Agroalimentare: cosa insegna la Strategia aree interne sul sostegno pubblico alle filiere?
Stanziare fondi europei e nazionali per investimenti e progetti nelle aree più remote del paese non basta ad aggredire i problemi che, soprattutto nei territori montani, frenano lo sviluppo delle filiere agroalimentari e forestali e ne limitano il potenziale di crescita sui mercati a livello nazionale e internazionale.
Guida alla Strategia per le aree interne 2021-2027
Un recente rapporto della Rete rurale nazionale (RRN) ha analizzato gli interventi di sviluppo rurale attivati nell'ambito della Strategia nazionale aree interne 2014-2020, tra le poche politiche dirette a salvaguardare e promuovere i territori più remoti del paese, promuovendo attraverso i fondi strutturali e di investimento europei, e con fondi nazionali, interventi e investimenti per contrastarne l'abbandono.
La valorizzazione delle filiere montane ha un ruolo rilevante nella SNAI, insieme a tutto il filone dell'accesso ai servizi essenziali (dall'istruzione alla sanità) che sono cruciali per rendere attrattivi i territori e aumentarne la vivibilità. Per sostenere le filiere agro-alimentari e forestali e interrompere il processo di declino che ha caratterizzato le produzioni tipiche di queste aree, avverte però la relazione della RRN, gli strumenti di policy devono guardare all'insieme dei fabbisogni espressi dai territori, combinando gli investimenti materiali con quelli in formazione, tutoraggio e supporto tecnico.
Il contributo della SNAI allo sviluppo delle filiere montane nelle aree interne
Finanziata con risorse nazionali previste in legge di Bilancio e con fondi europei a titolo del FESR, del FSE, del FEASR e del FEAMP, la Strategia nazionale aree interne è stata avviata nel ciclo 2014-2020 per contrastare lo spopolamento e la marginalizzazione dei luoghi più remoti del Paese, sia rimuovendo gli ostacoli all'innovazione produttiva, sociale e amministrativa in questi territori che garantendo l'accesso ai servizi essenziali ai cittadini che vi abitano.
L'esperienza della SNAI è stata confermata nell'Accordo di partenariato 2021-27, con l'obiettivo di attivare progetti e finanziamenti in 124 Aree progetto, che possono contare anche sul sostegno del PNRR e del Fondo complementare al Recovery.
Per quanto riguarda le 72 aree della SNAI 2014-2020, la relazione della Rete rurale nazionale individua tre tipologie di filiere su cui insistono le strategie locali approvate nella scorsa programmazione, da cui discendono investimenti pubblici programmati per circa 512 milioni di euro.
La prima tipologia individuata è quella delle filiere di qualità con Indicazione geografica, filiere che ruotano soprattutto attorno a produzioni zootecniche e olivicole e che possono contare su forme di aggregazione orizzontale/verticale già strutturate, con rilevanti potenzialità di crescita anche sui mercati nazionali ed esteri. Nel gruppo rientrano, ad esempio, il parmigiano-reggiano nell’Appennino Emiliano, il formaggio Castelmagno nella Valle Grana piemontese, ma anche il suino nero e l’olio DOP dei Nebrodi e della Calabria Grecanica. Qui i fabbisogni riguardano soprattutto tre macrotemi: la carenza di strutture di stoccaggio, la scarsa concentrazione della produzione e la caratterizzazione ancora insufficiente del prodotto di montagna, che avrebbe bisogno di una maggiore valorizzazione delle sue peculiarità organolettiche e nutrizionali sia per espandersi maggiormente nei mercati urbani nazionali e internazionali, che per intercettare i flussi di domanda collegati al turismo.
La seconda tipologia è quella delle piccole filiere scarsamente organizzate, in certi casi, più che filiere, micro-produzioni locali di elevata qualità. I gap da colmare sono in questo caso ancora maggiori, dalla frammentazione dell’offerta al basso livello di innovazione, dalla scarsa adesione ai regimi di qualità alla carenza di strutture comuni di trasformazione e commercializzazione. Anche qui il potenziale di sviluppo non manca e risulta decisiva l'integrazione con la domanda turistica, ma ciò passa necessariamente per lo sviluppo di nuove soluzioni organizzative, in parte avviate grazie alla SNAI, e di partnership tra i produttori e tra essi, gli enti di ricerca, gli imprenditori turistici e altri stakeholder.
