Progetti tagliati dal PNRR. Martedì la cabina di regia
Per assicurare la copertura finanziaria dei progetti in uscita dal PNRR il Governo punta a mobilitare risorse sia nazionali che europee della Politica di Coesione. Il Fondo sviluppo e coesione, però, deve andare per l'80% al Sud e può coprire solo in misura limitata i fabbisogni del Centro-Nord. E la riprogrammazione dei fondi europei 2021-2027 va negoziata in fretta con le amministrazioni titolari e con la Commissione europea, pena la paralisi dei progetti già paventata dagli enti locali. Per questo, a sorpresa, Palazzo Chigi ha convocato una nuova Cabina di Regia PNRR per il 10 ottobre.
Riforma governance FSC nel decreto Sud: arrivano gli Accordi di Coesione
In audizione presso la Commissione Bilancio della Camera, nell’ambito dell’esame del decreto-legge 124-2023, il ministro per gli Affari Europei, le Politiche di Coesione e il PNRR Raffaele Fitto, ha messo in fila le ragioni dell'operazione, rispondendo alle critiche provenienti da governatori di regione e sindaci che temono il definanziamento dei progetti stralciati dal PNRR e contestano più in generale la nuova governance del Fondo sviluppo e coesione (FSC) disegnata dal decreto Mezzogiorno.
Da una parte, ci sono i progetti PNRR che il Governo propone alla Commissione di spostare su altri programmi, come i Piani urbani integrati, i progetti di rigenerazione urbana e quelli per il contrasto del dissesto idrogeologico. Progetti pre-PNRR, del 2019 nel caso dei Piani urbani, del 2020 nel caso della rigenerazione urbana, o che risalgono al 2010, 2012, 2014, 2016, nel caso del dissesto, e che - ha avvertito Fitto - non hanno lontanamente un margine di ammissibilità rispetto ai criteri del PNRR. Per un miliardo di euro, ha precisato il ministro, "si tratta di interventi di viabilità, con certezza non ammissibili". L'esclusione dal PNRR, ha spiegato Fitto, risponde alla necessità di non ritrovarci tra un anno nella stessa situazione degli stadi di Firenze e di Venezia, che sono appunto Piani Urbani integrati, e di non sapere come finanziarli.
Dall'altra parte c'è il tema di come garantire continuità agli interventi tagliati, che ora allarmano soprattutto gli enti locali, destinatari di 13 dei 16 miliardi stralciati.
La risposta del Governo passa per una gestione sinergica, e fortemente centralizzata, dei fondi europei e nazionali della Coesione, che dovrebbe facilitare il finanziamento dei progetti in uscita dal PNRR con risorse di altri programmi, e anche contribuire ad affrontare i ritardi della spesa, ma che sta destando preoccupazioni a vari livelli. I governatori di regione, che temono di perdere la titolarità delle risorse FSC, gli enti locali, che non hanno ancora indicazioni certe circa le fonti di finanziamento alternative al PNRR, gli stakeholder, come Svimez e Ance, che in audizione alla Camera hanno espresso una serie di rilievi sull'operazione. A cominciare dall'affidamento al Fondo sviluppo e coesione, che per l'80% va riservato al Sud e può rispondere solo in maniera limitata ai fabbisogni del Centro-Nord.
Come funziona la governance FSC nel decreto Mezzogiorno
La riforma tracciata dal decreto Sud prevede che il monitoraggio delle spese della precedente programmazione sia propedeutico alla definizione degli impegni di ciascuna amministrazione destinataria di fondi FSC e alla sottoscrizione dei nuovi Accordi di coesione, che sostituiscono i Piani di sviluppo e coesione (PSC) introdotti dalla precedente riforma del FSC per superare la sovrapposizione di diversi documenti programmatori.
Gli Accordi di coesione vanno ancora oltre lo sforzo di coordinamento dei PSC, andando a mettere insieme, sulla base delle proposte delle amministrazioni e del piano di interventi che ne consegue (con relativo cronoprogramma), diverse fonti di finanziamento che agiscono in sinergia con il FSC (come i fondi strutturali europei e le risorse dei programmi complementari ai PON e ai POR) e individuando delle soluzioni per affrontare le criticità emerse nella fase di monitoraggio (ad esempio in termini di capacità di spesa, frammentazione degli interventi, scarsa strategicità delle opere, ecc).
