Oltre la crisi: la ricetta dell'Ocse
L’Ocse dedica un intero capitolo del suo consueto report annuale sulla crescita all’importanza della mobilità sociale intergenerazionale, che promuove le pari opportunità e valorizza le potenzialità delle risorse umane. Dallo studio emerge che le riforme che promuovono attraverso l’intervento statale la mescolanza sociale tra le scuole ed l’educazione prescolare possono contribuire ad una maggiore mobilità sociale e salariale soprattutto in paesi caratterizzati da una bassa mobilità come l’Italia, la Gran Bretagna o gli Stati Uniti.
Secondo l’Ocse i governi devono proseguire verso una maggiore regolamentazione dei mercati finanziari, che hanno avuto il loro peso nella genesi della crisi. In realtà la regolamentazione e la concorrenza non sono principi in confitto tra di loro. Si tratta di un’analisi incoraggiante, che incita i paesi a fare di più e più in fretta, seguendo il sentiero già intrapreso.
Proprio a rimuovere gli ostacoli che impediscono la piena concorrenza deve impegnarsi il nostro Paese. Ventesima tra i 30 Paesi Ocse per Pil pro capite, per effetto della crisi l'Italia rischia di diventare fanalino di coda e deve quindi intervenire rapidamente su alcuni punti deboli, come la scarsa produttività e l'eccessiva pressione fiscale su lavoro e pensioni. Per l'Italia, spiega l’Ocse, gli effetti a lungo termine della crisi sul sistema produttivo potrebbero costare un taglio di 4,1 punti del Pil, di cui 1,9 causati dal deterioramento dell'occupazione e 2,2 dal costante aumento del costo del capitale. Un impatto superiore a quello previsto per le principali economie dell'Unione europea (Francia -2,8, Gran Bretagna -2,9, Germania -3,9) e del mondo (Stati Uniti -2,4, Giappone -2,1). Il nostro Paese in particolare è caratterizzato da un'insufficiente produttività della manodopera.
(Alessandra Flora)