Intervista con Antonio Tajani: Pmi protagoniste della crescita europea
Se aiutate, le piccole e medie imprese torneranno presto ad essere competitive, nonostante i colpi inferti dalla crisi, e potranno avere un ruolo importante anche nel sostegno della ripresa economica e della stabilità politica in Nord Africa. La chiave di volta sta nell’apertura dei nostri mercati ai paesi terzi, Cina compresa, a condizione di reciprocità. Ad affermarlo è il vicepresidente della Commissione Europea con delega all’industria, Antonio Tajani, in un’intervista in esclusiva disponibile anche in versione video.
Vicepresidente, quali sono le ricadute della recente revisione dello Small Business Act per le Pmi?
Ancora una volta la Commissione Europea ha messo al centro della sua politica economica la crescita del sistema delle Pmi, che rappresenta la rete sanguigna della nostra economia. Se vogliamo uscire definitivamente dalla crisi e creare nuovi posti di lavoro, dobbiamo “puntare sul piccolo” perché la ristrutturazione delle grandi industrie porterà inevitabilmente delle perdite di posti di lavoro. Le Pmi potranno crearne di nuovi, anche se anch’esse, in questi anni, hanno subito dei colpi non indifferenti. Se opportunamente aiutate, esse saranno messe nella condizione di essere competititive e saranno in grado di dare una risposta positiva.
Lo Small Business Act (SBA) varato dalla Commissione nel 2008 rappresenta un documento molto importante per il sostegno delle Pmi ed è stato già in gran parte attuato, soprattutto per quanto riguarda la direttiva sui ritardi dei pagamenti da parte delle Pubbliche Amministrazioni, che entro il 2012 dovrà essere recepita da tutti gli stati membri dell’UE, rimettendo in circolazione 180 miliardi di euro.
Ora, con l’approvazione dell’aggiornamento dello SBA, abbiamo nominato un ambasciatore comunitario per le Pmi – Daniel Calleja Crespo – che verificherà l’applicazione dello SBA da parte degli Stati membri. A loro volta questi ultimi nomineranno quanto prima il loro ambasciatore nazionale. Ma lo SBA non è solo questo. Stiamo lavorando ad una semplificazione per far nascere un impresa in un lasso di tempo massimo di tre giorni e con un limite di spesa di 100 euro. Alle imprese che sono fallite vogliamo dare una seconda chance, affinchè nel giro di tre anni possano ritornare ad operare. Gli altri punti fondamentali sono l’accesso al credito, soprattutto al venture capital e l’internazionalizzazione. Attraverso i cluster e le reti permetteremo alle imprese di essere presenti al di là dei confini dell’UE. Dobbiamo mettere le Pmi nelle condizioni di essere protagoniste della crescita economica.
Qual è l’impegno della Commissione affinchè la crisi in Nord Africa non impatti negativamente sulle imprese europee che operano in questa area geografica?
Dobbiamo accompagnare la nascita delle nuove democrazie, permettere ai sistemi politici che stanno emergendo in paesi come l’Egitto e la Tunisia di consolidarsi e aiutarli a rimettere in piedi le loro economie. La stabilità politica può e deve essere sostenuta anche con la partecipazione delle Pmi alle iniziative economiche di questi paesi. Stiamo valutando tutte le possibilità, ma per questo è necessario ridurre l’immigrazione clandestina e combattere l’estremismo islamico.
Qual è il modo migliore per promuovere il Made in?
Il made in è un tema importante. Da un lato serve per capire da dove provengono i prodotti che vengono importati attraverso una certificazione. Da questo punto di vista si stanno compiendo alcuni passi avanti, anche se alcuni paesi membri non sono favorevoli.
Per quanto riguarda il Made in interno, la legge Reguzzoni-Versace è alla verifica della Commissione, ma ci sono degli aspetti che non funzionano perché non sono in sintonia con le norme sul mercato interno. C’è poi da dire che l’Ungheria e la Francia si sono opposti al riconoscimento della Reguzzoni-Versace, ma l’Italia su questo punto sta collaborando con la Commissione. Mi auguro che il principio della tutela dei nostri prodotti possa essere introdotto in tempi abbastanza rapidi in tutta l’UE, nonostante le resistenze di alcuni paesi che non riconoscono il Made in come una scelta prioritaria.
Per quanto riguarda i rapporti con la Cina, l’UE deve scegliere la strada del protezionismo o dell’apertura?
La scelta non può essere il protezionismo. L’apertura dei nostri mercati, a condizione di reciprocità è la scelta migliore. Dobbiamo spalancare le porte a chi vuole investire da noi, ma nel rispetto delle regole. Investire significa avviare attività commerciali, partecipare alla crescita economica dell’Europa, ricavandone anche degli utili. Non sono d’accordo quando gli investimenti sono finalizzati a portarsi via il know-how europeo.
Lo scorso anno il suo impegno si è focalizzato sull’industria turistica europea. Quali saranno i passi successivi?
Stiamo lavorando intensamente affinchè la classe media cinese, composta da circa 250 milioni di persone e le decine di milioni di benestanti russi scelgano l’UE come luogo di villeggiatura. Da questo punto di vista bisogna risolvere il problema dei visti. Abbiamo deciso con la presidenza di turno ungherese e con l’impegno del governo greco di riunire in un consiglio informale i ministri del tursimo per esaminare la questione dei visti e individuare le soluzioni da proporre ai governi. L’obiettivo è quello di accelerare l’ingresso di turisti provenienti da paesi non a rischio come la Cina e la federazione Russa.