Primo esempio di questo processo è l'Accordo di coesione sottoscritto con la Liguria il 22 settembre, che prevede l'utilizzo di 230 milioni di euro per investimenti relativi a servizi digitali, contrasto del dissesto idrogeologico, riqualificazione di teatri storici, rafforzamento delle infrastrutture di trasporto, rinnovo dell'edilizia residenziale pubblica, e la conclusione di opere di grande rilevanza, come il Nuovo ospedale Felettino di La Spezia.
Considerando che molti Accordi sono già in via di definizione, la previsione del ministro Fitto, è di chiudere il processo con tutte le amministrazioni entro il 31 dicembre 2023. A quel punto gli interventi potranno partire, perché una volta firmato l'Accordo di coesione non occorrerà attendere l'adozione della delibera CIPESS che assegna concretamente le risorse ripartite ad agosto.
Il Fondo sviluppo e coesione non basta a coprire i tagli del PNRR
L'utilizzo del FSC per finanziare le opere che il Governo ha proposto a Bruxelles di far uscire dal PNRR desta però diverse preoccupazioni. In audizione sul decreto Mezzogiorno, ne hanno discusso sia la Svimez, l'Associazione industriale per lo sviluppo del Mezzogiorno, che l'Ance, l'Associazione nazionale costruttori edili.
Se in generale preoccupa la mancanza di indicazioni puntuali sulle risorse effettivamente disponibili e sulle modalità di utilizzo per la copertura degli interventi in uscita dal PNRR (15,9 miliardi, di cui circa 13 miliardi relativi a interventi di competenza dei Comuni, ora a rischio paralisi), entrambe le associazioni rilevano che il Fondo sviluppo e coesione non è lo strumento più idoneo a garantire la continuità di questi progetti.
“Il rispetto del riparto 80/20 a favore delle regioni meridionali ne rende poco praticabile l’impiego a copertura del finanziamento degli interventi esclusi dal PNRR”, ha sottolineato in audizione la Svimez, ricordando che “in ogni caso, l’eventuale ricorso alle risorse FSC dovrebbe avvenire preservando la natura aggiuntiva degli investimenti finanziati dalla coesione nazionale” ed evitando “che le risorse del FSC svolgano per il PNRR lo stesso ruolo di finanziamento sostitutivo troppe volte svolto in passato rispetto agli investimenti ordinari”.
Sulla stessa linea l'Ance che, partendo dagli ultimi dati di monitoraggio del sistema ReGis, rileva che “circa 42.000 progetti di interesse per le costruzioni, che erano già stati selezionati, per un investimento complessivo di circa 12 miliardi di euro rischiano di essere definanziati” e che “circa la metà - il 47%, pari a 5,5 miliardi di euro - dei progetti che rischiano di essere definanziati nell’ambito della riprogrammazione PNRR riguarda il Mezzogiorno mentre il 34% è ubicato nel Nord (4 miliardi di euro) e il 19% nel Centro (2,2 miliardi)”. Percentuali che l'associazione dei costruttori giudica difficilmente compatibili con il vincolo di destinare al Sud l'80% delle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione.
Per la Svimez, allora, il giusto sforzo di coordinamento delle diverse programmazioni deve essere portato avanti rispettando sia le previsioni di riparto territoriale delle risorse che l'addizionalità dei fondi della Coesione, “per garantire interventi commisurati ai fabbisogni delle regioni caratterizzate da più ampi gap infrastrutturali da colmare”.
A questa raccomandazione si aggiunge la proposta dell'Ance di passare dallo “stralcio di intere linee di investimento già avviate e in molti casi in corso di realizzazione” a tagli chirurgici sui singoli “interventi critici dal punto di vista della rispondenza alle linee di indirizzo della Commissione europea (primo fra tutti il rispetto del principio del DNSH)”.
I Piani urbani integrati sul tavolo della prossima Cabina di regia PNRR
E' infatti proprio la mancata rispondenza al Do No Significant Harm il criterio che ha determinato l'esclusione dal Recovery Plan delle linee di investimento citate da Fitto in audizione, nonostante nell'ultima relazione sull'avanzamento del PNRR non presentassero eccessive criticità. A cominciare dai Piani urbani integrati che, se non eliminati dal Piano in questa fase, rischiano di presentare il conto più avanti, al momento dello sblocco delle rate PNRR da parte di Bruxelles.
Martedì saranno oggetto della riunione della Cabina di regia PNRR, insieme ad altri fronti caldi come la questione degli asili nido. L'obiettivo dei sindaci sarà ottenere indicazioni più chiare sui tempi e le fonti alternative di finanziamento. Fitto, invece, ha già chiarito in audizione il metodo: "nei prossimi giorni entreremo nel dettaglio della verifica di questi progetti". Saranno i numeri a determinare la sorte di ciascun progetto.