Il super fondo d’investimento antiscalata della Cassa Depositi e Prestiti
Un altro gruppo francese che vuole accaparrarsi una nostra impresa! Prima con le mire di Groupama su FonSai, poi quelle di EDF su Edison e infine quelle di LVMH su Bulgari, la suscettibilità italiana è stata messa duramente alla prova dall'inzio del 2011. Ma è lo sbarco di Lactalis nel capitale di Parmalat la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Politici, sindacati e cronisti si sono scatenati contro "l'invasore". Tremonti però è passato al contrattacco autorizzando Parmalat, per decreto, a "sconvocare" l'assemblea generale dei suoi azionisti prevista per il 14 aprile. Così il nostro gigante alimentare dispone di una tregua per costruirsi, nei prossimi tre mesi, quel futuro tutto italiano di cui nessuno si è mai preoccupato negli ultimi sette anni successivi al noto crack.
Il decreto legge adottato in tutta fretta all'indomani della scalata di Lactalis, che di fatto si limita a procrastinare la data del consiglio di amministrazione, ha creato imbarazzo persino a Confindustria. In passato, in effetti, non abbiamo dovuto ricorrere ad un'azione simile per evitare la fusione di Autostrade con Abertis e di bloccare il diritto di voto di EDF in Edison.
Negli ultimi giorni Palazzo Chigi ha autorizzato il Tesoro ad attivare le norme anti Opa e la Cassa depositi e prestiti ha incassato il via libera a scendere in campo.
Poi il Cda di Parmalat ha rinviato l'assemblea dei soci, anche se non in modo compatto. Il rinvio, votato da metà del Cda, è dovuto alla presenza di un documento che dà notizia dell'esistenza della cordata italiana. I tre gruppi bancari Intesa San Paolo, Unicredit e Mediobanca hanno informato il cda di Parmalat che presteranno consulenza nella strutturazione di un'operazione coerente col provvedimento adottato dal Consiglio dei ministri. Resta in finestra la Ferrero, ma sono pronti a partecipare alla cordata Tamburi, Palladio e Granarolo.
Sicuro il ruolo della Cassa Depositi e Prestiti che ha ora i poteri per investire in società ritenute strategiche al sistema Paese. La Cassa depositi e prestiti potrà infatti "assumere partecipazioni in società di rilevante interesse nazionale in termini di strategicità del settore di operatività, di livelli occupazionali, di entità di fatturato ovvero di ricadute per il sistema economico-produttivo del Paese". Il decreto è stato emanato subito dopo il provvedimento varato in sede di consiglio dei ministri che ha autorizzato Tremonti "a predisporre e attivare strumenti di finanziamento e capitalizzazione, analoghi a quelli in essere in altri Paesi europei, strumenti mirati ad assumere partecipazioni in società di interesse nazionale rilevante in termini di strategicità del settore".
Una mission simile a quella della Caisse des Depots et Consignation, che possiede il 51% del Fond Strategique d'Investissement (Fsi), costituito nel 2008 su iniziativa di Nicolas Sarkozy per intervenire a sostegno del capitale delle imprese francesi in caso di scalate straniere.
Ci si chiede allora: è nato prima l'uovo o la gallina? L'atteso fondo della Cdp serve a "salvare" Parmalat dai francesi o piuttosto il caso Lactalis è solo il pretesto per dare maggiori poteri alla Cassa, cambiandone lo statuto?
Nelle ultime ora è emerso poi che presto la quotazione delle imprese potrebbe passare per la Consob. Ad affermarlo, in un'intervista al Sole24Ore, il presidente della Consob, Giuseppe Vegas, che ha inoltre annunciato la messa a punto di un nuovo regolamento in tema di Opa.
Se in parte lo schiaffo ai francesi sembra sia stato restitutito dalle ultime manovre, i conti non tornano nemmeno quando, rimpiangendo l'Iri, Tremonti confronta la nostra economia con quella dei nostri "cugini".
Cifre alla mano, secondo l'Ice (dati 2009) la Francia è il secondo paese al mondo ad attirare gli investimenti diretti stranieri, mentre l'Italia è il ventiduesimo. Nondimeno la Francia è sempre seconda al mondo per gli investimenti realizzati dalle imprese al di fuori delle sue frontiere, mentre noi siamo al quattordicesimo posto. C'è poi da dire che i francesi sono all'ottavo posto nella classifica degli investitori in Italia, dopo gli olandesi, gli irlandesi, gli spagnoli, gli inglesi e i lussemburghesi.
Ironia della sorte, i flussi italiani verso la Francia sono saliti raggiungendo 1,7 miliardi di euro nel 2009, a fronte dei 700 milioni del 2008. L'Agenzia francese per gli investimenti internazionali afferma che le imprese italiane non hanno mai investito oltralpe così tanto.