Insolvenza imprese: la Commissione Ue chiede ai cittadini come gestirla
Quale dovrebbe essere l'approccio delle istituzioni europee di fronte al fallimento e all'insolvenza delle imprese? E' la domanda cui sono invitati a rispondere i cittadini europei e gli altri soggetti interessati, attraverso una consultazione pubblica lanciata in queste ore dalla Commissione europea. Obiettivo dell'iniziativa è elaborare un quadro di azioni che aiuti le aziende Ue a sopravvivere più facilmente nel contesto di crisi e, in caso di difficoltà, ad avere una seconda possibilità.
La consultazione, aperta fino al prossimo 11 ottobre, nasce dall'esigenza di dare respiro tanto alle imprese Ue – siano esse sane o in difficoltà – quanto ai soggetti loro creditori. Dai dati diffusi dalla Commissione, risulta infatti che il 50% di tutte le imprese non sopravvive ai primi cinque anni di attività. Inoltre, annualmente nell'Ue falliscono in media 200mila aziende, con conseguente perdita di 1,7 milioni di posti di lavoro.
Di fronte a questo scenario, nel dicembre 2012, l'Esecutivo comunitario ha presentato una serie di provvedimenti sull’insolvenza e unacomunicazione su “un nuovo approccio europeo al fallimento delle imprese e all’insolvenza”.
Tra gli aspetti della questione che, secondo Bruxelles, prioritariamente bisogna affrontare:
- la tempistica per la remissione del debito,
- le condizioni per l'apertura della procedura d'insolvenza,
- l'insinuazione al passivo,
- le norme sui piani di ristrutturazione,
Il tutto, sottolinea la Commissione, in vista di una maggiore rapidità e efficienza delle procedure, tutela dei creditori, dei debitori e dei lavoratori, sostegno ai fornitori per il mantenimento della clientela e agli azionisti per la salvaguardia del valore delle società economicamente stabili.
"L'Europa – ha dichiarato la commissaria europea per la Giustizia, Viviane Reding – ha bisogno di una cultura del risanamento e della ripresa per le imprese e i privati solvibili che si trovano in difficoltà finanziarie. Gli imprenditori onesti dovrebbero ricevere una seconda possibilità, per evitare che, se gli affari vanno male, l’insolvenza si trasformi in una sentenza di condanna a vita".
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