Bilancio UE post 2020: quale futuro per la Politica di Coesione
Il futuro della Politica di Coesione è stato al centro del Consiglio Affari generali di giovedì, l'ultimo prima del 2 maggio, quando la Commissione europea presenterà le sue proposte per il Quadro finanziario pluriennale post 2020. Tanti i temi che animeranno il negoziato, a cominciare dai possibili tagli ai fondi strutturali e di investimento europei.
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Il 9 marzo si è chiusa la consultazione pubblica lanciata a gennaio dalla Commissione europea per raccogliere il punto di vista di cittadini e stakeholder sulla Politica di Coesione. Attraverso la consultazione la Commissione ha raccolto pareri sui risultati e i limiti della Politica di Coesione, sulle possibili sinergie con altri strumenti di finanziamento UE e sulle priorità strategiche per la prossima programmazione.
Le risposte raccolte mediante la consultazione pubblica contribuiranno, insieme ai vari momenti di confronto promossi dalla Commissione, alle proposte dell'Esecutivo comunitario per il Quadro finanziario pluriennale post 2020, attese per il 2 maggio, e per la prossima generazione di programmi finanziari dell'Unione.
Giovedì in Lussemburgo si è tenuto l'ultimo Consiglio Affari generali prima delle proposte dell'Esecutivo UE, che ha visto la commissaria per la Politica regionale Corina Cretu ribadire l'importanza di garantire i finanziamenti europei a tutte le regioni e gli Stati membri divisi sull'aumento dei contributi al bilancio europeo per evitare il taglio dei fondi della Coesione.
Italia, Germania, Francia e Spagna concordano sulla necessità di garantire alla Coesione risorse sufficienti a coprire tutte le Regioni nel QFP post 2020, ha fatto sapere il ministro per la Coesione territoriale, Claudio De Vincenti, che ha rilanciato la proposta di collegare l'accesso ai fondi UE al rispetto dei principi di solidarietà da parte degli Stati membri.
Gli scenari per il Bilancio UE
Attualmente la Politica di Coesione mobilita investimenti per oltre 480 miliardi di euro (371,4 miliardi dal QFP), che dovrebbero tradursi, nel settennato 2014-2020, in oltre un milione di imprese sovvenzionate, 42 milioni di cittadini che hanno accesso a migliori servizi sanitari, 25 milioni di cittadini che beneficeranno della prevenzione dalle inondazioni e dagli incendi, quasi 17 milioni in più di cittadini dell’UE allacciati a impianti di trattamento delle acque reflue, 15 milioni di famiglie in più con accesso alla banda larga, e oltre 420 mila nuovi posti di lavoro.
Nell'orizzonte post 2020 il Quadro finanziario pluriennale dovrebbe continuare a rendere l’economia europea più forte e più resiliente, promuovendo la competitività a lungo termine, la sostenibilità e la coesione sociale e territoriale. Allo stesso tempo, il deficit a livello di finanze dell’UE generato dall’uscita del Regno Unito, insieme alle esigenze di finanziamento di nuove priorità comuni - dalla sicurezza alla pressione migratoria, dai cambiamenti climatici alla digitalizzazione - impongono una riflessione sull'allocazione delle risorse dell'Unione e sul futuro di politiche tradizionali come la Coesione, per fare in modo che ogni euro speso a livello UE assicuri effettivamente un valore aggiunto.
Questi temi sono al centro del documento di riflessione sul futuro delle finanze UE, pubblicato a giugno dalla Commissione europea, che sulla base dei cinque scenari prospettati dal Libro bianco sul futuro dell'Unione delinea altrettante opzioni per la Politica di Coesione.
