Dalle rinnovabili all’idrogeno, cosa serve all’Italia per fare un salto di qualità? Intervista a Mauro Moroni, Italia Solare
Come favorire lo sviluppo delle rinnovabili in Italia e di cosa avrebbe bisogno il Paese per dare una vera spinta all’idrogeno verde? E come utilizzare i fondi PNRR in tal senso? Risponde Mauro Moroni, responsabile del Green Hydrogen Working Group di Italia Solare, la principale associazione fotovoltaica italiana.
PNRR: bando da 1 miliardo per l’uso dell’idrogeno in settori hard-to-abate
Favorire lo sviluppo di impianti rinnovabili, definire un chiaro framework normativo e creare un equo incentivo per la produzione di idrogeno, magari abbinato ad una efficiente defiscalizzazione dei progetti. Soprattutto spingere su quelle applicazioni ove l’idrogeno è veramente un game changer, come nel caso delle applicazioni industriali legati ai settori hard-to-abate.
Per Moroni, rendere l’idrogeno competitivo in Italia e in Europa richiede un’azione su più fronti.
Grande esperto di energie rinnovabili, Mauro Moroni è responsabile del Green Hydrogen Working Group di Italia Solare e ha fondato nel 2022 Elettrica Wave, società che si occupa di applicazioni nautiche energetiche con un forte focus sul retrofit di motori a combustione interna in motori elettrici e ibridi.
Il dilemma dell’idrogeno verde in Italia è legato alla diffusione delle energie rinnovabili: per generarlo in modo sostenibile servono impianti FER e per installare gli impianti FER serve sbloccare le autorizzazioni. Come si potrebbe risolvere il problema?
Domanda difficile alla quale rispondere, perché gli aspetti da considerare sono molteplici, ma in linea generale la soluzione passa da una vera semplificazione autorizzativa, una individuazione di aree idonee ove realizzare gli impianti, il mantenimento dei tempi di autorizzazione come da normativa, e soprattutto una vera volontà politica di accettare rinnovabili sul territorio.
Insomma, una strada tortuosa che comunque stiamo percorrendo nella direzione giusta. Per l’idrogeno chiaramente questa strada è ancor più complessa, perché a livello di business plan ancora si fa fatica a quadrare i progetti senza un consistente incentivo, e perché il quadro normativo, anche europeo, evolve molto lentamente.
REPowerEU fissa obiettivi di produzione interna ambiziosi (10 milioni di tonnellate al 2030). L’Italia non ha ancora una sua strategia dell’idrogeno e il piano italiano per l’idrogeno green ora è fermo a 5 GW di elettrolizzatori al 2030 (dati Hydrogen Innovation Report 2022). E’ credibile che l’Italia riesca ad accelerare tanto rapidamente da centrare gli obiettivi europei? E di cosa avrebbe bisogno il Paese per dare una vera spinta all’idrogeno rinnovabile?
A mio avviso 5GW di elettrolizzatori al 2030 è un obiettivo ancora raggiungibile, ma lo è nella misura in cui si creino delle condizioni al contorno tali da poter operare in logiche di mercato entro i prossimi 12/18 mesi. Prima cosa è quindi favorire lo sviluppo di impianti rinnovabili, decarbonizzando in modo consistente la rete elettrica, avanzare contemporaneamente con un chiaro e centrato framework normativo, creare un equo incentivo sulla produzione di idrogeno, magari abbinato ad una efficiente defiscalizzazione sul capex dei progetti, e soprattutto spingere su quelle applicazioni ove l’idrogeno è veramente un game changer, come ad esempio le applicazioni industriali legate agli hard-to-abate.
Sempre restando in Europa, in autunno saranno pubblicate le prime aste pilota per la produzione di idrogeno rinnovabile, uno dei primi passi concreti della Banca europea dell’idrogeno. Potrebbe rappresentare uno strumento utile per attirare investimenti nel vettore energetico?
Assolutamente sì, sono queste le iniziative che possono dare uno slancio importante al settore, favorendo gli investimenti, le economie di scala, la ricerca e sviluppo di nuove tecnologie e applicazioni.
Il PNRR mette a disposizione oltre 3 miliardi per l’idrogeno. L’attenzione delle imprese e del mondo della ricerca è altissima, come dimostrano i risultati dei bandi, finora quasi tutti in overbooking. Tuttavia secondo alcuni operatori, per come sono stati scritti i bandi PNRR potrebbero non essere sufficienti a garantire la sostenibilità economica degli impianti, alla luce dei costi operativi molto alti che essi impongono. Se si potesse intervenire sui bandi per l’idrogeno in occasione della revisione del PNRR cosa modificherebbe?
Io passerei da incentivi sul capex dei progetti a incentivi sulla produzione di idrogeno, e concentrerei l’attenzione ove ci siano off-taker che garantiscano l’utilizzo dell’idrogeno prodotto nel medio e lungo periodo, in applicazioni prioritizzate in funzione dell'efficienza di decarbonizzazione finale ottenuta.
Mi spiego meglio: prima progetti nei quali non sia possibile elettrificare e ove il passaggio ad idrogeno verde consenta un abbattimento totale delle emissioni, poi progetti nei quali l’utilizzo dell’idrogeno sia una delle opzioni più appetibili (ad esempio, il trasporto marino o i treni in tratte non elettrificabili), avendo però sempre cura di premiare la disponibilità di energia rinnovabile nelle immediate vicinanze degli impianti di elettrolizzazione, magari aderendo a Comunità Energetiche Rinnovabili.
Una delle applicazioni immediate dell’idrogeno riguarda i settori industriali, in particolare gli hard-to-abate. Ma guardando oltre il qui e ora, quali altre questioni l’idrogeno potrebbe contribuire ad affrontare?
Io penso che l’idrogeno (e i suoi carrier principali quali ad esempio ammoniaca, metanolo e metano sintetico) sia un vettore di medio e lungo periodo, che se ben sfruttato può portare risultati significativi in diversi ambiti. Vedo bene chiaramente gli hard to abate, i trasporti pesanti quali navi, treni e truck (quest’ultima applicazione è la più dubbia al momento, in quanto in diretta competizione con l’elettrico a batteria), ma vedo un utilizzo intelligente dell’idrogeno anche come decongestionante dei nodi della rete elettrica quando, ad esempio nelle prossime stagioni estive, andranno in crisi le reti a causa del surplus di generazione da rinnovabili.
Gli scenari sono molteplici quindi, e a mio avviso su molti aspetti incerti. La battaglia tra l’accumulo elettrochimico delle batterie per tante applicazioni è assolutamente aperta, così come quella sugli scenari di elettrificazione e gestione delle reti.