Credito: dubbi sulla fattibilità del veicolo finanziario per le imprese
Una bella idea che potrebbe restare tale. Il veicolo finanziario per le imprese, il fondo dei fondi lanciato dalle pagine del Sole 24 Ore dal suo direttore Roberto Napoletano, lo scorso 14 aprile, rischia di tramutarsi in un'idea futuribile e di difficile realizzazione, almeno nel breve periodo. Nonostante l'endorsement del presidente dell'Abi Antonio Patuelli - espresso in un'intervista pubblicata due giorni dopo sempre dall'organo di stampa vicino a Confindustria, da quello che FASI.biz ha potuto apprendere, la proposta viene valutata con una certa cautela dalle realtà chiamate in causa: la stessa Abi, per l'appunto, Bankitalia e la Cassa Depositi e Prestiti.
Nella sua proposta originaria, Roberto Napoletano ipotizzava la tipologia di azionisti papabili: "Un pool di banche o anche la stessa Cdp, come socio di minoranza, o anche soggetti economici terzi, ma liquidi". Pur positiva, l'iniziativa andrebbe in porto solo se i tre soggetti fossero convocati in tempi stretti.
L'esperto: "Intento nobile, ma proposta non di immediata attuazione"
Intervistato sul tema da FASI.biz, Mario Comana, professore ordinario di Economia degli intermediari finanziari alla Luiss Guido Carli risponde: "Si tratta di un tentativo nobile di rispondere alla situazione critica in cui versano le Pmi e da cui dipende l'andamento dell'economia e dei consumi. Qualunque iniziativa è da accogliere con favore, anche solo per alimentare il dibattito.
Per quanto riguarda la proposta di Napoletano - prosegue Comana - sono tra coloro che non la ritengono di immediate attuazione, proprio perché c'è una carenza di risorse generale ma anche un problema di merito creditizio. E' vero che il credito si sta riducendo, ma le poche imprese esportatrici che hanno una prospettiva positiva riescono comunque ad ottenerlo, perchè hanno i presupposti per il rimborso. L'errore alla base dello strumento proposto è quello di pensare che gli interventi soltanto finanziari possono risolvere i problemi delle imprese. Se, invece, non vi è un adeguato contesto di rilancio delle loro possibilità di crescita, andremmo solo a sprecare le risorse.
Il problema della restrizione creditizia è dato dalla rigidità delle norme di Basilea II e dell'EBA, ma soprattutto dal "difetto" del debito, cioè che deve essere rimborsato. In generale il rimborso dei prestiti deriva dai redditi futuri: se non mettiamo le imprese in condizione di migliorare la loro redditività, esse non potranno essere mai essere meritevoli di credito.
La politica, anche associativa, sta sbagliando l'approccio. Anche la creazione (n.d.r. molto più concreta) di un fondo per lo sblocco dei decreti della PA è una scorciatoia e non risolve il problema. Sono palliativi che succhiano risorse. Se il credito in Italia, è caro le imprese virtuose lo prendono all'estero. Non c'è da fare nulla sul credito, ma bisognerebbe invece aggredire le cause del problema, come la perdita di competitività delle imprese italiane, dovuto a sua volta all'eccesso di burocrazia.
Conclude Comana: "Credo piuttosto nella forza dei Confidi, che riescono ad aumentare la capacità di credito delle imprese, suddividendo l'onore della garanzia in base al principio della condivisione del rischio".