La Commissione europea da' il via libera alla Tobin Tax
Lo scorso 28 settembre, in occasione del suo discorso a Strasburgo sullo stato dell’Unione, il presidente José Manuel Durão Barroso ha annunciato che la Commissione europea ha adottato ufficialmente una proposta volta ad introdurre, a partire dal 1° gennaio 2014, un’imposta sulle transazioni finanziarie nei 27 Stati membri dell’UE. In particolare, lo scambio di azioni e obbligazioni sarebbe tassato con un’aliquota dello 0,1%, mentre per i derivati il tasso sarebbe dello 0,01%.
La proposta mira a tassare l’85% delle transazioni tra enti finanziari, mentre cittadini e imprese sarebbero esenti da tale imposta. I prestiti ipotecari, i prestiti bancari, i contratti di assicurazione e altre attività finanziarie, tipicamente svolte da persone fisiche o da piccole imprese, non rientrerebbero nell’ambito di applicazione della proposta.
Una "Tobin Tax", dunque, che Barroso definisce "tassa sulla speculazione, eticamente giusta, tecnicamente fattibile, economicamente sostenibile".
Fu l'economista americano, James Tobin, a suggerire un nuovo sistema per la stabilità valutaria internazionale, nel 1972, nel corso di una conferenza all’Università di Princeton, con l'obiettivo di tassare, e quindi, di disincentivare le speculazioni valutarie a breve termine, volte ad arricchire chi sfruttava il sistema dei tassi di cambio e, contemporaneamente, di procurare delle entrate da destinare alla comunità internazionale.
Oggi, la decisione di proporre una nuova imposta sulle transazioni finanziarie ha una duplice motivazione:
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da un lato, questa tassa farebbe sì che il settore finanziario, attualmente meno tassato rispetto ad altri, fornisca il giusto contributo per far fronte ai costi della crisi economica, in un contesto di risanamento di bilancio negli Stati membri. Si genererebbe, infatti, un gettito fiscale supplementare a sostegno delle finanze pubbliche, di circa 55 miliardi di euro, condiviso tra UE e Stati membri: parte sarebbe impiegato come risorsa propria dell’UE, parte, invece, per incrementare gli introiti degli Stati membri, che avrebbero la facoltà fissare in modo discrezionale le aliquote della tassa da applicare (senza scendere sotto il livello minimo stabilito dalla direttiva);
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dall'altro, l’introduzione di nuove aliquote fiscali minime e l’armonizzazione delle relative disposizioni fiscali in seno all’UE contribuirebbe a rafforzare il mercato unico dell’Unione. L’imposta aiuterebbe in tal modo a ridurre le distorsioni della concorrenza nel mercato, scoraggerebbe attività di negoziazione ad alto rischio e integrerebbe gli interventi di regolamentazione volti a prevenire future crisi.
Algirdas Šemeta, commissario per la Fiscalità e l’unione doganale, l’audit interno e la lotta antifrode, ha dichiarato: "Con la sua proposta l'Unione europea assumerà il ruolo di precursore nell’applicazione globale di un’imposta sulle transazioni finanziarie. Il nostro progetto è solido e concreto. Sono fermamente convinto che quest’imposta possa soddisfare le aspettative dei cittadini europei, chiedendo un giusto contributo al settore finanziario. Sono fiducioso sul fatto che i nostri partner in seno al G20 riconoscano l’utilità di questo percorso".
Tuttavia, la tassa non ha finora ricevuto il plauso di Regno Unito, Olanda e Stati Uniti. Favorevoli, invece, alla sua introduzione i governi italiano, francese e tedesco.
La questione sarà discussa dagli Stati membri, nel quadro del Consiglio dei ministri dell’UE, e verrà inserita nell’agenda del G20, in programma il prossimo novembre.