Investimenti esteri - Italia prima in Eurozona per flusso in entrata
Tra 2013 e 2014 +9,5 miliardi di euro. Fanalino di coda per stock di IDE sul Pil
La fotografia scattata dalla CGIA di Mestre mostra che, nel 2014, l'Italia ha registrato il maggior aumento di investimenti diretti esteri (IDE) tra i Paesi dell'Eurozona.
Aumentano investimenti diretti esteri
L'Ufficio studi dell'Associazione Artigiani e Piccole Imprese di Mestre (CGIA), ha presentato nelle scorse ore l'elaborazione dei dati dell’UNCTAD, la Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo, sul livello di investimenti diretti esteri nella zona euro. Dallo studio, risulta che lo scorso anno gli IDE in entrata in Italia hanno raggiunto quota 281,3 miliardi di euro, registrando un aumento del 3,5% - pari a 9,5 miliardi di euro - rispetto al 2013. Insieme al Belpaese, che guida la classifica, nell'area della moneta unica solo Slovenia e Finlandia hanno ottenuto un miglioramento della situazione degli investimenti stranieri da un anno all'altro.
Il risultato positivo a livello di IDE, ha spiegato Paolo Zabeo della CGIA, dipende soprattutto dall’acquisizione, da parte dei grandi gruppi finanziari stranieri, di “pezzi importanti del nostro made in Italy”, soprattutto nel settore della moda, dei servizi, delle comunicazioni e dei trasporti.
Se tali acquisizioni, ha continuato Zabeo, non daranno luogo a una “fuga all’estero delle attività progettuali e produttive” dei brand italiani, la situazione deve essere salutata positivamente.
Italia ancora agli ultimi posti per stock di IDE
Nonostante il risultato positivo per il flusso degli investimenti in entrata, specifica la CGIA, nell’area euro l’Italia è penultima per stock di IDE in percentuale sul Pil. Gli stock di IDE rappresentano il valore totale di attività estere accumulato fino ad un certo istante temporale.
Con un "misero 17,4%", commenta il dato l'associazione, anche nel 2014, così come avviene dall’inizio della crisi, l'Italia si trova “in coda alla graduatoria europea”. Peggio di noi solo la Grecia, con un valore dell'8,5%.
Ad influire su questo risultato sono, secondo Zabeo, soprattutto "l’eccessivo peso delle tasse, le difficoltà legate ad una burocrazia arcaica e farraginosa, la proverbiale lentezza della nostra giustizia civile, lo spaventoso ritardo dei pagamenti nelle transazioni commerciali, il deficit infrastrutturale e il basso livello di sicurezza presente in alcune aree del Paese", che "da sempre scoraggiano gli investitori stranieri".
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