Filiere agroalimentari: come cambia l’eCommerce in Italia? Intervista a Roberto Liscia, presidente Netcomm
Dall'impatto della pandemia Covid-19 sugli acquisti online dei prodotti alimentari alle nuove sfide delle imprese italiane con la duplice transizione verde e digitale. Ne abbiamo parlato con Roberto Liscia, presidente di Netcomm, il consorzio del commercio digitale italiano.
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Partendo dai dati presentati durante la quinta edizione del Netcomm Focus Food, quale impatto ha avuto la pandemia Covid-19 sulla transizione digitale delle filiere agroalimentari?
Con la pandemia e la diffusione dello smart working, negli ultimi anni è cresciuto il numero di italiani che effettuano acquisti online, raggiungendo la soglia di circa 34 milioni di acquirenti digitali.
Allo stesso tempo è aumentata la predisposizione all’acquisto di cibo online da parte degli italiani, facendo fare così un balzo in avanti al nostro paese.
Con riferimento alla grande distribuzione organizzata (GDO), prima eravamo il fanalino di coda rispetto ad altri paesi, mentre ora siamo arrivati in quarta posizione, con il 2,3% di acquisti di food online.
Se poi, oltre al 2,3% della GDO prendiamo in considerazione tutto il food, la penetrazione di acquisto online ha raggiunto il 3,5%.
La situazione italiana è quindi in forte evoluzione, perché di fatto gli italiani si sono abituati ad utilizzare tutti gli strumenti online usati anche per l’acquisto di altri prodotti.
Su 25 milioni di famiglie, il 42,4% ha acquistato prodotti alimentari online, con una crescita di 8 punti percentuali rispetto al periodo pre-Covid.
Da un punto di vista geografico, la crescita più consistente è avvenuta al Sud, più precisamente nelle regioni che rientrano nell'area 4 della ripartizione geografica creata dalla società Nielsen: Abruzzo, Molise, Puglia, Campania, Basilicata, Calabria e Sicilia.
Se poi guardiamo agli acquisti online di beni di largo consumo (Fast-moving consumer goods - FMCG) la crescita del fatturato nel 2022 è stata del 9%.
Alla luce di questi dati possiamo quindi dire che c’è una rivoluzione in atto da parte delle famiglie, che vede nel digitale una forma importante di approvvigionamento di prodotti alimentari.
Tuttavia il nostro paese è in ritardo per la frequenza con cui gli italiani acquistano online, complice da un lato il ritorno allo shopping nei punti vendita fisici e dall’altro la disponibilità granulare e locale di negozi alimentari nel territorio italiano.
E’ quanto emerge dai dati dell’Osservatorio Digital Netcomm FMCG, realizzato in collaborazione con NielsenIQ, e dell’Osservatorio FMCG e-commerce: Prezzi e Assortimenti (in collaborazione con Qberg), che abbiamo presentato il 27 ottobre a Netcomm Focus Food, a Milano.
Se da un lato, infatti, per l’eCommerce nel Grocery siamo arrivati ad una penetrazione alta del numero di acquirenti - pari al 42% rispetto al 57% del Regno Unito - dall’altro la frequenza di acquisti online è ancora bassa, con una famiglia italiana che acquista cibo online in media 6,8 volte all’anno contro le 15,8 volte di una famiglia inglese. Di conseguenza anche la quota di mercato resta bassa: 3,5% dell’Italia contro il 12,2% del Regno Unito.
Questi dati ci fanno capire che - soprattutto oggi che siamo tornati agli acquisti nei negozi fisici - non è ancora entrato nell’abitudine corrente degli italiani l'acquisto routinario di prodotti alimentari tramite i servizi di shopping online.
Dai due Osservatori è poi emersa una differenza in termini di offerta, tra i prodotti alimentari - molto legati alla grande distribuzione, come Esselunga e Carrefour - e gli altri settori (personal care, pet care, ecc) dove gran parte dell’offerta è legata ai nuovi player, anche del settore digitale.