Alla vigilia del vertice informale tra i capi di Stato e di Governo dell'Unione del 23 febbraio scorso, la Commissione europea ha pubblicato una comunicazione sul futuro del bilancio dell'Unione, che sviluppa ancora più in dettaglio i possibili scenari per la Politica di Coesione nel Quadro finanziario pluriennale post 2020, indicando tre opzioni:
- il mantenimento dello status quo, cioè circa 370 miliardi di euro (quasi il 35% del bilancio UE), e la conferma del sostegno a tutte le regioni europee;
- il taglio di un quarto dei fondi, circa 95 miliardi di euro in meno, destinando gli aiuti alle sole regioni meno sviluppate (nel caso dell'Italia quelle del Mezzogiorno);
- il taglio di un terzo dei fondi, circa 124 miliardi in meno, per assicurare il sostegno alle sole regioni dei paesi meno sviluppati, sostanzialmente quelli dell'Est Europa.
Più recentemente, in occasione della consegna delle prime firme raccolte dall'Alleanza europea per la coesione, il commissario europeo per il Bilancio e le Risorse umane Günther Oettinger si è espresso a favore di tagli più modesti rispetto a quelli prospettati dal documento, intorno al 5%.
> Quadro finanziario pluriennale – gli scenari per il bilancio UE post 2020
I limiti della Politica di Coesione 2014-2020
I diversi scenari relativi alla dotazione finanziaria non sono gli unici temi al centro del dibattito sulla riforma della Politica di Coesione post 2020, che invece investe gli obiettivi strategici dei fondi strutturali europei, le modalità di gestione, rendicontazione e controllo della spesa, la capacità di reagire e crisi ed eventi imprevisti ed il collegamento tra gli investimenti europei e le riforme strutturali degli Stati membri.
Nella programmazione 2014-2020 sono stati compiuti sforzi rilevanti per aumentare la concentrazione delle risorse sulle principali priorità europee e migliorare il quadro economico, giuridico e istituzionale generale per gli investimenti attraverso le condizionalità ex ante, e negli anni della crisi i fondi europei hanno compensato efficacemente il calo degli investimenti nazionali e regionali.
La Settima relazione sulla Coesione rivela, tuttavia, che i divari tra le regioni UE sono in aumento e che l'efficacia della spesa dovrebbe essere ulteriormente migliorata. Molte regioni europee sono bloccate in quella che la Commissione definisce la "trappola del reddito medio", mentre altre hanno sopportato i costi della globalizzazione senza però ricavarne vantaggi, spesso con forti perdite di posti di lavoro e senza riuscire a compiere la trasformazione industriale.
La relazione finale del gruppo ad alto livello sulla semplificazione, inoltre, segnala la necessità di armonizzare le norme dei diversi fondi e strumenti dell'UE per quanto riguarda gli aiuti di Stato, gli appalti pubblici e i metodi di rimborso dei costi, dal momento che la pluralità di regole ostacola le sinergie tra gli strumenti e l'accesso al sostegno da parte di piccole imprese e startup. Anche il quadro di governance dovrebbe essere semplificato, per evitare ritardi nell'attuazione dei programmi e nella realizzazione di progetti, e reso più flessibile, per reagire rapidamente a crisi ed eventi imprevisti.
Le prime proposte della Commissione europea
Nella settima relazione sulla Politica di Coesione e nel documento di riflessione sul futuro del bilancio UE la Commissione europea ha messo sul tavolo alcune possibili proposte dirette a rendere più efficace la spesa e a massimizzare l’impatto degli investimenti.
Comune è, ad esempio, la raccomandazione a concentrare le risorse su priorità di investimento che garantiscano un valore aggiunto a livello europeo, come ricerca e innovazione, occupazione giovanile, transizione energetica, sostegno alle PMI. Sul fronte della semplificazione, maggiore coerenza potrebbe essere ottenuta mediante l'adozione di un regolamento comune alla Politica di Coesione e ad altri strumenti di finanziamento europei, come il Programma quadro per la ricerca e l'innovazione e il Meccanismo per collegare l’Europa.
Per migliorare la flessibilità e la capacità di risposta in caso di emergenze e crisi impreviste, si ipotizza la previsione di una quota di risorse non allocate, mentre per facilitare la transizione tra i periodi di programmazione si pensa a regole più severe per il disimpegno dei fondi, all'abbreviamento delle procedure per la chiusura dei Programmi operativi e all'accelerazione dei processi di nomina delle Autorità di gestione.
