Parmalat e la scalata di Lactalis: Tremonti studia come difendere le imprese italiane
Assicurandosi il 29% del capitale di Parmalat e diventandone primo azionista, senza però oltrepassare la soglia che l’obbligherebbe a lanciare un’OPA, il colosso francese dei latticini Lactalis riapre oggi il dibattito sulla “scalabilità” del nostro paese. Anche per questo l’assemblea generale degli azionisti di Parmalat del prossimo 12 aprile si annuncia piuttosto tesa.
E’ vero, come affermano alcuni, che la Francia vuole saccheggiarci? Oppure è plausibile l’assunto secondo cui gli imprenditori italiani sono incapaci di costruire grandi gruppi internazionali, eccezion fatta per Unicredit e pochi altri? O forse alcuni settori del mercato francese sono più protetti dallo Stato, vedi il monopolio di cui godono Edf (energia) e Sncf (ferrovie)? Che la caisse des dépôts et consignations sappia difendere meglio gli interessi delle aziende francesi rispetto alla nostra Cassa depositi e prestiti?
Mentre ci si interroga sulle debolezze della nostra politica industriale (impossibile dimenticare che nel 2003 Parmalat è stata protagonista del più grande crack europeo della storia) e sulle tentazioni di patriottismo economico di lunga data, il ministro Giulio Tremonti promette misure per difendere il Made in Italy dagli attacchi stranieri. Diverse le opzioni possibili: limite al diritto di voto, divieto di oltrepassare determinate soglie senza autorizzazione, definizione di settori strategici, priorità alla cordate internazionali. Tutto questo nel rispetto delle regole comunitarie. Tremonti potrebbe ispirarsi alla legge federale canadese del 1985 che impedisce agli investitori stranieri che non fanno gli interessi nazionali di accaparrarsi partecipazioni strategiche.
Per quanto riguarda l’ipotesi di una possibile cordata, il vicepresidente di Unicredit, Fabrizio Palenzona, reputa importante l'ipotesi di un'aggregazione fra il gruppo Ferrero e Parmalat (oltre che profittevole per la sua banca) e afferma: “Per me occorre preservare la filiera industriale dell'agroalimentare e del latte in Italia”.
A favore di un intervento anti opa si è schierato anche l'ex premier Romano Prodi, che ha dato ragione a Tremonti, chiedendo a Parigi di rispettare le simmetrie. Contrario invece il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri, mentre l'ad di Edison Umberto Quadrino preferisce attendere che il Governo prenda una decisione.
Secondo Luigi Angeletti, numero uno della Uil, "ci sono imprese che non possono essere cedute tranquillamente come se fossero qualunque altra imprese. Il caso Parmalat è uno di questi. L'Italia - osserva il sindacalista - é un grande Paese produttore di generi alimentari e la produzione di latte non è un aspetto secondario. La vicenda ha una particolare rilevanza non tanto per la Parmalat in sé, ma per l'impatto che ha sull'economia agricola".
Per il leader della Cgil, Susanna Camusso “Siamo un paese scalabile, sistematicamente scalabile e vendibile. Siamo un paese in cui c'é un ministro che ha teorizzato che l'unica politica industriale è quella che fanno le singole aziende. Se questa è la teoria, non c'é paese, non c'é settore.
L’ingresso di Lactalis in Parmalat, che fa seguito all’acquisto di Bulgari da parte del colosso del lusso d’oltralpe di proprietà di Bernard Arnault, LVMH, sembra aver risvegliato le tensioni sopite con la Francia. Il caso Parmalat ha fatto quindi da detonatore: annunciando inizialmente la sua entrata nel capitale del gruppo italiano con l’11,45%, per poi passare al 13%, Lactalis aveva provocato un soprassalto nazionale. Venerdì scorso Palazzo Chigi ha detto all’ambasciatore di Francia, Jean-Marc de la Sablière, che si rende necessaria una reciprocità di trattamento negli investimenti bilaterali, con riferimento alle difficoltà di Ferrovie dello Stato a sviluppare linee ad alta velocità in Francia. Una situazione simile si era già verificata nel 2006 quando la banca BNP aveva acquisito la BNL. Ma soprattutto quando Air France-KLM ha contribuito al salvataggio di Alitalia, conquistandone il 25% del capitale. Ingombranti anche le partecipazioni transalpine in Mediobanca e Generali. Non bisogna poi dimenticare che il Gruppo Lactalis Italia riunisce al suo interno Galbani e le altre società italiane già parte del gruppo francese con i marchi Invernizzi, Cademartori, Locatelli e Président.
C’è poi da aggiungere che la presenza dei gruppi transalpini in Italia è sempre più forte. Nel 2009, ad esempio, Decathlon è diventato il più grande network di negozi per la distribuzione di articoli per lo sport nel nostro paese e ha registrato la presenza di oltre 19 milioni di clienti. Imponente anche l’impatto di UGC (cinema) e di Auchan. Con 56 ipermercati il gruppo Auchan è attivo in ben 11 regioni. Senza contare la forza di Carrefour, numero uno in Europa della grande distribuzione.
E’ pur vero che alcune operazioni finanziarie non hanno raggiunto l’ obiettivo che si erano prefissate. EDF, ad esempio ha rinunciato alla sua scalata di Edison e, nel settore assicurativo, Groupama ha dovuto rinunciare all’aumento di capitale in Fondiaria.
Mentre il ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, ha invitato l'Europa a battere un colpo, altrimenti ci sono la proliferazione delle risposte protezionistiche Paese per Paese, il commissario europeo per l'Industria, Antonio Tajani, ha evidenziato che a livello nazionale si possono fare norme, purché compatibili con le norme comunitarie sul mercato interno.
Sulla questione era intervenuto anche il consigliere delegato di Intesa SanPaolo, Corrado Passera, partendo proprio dal caso Parmalat. "Aver sollevato il tema della reciprocità - ha sostenuto - è molto importante, perché in taluni casi l'Italia é molto aperta, e altri Paesi lo sono molto meno nell'apertura dei mercati".