In prospettiva quello che mi aspetto è una maggior integrazione - sia in termini di prodotti che di società - tra questi due comparti, affinché si crei un unico sistema per andare incontro a ciò che sicuramente succederà in Italia, ossia l’aumento delle frequenza di acquisti online.
Tra i fattori che hanno un impatto importante sulla frequenza degli acquisti online ci sono i costi che i produttori e i distributori devono sostenere per la logistica.
Mentre in Francia il ‘click and collect’ (il servizio che consente di comprare un prodotto online per poi ritirarlo in negozio) è stato l’elemento più che trainante nella crescita dei consumi alimentari online, in Italia c’è ancora una forte presenza della consegna a casa che comporta costi elevati per i distributori.
Da un'analisi che abbiamo fatto sui prezzi, oggi mediamente il prezzo del carrello online è circa 5,8% più caro che non il prezzo del carrello in un negozio fisico; questo è un elemento di deterrenza alla crescita della frequenza di acquisto online.
Lato finanza agevolata: su quali investimenti dovrebbero concentrarsi gli incentivi (es: crediti d’imposta, voucher digitali, ecc) per sostenere la digitalizzazione delle imprese?
Sono necessari finanziamenti per sostenere la transizione digitale delle imprese, con particolare attenzione agli investimenti per il passaggio a piattaforme di ecommerce e strumenti di marketing digitale, sia per l’acquisizione e lo sviluppo di nuove tecnologie digitali che per il rafforzamento delle competenze digitali.
eCommerce e digital export dei prodotti agroalimentari: quali sono le sfide e le opportunità per le imprese italiane, soprattutto le più piccole?
Sicuramente giocheranno un ruolo sempre più importante i marketplace, perché sono una cerniera importante tra l’offerta dei piccoli e dei grandi ‘sistemi paese’, come Cina e Stati Uniti.
Il vero problema è che i ‘sistemi paese’ piccoli hanno bisogno di competenze e risorse per poter investire su logistica, magazzinaggio, instradamento dei prodotti e soprattutto marketing. I finanziamenti devono quindi andare verso la creazione di consorzi d’impresa per facilitare l’aggregazione e l’investimento condiviso.
Esiste una bussola per le micro, piccole e medie imprese da seguire per decidere se sia meglio sviluppare un eCommerce di proprietà oppure appoggiarsi ad un marketplace, come Amazon o Alibaba?
Non è un’alternativa, tutti i canali devono andare di pari passo in funzione delle strategie di mercato. In realtà non c’è una scelta tra un canale e l’altro; spetta ad ogni azienda - anche la più piccola - fare un ragionamento strategico per capire come intende gestire la relazione con il mercato e con i clienti.
A livello nazionale ed europeo, quali strategie sono necessarie per garantire la crescita e lo sviluppo sostenibile delle filiere Food & Grocery?
Sappiamo che le filiere Food & Grocery hanno un grande impatto ambientale, che necessita di un’analisi puntuale di tutte le varie componenti della value chain, a partire ovviamente della produzione, che deve essere il più possibile sostenibile.
Pensiamo ad esempio all’agritech, che sta apportando un cambiamento epocale sui processi produttivi agroalimentari grazie all’adozione di tecnologie innovative.
Nel campo del packaging e della logistica, poi, ci sono continue evoluzioni sia sul fronte dei materiali che degli elementi di automazione della logistica intermedia, che stanno cambiando la natura stessa dei processi produttivi.
C’è inoltre tutto il tema della gestione del demand management lato consumatore finale - che sta andando verso una gestione ottimale della filiera per evitare gli sprechi intermedi - per poi arrivare alla questione della velocità che, in particolare nel food, è importante sia per la deperibilità dei prodotti che per l’esigenza del consumatore.
Non ultima l’attenzione all’automazione, ai big data, alla blockchain e all’informatizzazione dei processi, elementi che - se gestiti in maniera integrata - possono permettere una gestione dei tempi coerente con le esigenze di sostenibilità e con le attese di servizi da parte del cliente finale.