Infine, ci sono le filiere forestali con orientamenti plurimi (conservazione ambientale, produzione di legname, energia rinnovabile), anch'esse frammentate e poco innovative, in più carenti di infrastrutture di servizio, a causa della localizzazione dei terreni forestali in aree scarsamente collegate.
Concentrando l’attenzione sulle spese per azioni di sviluppo locale, quindi escludendo le risorse destinate alla creazione di servizi alla popolazione, la relazione della RRN rileva che il 60% dei fondi della SNAI è assorbito da tre categorie di intervento – agrifood, turismo e servizi-infrastrutture generali (reti digitali, marketing territoriale, ricerca e sviluppo, ecc.) - e che l’agroalimentare, le foreste e la pesca impegnano oltre un quarto della totalità dei fondi programmati, per un valore di circa 136 milioni di euro. Di questi, circa la metà (69,4 milioni di euro) sono destinati a vere e proprie azioni di filiera, ben al di sopra della quota riservata agli interventi di filiera nei PSR delle regioni italiane e con una forte attenzione per le piccole filiere e le produzioni di qualità.
Per approfondire: In arrivo il bando contratti di filiera nel settore forestale
Cosa serve alle filiere agroalimentari e forestali in aree montane?
Pur trattandosi di una strategia di dimensioni limitate, rispetto all'insieme delle politiche ordinarie a sostegno delle filiere agroalimentari e forestali, e nonostante il focus su interventi sperimentali e progetti pilota, la relazione della Rete rurale evidenzia come la SNAI metta in luce tutta una serie di gap da colmare sui territori per dare risposta alle esigenze di sviluppo settoriali.
Le filiere hanno infatti bisogno di sostegno finanziario, di infrastrutture, ma anche di supporto al design e all'organizzazione interna, di soluzioni di governance e coordinamento degli strumenti di policy esistenti, dalle Organizzazioni Comuni di Mercato (OCM) agli aiuti diretti PAC, fino alle misure di sviluppo rurale.
Questa attenzione agli effettivi fabbisogni dovrebbe guidare anche le scelte di policy da qui al 2027, anche facendo tesoro dei problemi di frammentazione e scarso coordinamento riscontrati dalla relazione della Rete nei precedenti quadri programmatori, PNRR compreso.
I fondi destinati dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza alla logistica nei settori agro-alimentare, pesca e acquacoltura, floricoltura e vivaismo, osserva infatti la relazione, sono destinati a interventi infrastrutturali coerenti più con le caratteristiche delle aree ricche e intensive che con i bisogni emergenti nelle aree interne, e non prevedono criteri per favorire gli investimenti in infrastrutture su piccola scala, come previsto ad esempio nel PNRR del Belgio per facilitare lo sviluppo di piattaforme logistiche per i mercati locali.
Il Piano Strategico Nazionale della PAC 2023-27 (PSP o PSN), che prevede un obiettivo specifico (OS3) relativo al miglioramento della posizione dell’agricoltura nella catena del valore, potrebbe invece sostenere iniziative per lo sviluppo di filiere corte, la creazione di cooperative e l'aggregazione degli operatori in ottica di filiera, in continuità con le opportunità collegate al periodo transitorio 2021-22 della PAC, nell'ambito dei Programmi di sviluppo rurale.
Anche in questo caso, però, sarà importante dare risposte ai fabbisogni di supporto progettuale e organizzativo delle filiere, che inibiscono a monte aggregazione, valorizzazione e promozione dell'offerta, soprattutto nelle aree più deboli.
Ciò che serve, conclude quindi la RRN, è “un’offerta di policy che sia attenta non solo agli investimenti materiali, ma anche a quelli immateriali (formazione, supporto tecnico alla creazione di organismi associativi e interprofessionali, forme di tutoraggio, copertura dei costi di cooperazione, sostegno finanziario di innovazioni organizzative, ecc.)”. Condizioni abilitanti non trascurabili, per un'effettiva efficacia del sostegno pubblico ai territori e alle filiere.