PAC) e della Politica di Coesione.
Secondo le stime della Commissione europea, la PAC subirebbe un taglio del 5% a prezzi correnti rispetto al periodo 2014-2020 e la Politica di Coesione del 6%. Per il Parlamento europeo, invece, i tagli sarebbero più consistenti: -15% per la PAC e -10% per la Coesione.
Nel caso dell'Italia, la dotazione complessiva PAC di circa 36,3 miliardi di euro a prezzi correnti e di circa 32,3 miliardi a prezzi costanti comporterebbe una riduzione di circa 4,7 miliardi di euro rispetto al settennato in corso, mentre sul fronte Coesione le risorse assegnate aumenterebbero da 34 a 43 miliardi di euro circa per via dei nuovi criteri di ripartizione dei fondi strutturali tra gli Stati membri, tra cui disoccupazione giovanile, basso livello di istruzione, cambiamenti climatici e accoglienza e integrazione dei migranti.
Oltre a definire i tetti di spesa complessivi e per ciascuna linea di finanziamento, la proposta della Commissione introduce una serie di innovazioni, come il rafforzamento del legame tra l'accesso ai finanziamenti UE e il rispetto dello Stato di diritto, l'introduzione di un nuovo programma di sostegno alle riforme strutturali degli Stati membri, la previsione di una funzione europea di stabilizzazione degli investimenti, il proseguimento dell'esperienza del Piano Juncker attraverso il programma Invest EU e un sistema aggiornato di risorse proprie.
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Il negoziato tra gli Stati membri
Tutti questi aspetti stanno dividendo gli Stati membri, mettendo in discussione l'obiettivo di un accordo entro l'autunno, per avviare i nuovi programmi di finanziamento dall'inizio del 2021.
Per quanto riguarda l'ammontare complessivo del bilancio UE, un gruppo di Paesi – tra cui Austria, Danimarca, Paesi Bassi, Germania e Svezia – chiede un QFP che non vada oltre l'1% dell'RNL dei 27 Stati membri, anche al prezzo di tagliare i fondi alle politiche tradizionali, come PAC e Coesione; sul fronte opposto si colloca l'Italia, insieme a Estonia, Grecia, Lituania, Lettonia, Polonia, Portogallo, Slovacchia e Ungheria, secondo cui il QFP dovrebbe prevedere risorse sufficienti sia per finanziare le nuove priorità che per confermare le dotazioni di PAC e Coesione ai livelli attuali.
Divergenze esistono anche sui tempi per la cessazione delle correzioni che dovrebbe essere eliminate insieme al rebate britannico e sulla riforma del sistema delle risorse proprie, con alcuni Paesi - tra cui l'Italia - che sostengono l'introduzione di entrate diverse da quelle proposte dalla Commissione europea, come la tassa sulle transazioni finanziarie (FTT) e la web tax.
Diverse posizioni, infine, sulla condizionalità: la proposta di legarla a carenze generalizzate in materia di Stato di diritto ha suscitato diverse perplessità all'interno del Consiglio, la Francia ha proposto di introdurre una condizionalità legata alle politiche fiscali e sociali nell'ambito della Coesione e l'Italia si è opposta alla condizionalità macroeconomica, che rischia di limitare l'accesso ai fondi UE proprio da parte dei Paesi che ne avrebbero maggiore bisogno. Piuttosto, secondo Roma, sarebbe opportuno introdurre una condizionalità legata alla solidarietà europea, in particolare per quanto riguarda la distribuzione dei migranti.
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Le richieste delle Regioni
Questi temi sono stati al centro del confronto tra la ministra Lezzi e i rappresentanti delle Regioni, preoccupate soprattutto per il futuro della Politica di Coesione.
“Abbiamo manifestato l’esigenza di difendere in tutte le sedi, ma soprattutto a Bruxelles, la Politica di Coesione, una leva fondamentale per gli investimenti europei che coinvolge Regioni ed Autonomie locali, attraverso il metodo della programmazione”, ha dichiarato il presidente Stefano Bonaccini, sottolineando la necessità di valorizzare i modelli di gestione condivisa e multilivello dei fondi UE.
Cinque le priorità che le Regioni chiedono di difendere nel negoziato europeo sul prossimo QFP.
La prima riguarda il coinvolgimento delle amministrazioni regionali nella definizione dell'Accordo di partenariato da cui dipende la programmazione delle risorse per il settennato.
In questo quadro si colloca poi la richiesta di un diverso equilibrio, in termini di obiettivi e di risorse, tra i Programmi operativi nazionali (PON) e quelli regionali (POR), evitando le sovrapposizioni e riducendo al massimo il cofinanziamento a carico delle Regioni.
Il cofinanziamento regionale e statale ai fondi europei, inoltre, dovrebbe essere scomputato dal calcolo del Patto di stabilità.
Le regole e gli oneri amministrativi dovrebbero essere semplificati, riducendo gli atti che regolano i rapporti tra Regioni, Governo e Commissione europea.
Per quanto riguarda le risorse nazionali del Fondo Sviluppo e Coesione (FSC), infine, le Regioni chiedono regole standard per dare continuità ai diversi cicli di programmazione.
Soddisfatta del confronto la ministra Lezzi, soprattutto per la richiesta da parte delle Regioni di una maggiore concertazione e della costruzione di un quadro omogeneo e non contradditorio tra PON e POR. L'incontro è stata anche l'occasione per discutere delle novità introdotte dall'articolo 44 del Decreto Crescita, che riforma della governance del FSC prevedendo un unico Piano Sviluppo e Coesione per ciascuna amministrazione al posto della molteplicità di Programmi attuali.
Le risorse saranno quindi rimodulate, ma – ha assicurato Lezzi - "non c'è possibilità di revoca di fondi alle Regioni, su questo non ci sono dubbi".
> Decreto Crescita – semplificazioni per risorse Fondo Sviluppo e Coesione