Italia-Cina: siglati accordi commerciali per 2,25 miliardi di euro
Pechino assicura di voler spalancare le porte a un aumento degli investimenti delle imprese italiane. Un messaggio ambivalente che ufficialmente significa apertura, ma in cui si può leggere, tra le righe, il tentativo cinese di “colonizzare” il nostro mercato. Per il momento sul piatto ci sono dieci nuovi accordi commerciali per 2,25 miliardi di euro e sette intese governative.
E’ questo il primo risultato dell’incontro in pompa magna che si è svolto lo scorso 7 ottobre tra la delegazione del governo cinese, guidata dal primo ministro Wen Jiabao, e i rappresentanti del governo italiano, Silvio Berlusconi in testa.
Molteplici i settori interessati dagli accordi commerciali: dall'energia (fotovoltaico) alle telecomunicazioni (partnership Huawei-Vodafone Italy e Tze-Tiscal), dall'ambiente ai servizi finanziari, dall’import-export al trattamento della acque.
Durante la tavola rotonda che si è tenuta nella cornice di villa Madama, Wen Jiabao ha annunciato che per quanto riguarda le pratiche burocratiche, la pressione fiscale e le gare d'appalto "Vogliamo dare uguale trattamento a tutte le imprese, così da mettere sullo stesso piano le imprese straniere e quelle cinesi”.
Il primo ministro cinese si è espresso anche sul nodo gordiano della tutela della proprietà intellettuale con cui la Cina ha polverizzato i competitor in tutti i settori: "Le concorrenze del mondo sono essenzialmente le concorrenze della proprietà intellettuale e la Cina intende fare di più per salvaguardare e tutelare la proprietà intellettuale, sia sotto l'aspetto amministrativo che sotto quello normativo. Pechino - ha aggiunto Wen Jiabao - intende aumentare la tutela della proprietà intellettuale e a questo proposito "ho detto ripetutamente agli imprenditori e scienziati cinesi che la tutela della proprietà intellettuale" è importante per tutti e che non possiamo fare la pirateria". Resta un tallone d’Achille la questione dei brevetti per il numero uno di Confindustria, Emma Marcegaglia, che individua comunque nell’interlocutore cinese “un mercato di enormi opportunità”.
Il dialogo istituzionale con la Cina, che è in procinto di strappare agli Stati Uniti il primato nell’economia mondiale, sta diventando una necessità. Quella delle alleanze è l’unica carta che ci resta per arginare la concorrenza di una potenza pressoché inarrestabile, il cui Pil quest’anno crescerà del 9,5%. Berlusconi ha affermato di volersi impegnare ad innalzare a 100 miliardi di dollari il volume dell’interscambio nei prossimi cinque anni. Tra i dati più incoraggianti ci sono quelli sull’export del nostro vino: nel 2010 le bottiglie made in Italy giunte sulle tavole cinesi sono più che triplicate rispetto all'anno precedente, facendo registrare un balzo del 242%.
Tra le sette intese governative più interessanti siglate c’è quella tra il ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo e il ministro della scienza e della tecnologia Wang Gang. I due hanno firmato un memorandum che intensifica i rapporti di collaborazione tra Italia e Cina Si tratta dell’avvio di un tandem sul tema della mobilità sostenibile in materia di veicoli elettrici. Il Governo cinese ha chiesto l’aiuto del Ministero dell'Ambiente Italiano per l'attuazione del programma “Mille auto elettriche e ibride in 10 città” lanciato da Wang Gang nel 2009. Il progetto potrebbe avere alcune interessanti ricadute per le imprese italiane presenti in Cina in settori come l'elettronica, delle batterie, della componentistica.
L’alleanza e l’avvicinamento culturale (ad esempio favorendo i gemellaggi studenteschi e universitari) sono sempre strategie preferibili allo scontro, soprattutto se ad armi impari. Per dirla con Su Tzu (l’Arte della guerra) “Conoscere l’altro e se stessi - cento battaglie, senza rischi; non conoscere l’altro, e conoscere se stessi - a volte, vittoria; a volte, sconfitta; non conoscere l’altro, né se stessi - ogni battaglia è un rischio certo”.
Arrivano oggi due notizie che esprimono in modo eloquente le contraddizioni di questo paese dallo sviluppo bifronte. La prima è che lo yuan viene scambiato con il dollaro al tasso di 6,6830, il livello più alto degli ultimi anni. La seconda è che il premio Nobel per la pace è stato assegnato al dissidente Liu Xiaobo, in carcere con una condanna a 11 anni. “Lo status della Cina come seconda economia mondiale le impone delle responsabilità" ha commentato il presidente del Comitato per il Nobel, spiegando le motivazione dell’assegnazione del prestigioso riconoscimento a Liu Xiaobo.