Il buio oltre la Finanziaria
Nelle ultime ore il passatempo nazionale consiste nel pronosticare il futuro dell'attuale governo. I giornali traboccano di editoriali e di scenari, i programmi televisivi ospitano questo o quell'opinion leader. Per il momento le certezze sono solo due: che il governo, nella sua forma attuale, ha i giorni contati e che nessuno può anticipare ciò che avverrà dopo l'approvazione della Legge di stabilità, che appare sempre di più una sorta di terra franca, una linea Maginot oltre la quale le forze politiche si sentiranno libere di agire.
Dopo che i ministri finiani hanno abbandonato il governo, la prossima strettoia è rappresentata dalle due mozioni: quella di fiducia - voluta dal Pdl - al Senato e quella di sfiducia, presentata alla Camera da Pd e Idv. Entrambe da calendarizzare con molti mal di pancia.
Berlusconi voleva che fosse votata prima la mozione di fiducia al Senato, dove gli scranni sono più favorevoli. Di contro Il capogruppo del Pd alla Camera, Dario Franceschini, aveva chiesto in una lettera a Fini (non in qualità di leader di Fli, ma ovviamente al presidente della Camera) che il voto al Senato non avvenisse prima di quello di Montecitorio e che la mozione di sfiducia fosse votata subito dopo l'approvazione della finanziaria. Il Cavaliere, poi, non esclude la possibilità di sciogliere l'altro ramo del Parlamento, in caso di voto avverso, e che si vada alle urne soltanto per la Camera. Un'ipotesi ammessa costituzionalmente ma, nei fatti, assai farraginosa. Proprio per questo appare più che altro una boutade. Un'ipotesi criticata con incisività da Michele Ainis sulla Stampa, che titola: "Mezza fiducia non fa il governo".
Su questo punto nella serata del 16 novembre il capo della Stato, Giorgio Napolitano, ha convocato al Colle i rappresentanti delle due Camere, Fini e Schifani, per programmare il da farsi. Se crisi deve essere, il presidente della Repubblica ha chiesto che "si faccia in fretta e si riporti la stabilità". Il voto per entrambi i rami del Parlamento è stato quindi fissato per il 14 dicembre 2010.
Uno scenario possibile è quello in cui il premier accetti di dimettersi e di creare un nuovo esecutivo - un Berlusconi quater o un governo con un altro premier. In questo caso si arriverebbe a una compagine allargata a Udc e finiani. I primi dubbi su questo scenario riguardano l'avversione della Lega a Casini e ai suoi. Nondimeno il programma di governo cambierebbe, e di molto. Inoltre i fedelissimi del Cavaliere non fanno altro che ripetere di non immaginare neppure un nuovo governo senza di lui. Il "patto di ferro" siglato nelle ultime ore con Bossi non lascia scappatoie a Berlusconi: "O me o il voto".
A fare l'ago della bilancia anche stavolta saranno le scelte di Fli. Il partito di Fini potrà decidere se aprire a Berlusconi – con una prospettiva di convivenza travagliata –confluendo in una nuova maggioranza o di allearsi con il Partito Democratico, anche in questo caso per un breve periodo funzionale al conseguimento di alcune riforme per il paese e di una nuova legge elettorale.
Un Partito Democratico – quello che potrebbe unirsi a Fini – uscito malconcio dalle ultime primarie a Milano. La vittoria di Pisapia fa emergere una base orientata più a sinistra che al centro e crea interrogativi a Bersani sulle future di alleanze. Anche stavolta, appoggiando Boeri, la classe dirigente del Pd è stata incapace di prevedere le scelte dei suoi elettori, come già avvenuto con il caso Vendola. Proprio oggi Angelo Panebianco lo definisce sulle pagine del Corsera "il partito delle delusioni". Secondo il costituzionalista il Pd non sarà capace di trarre giovamento dalla crisi del Pdl. Quando la crisi si sarà consumata sarà abbastanza forte da contrastare il famigerato "terzo polo" (o grande centro) che si sta costituendo?
Nel frattempo Berlusconi e Lega brandiscono lo spauracchio del voto anticipato. Prima però il Capo dello stato deve riunire le Camere e capire se è possibile individuarvi una nuova compagine governativa, ad esempio di stampo "tecnico".
In caso di elezioni ad aprile poi, c'è l'incognita del nuovo (o vecchio, a seconda dei punti di vista) terzo polo costituito da Futuro e Libertà, Udc, Api di Rutelli e Mpa di Lombardo. Questa volta il cammino verso le urne potrebbe non essere una passeggiata di piacere per il Pdl.
Nell'agone politico, infine, potrebbe affacciarsi Luca Cordero di Montezemolo come possibile leader del terzo polo o anche del centro-destra del futuro. Una sua discesa in campo non è mai stata smentita definitivamente dal diretto interessato.