Corre l'anno 2030: quando le biotecnologie salveranno il mondo
- conoscenza avanzata dei geni e dello sviluppo di cellule complesse
- biomasse rinnovabili
- integrazione trasversale delle applicazioni di biotecnologie in settori differenti.
Numerosi i fattori in grado di trainare la bioeconomia emergente, creando nuove opportunità di investimenti. Se da un lato contribuiscono a vincere la sfida della sostenibilità ambientale, dall’altro le biotecnologie possono svolgere un ruolo chiave nell’incremento del reddito pro capite nei paesi in via di sviluppo.
Gli ultimi trend, soprattutto alla luce delle recenti conquiste nel campo dell’educazione in Cina e in India, indicano non solo che la bioeconomia diventerà un fenomeno globale, ma anche che i paesi in via di sviluppo rappresenteranno i principali mercati per le biotecnologie nei settori produttivi primari (agricoltura, silvicoltura e pesca) e nell’industria. Questi paesi contribuiranno, entro il 2030, ad un incremento demografico del 97%, che porterà la popolazione mondiale a 8,3 miliardi di abitanti. Sono gli stessi paesi che soffrono maggiormente l’aumento dei prezzi delle derrate alimentari e la carenza di quel bene primario che è l’acqua. Nel 2030, infatti, si stima che il 73% della popolazione mondiale avrà difficoltà nell’accesso all’acqua.
Un incremento della domanda energetica, unitamente alle misure per ridurre i gas serra, potrebbe aprire le porte al mercato ai biocarburanti.
Il futuro del settore della sanità è quello più incerto, a causa delle forti pressioni economiche e tecnologiche. Quel che è certo è che una maggiore protezione della proprietà intellettuale potrebbe incoraggiare la condivisione dei saperi ed i meccanismi di collaborazione nella ricerca scientifica, come i consorzi e i cosiddetti “patent pool”. Il ruolo dei brevetti, infatti, è di gran lunga più importante nel settore della salute, che in quello industriale.
L’Ocse individua due nuovi modelli di business:
- un modello di collaborazione per condividere le conoscenze e ridurre i costi della ricerca
- un modello di integrazione per creare e sostenere i mercati.
L’adozione di questi modelli, assieme a nuove opportunità di business per la coltivazione di biomasse non alimentari, può sostenere le piccole aziende di biotecnologie specializzate nelle produzioni primarie e nei settori industriali. Nell’ambito delle biotecnologie della salute, i modelli integrati possono contribuire allo sviluppo della prevenzione, soprattutto per quanto riguarda i biomarker, la farmacogenetica, l’analisi dei dati complessi. Le stime dicono che, realisticamente, nel 2030 le biotecnologie contribuiranno al 2,7% del Pil dei Paesi dell’Ocse.
Sul versante delle politiche pubbliche l’Ocse traccia due scenari.
- Una visione più ottimistica vede nel cambiamento del sistema di finanziamento della sanità un rapido sostegno alla medicina rigenerativa.
- Nell’altro scenario ipotizzato, invece, le politiche pubbliche non riusciranno ad incrementare il loro potenziale.
C’è infatti bisogno di semplificare il quadro regolatorio, di incoraggiare l’uso delle biotecnologie per soddisfare i bisogni alimentari del paesi in via di sviluppo, di coordinare al meglio gli obiettivi pubblici con quelli del settore privato. Nondimeno è impossibile dimenticare la crucialità del fattore etico-religioso, che spesso ha influenzato l'opinione pubblica e frenato l’utilizzo delle biotecnologie. I casi più controversi riguardano la clonazione genetica e la ricerca sulle cellule embrionali. Infine l’Ocse ritiene imprescindibile la collaborazione internazionale, da un lato perché i maggiori benefici delle biotecnologie riguarderanno i paesi in via si sviluppo, dall’altro perché i cambiamenti climatici possono essere combattuti soltanto attraverso un impegno globale.(Alessandra Flora)