Google: no all'identificazione facciale senza una forte tutela della privacy
"Come ribadiamo da oltre un anno, non aggiungeremo l’identificazione facciale a Google senza prima aver implementato un forte sistema di protezione della privacy. Ad oggi non abbiamo nulla da annunciare". La tempistica di un servizio di questo tipo, pertanto, è assolutamente incerta.
Con questa dichiarazione ufficiale il colosso californiano puntualizza la sua posizione in seguito alla notizia eclatante comparsa sul sito della CNN e rimbalzata sui siti di informazione di tutto il mondo.
Secondo la CNN, Google starebbe lavorando ad un'applicazione mobile per smartphone che permetterebbe di associare l'identità pubblica degli utenti alle loro foto.
Nell’articolo sono riportate le dichiarazioni di Hartmut Neven, responsabile del settore engineering di Google, secondo il quale, per essere identificati dal software, gli utenti dovranno autorizzare Google ad accedere alle loro foto e al loro profilo. Al momento, però, non è specificato la tipologia di dati che potrebbe essere mostrata qualora una persona venisse identificata con un sistema di rilevamento facciale.
Intervistato dal noto network televisivo americano, Neven ha detto: "Ammettiamo che Google dovrà essere estremamente cauta sui temi della privacy. L’identificazione facciale sarà realizzata soltanto quando avremo messo in atto un modello di privacy accettabile".
Neven (la cui azienda fu acquistata da Google nel 2006) ricorda che gli utenti chiedono questo servizio da molto tempo, ma anche che una grande company deve essere più conservatrice rispetto ad una start up che non ha nulla da perdere. "Tecnicamente - puntualizza – siamo già in grado di fare tutte queste cose".
La Neven Vision è specializzata nello sviluppo del rilevamento di oggetti e di volti. Nel 2009 Google ha depositato dei brevetti in questo settore ed ha acquistato un’altra azienda, Like.com, che si occupa di ricerca di immagini.
Il tema della privacy resta un campo minato per l’azienda, che finora ha compiuto non pochi passi falsi. Per fare un esempio, solo l'anno scorso Google ha accettato di pagare 8,5 milioni di dollari: il suo social network, Buzz, ha pubblicato i nomi delle persone con cui gli utenti Gmail comunicano regolarmente.