Un migliore coordinamento degli strumenti a disposizione e un maggiore coinvolgimento della Commissione, sul modello dell’iniziativa per le regioni in ritardo di sviluppo che anche in Italia ha contribuito a bloccare la spesa nelle regioni del Mezzogiorno, sono alcune delle proposte dirette ad affrontare le carenze della capacità amministrativa e la scarsa qualità istituzionale riscontrate in diverse regioni europee.
Tra le ipotesi vi è poi l'aumento dei livelli di cofinanziamento nazionale della Politica di Coesione, al fine di calibrarli meglio sui diversi paesi e regioni, aumentando la titolarità e la responsabilità. Parallelamente, la Commissione valuta la possibilità di rivedere i criteri di allocazione dei fondi tra gli Stati membri, alla luce delle nuove sfide che l'Unione si trova ad affrontare, introducendo indicatori quali l'occupazione, i livelli demografici, l'impatto dei flussi migratori.
L'Esecutivo sta inoltre studiando possibili incentivi per incoraggiare i governi e le amministrazioni a tutti i livelli a rimuovere attraverso riforme strutturali gli ostacoli che frenano gli investimenti e che spesso vanificano anche gli interventi finanziati dai fondi europei. Il collegamento tra la Politica di Coesione, la governance economica e il Semestre europeo potrebbe essere rafforzato, così come il collegamento tra l'accesso ai fondi europei e il rispetto dei principi fondamentali dell'Unione.
Infine, vi è il tema dell'attenzione ai risultati, che dal punto di vista della Commissione passa anche per l'individuazione delle forme di finanziamento più innovative e adatte ai diversi contesti, con l’obiettivo di riuscire a fare di più con meno. Secondo la Commissione le sovvenzioni dovrebbero essere mantenute per gli interventi che non generano profitti e nei contesti in cui rappresentano l'unica forma di finanziamento disponibile, ma l'uso degli strumenti finanziari – come prestiti, garanzie, equity – dovrebbe essere promosso ovunque possibile, a fronte di valutazioni di impatto che ne giustifichino la necessità, per attrarre capitali privati e moltiplicare, tramite l'effetto leva, il volume degli investimenti.
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Le richieste del Parlamento europeo
Con la risoluzione a cura dell'europarlamentare Kerstin Westphal (S&D), approvata nel giugno 2017, e con quella dell'eurodeputato PPE Marc Joulaud sulla Settima relazione sulla Coesione, approvata in commissione Sviluppo regionale a marzo, il Parlamento europeo ha chiesto anzitutto che la Politica di Coesione post 2020 possa contare su risorse finanziarie adeguate.
Secondo gli eurodeputati la Politica di Coesione non dovrebbe essere indebolita dal gap finanziario provocato da Brexit e dalle nuove priorità dell'Unione e dovrebbe continuare ad essere accessibile a tutte le regioni europee, mantenendo la propria autonomia rispetto al Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS).
Gli eurodeputati si sono espressi positivamente sull'ipotesi di una riserva finanziaria per gli eventi imprevisti, sulle sinergie con altri fondi e programmi europei e sulla semplificazione delle regole, mentre si sono detti contrari alla condizionalità macroeconomica, che potrebbe bloccare l'accesso al sostegno UE proprio nelle regioni e nei paesi che più avrebbero bisogno di investimenti pubblici.
Cautela anche sugli strumenti finanziari: secondo il Parlamento, le sovvenzioni dovrebbero continuare ad essere la forma di finanziamento prevalente nella Politica di Coesione, dal momento che gli strumenti finanziari funzionano soprattutto nelle regioni avanzate e nelle aree metropolitane, dove i mercati finanziari sono più sviluppati, e meno nelle regioni con ritardi strutturali, bassa densità di popolazione ed elevati livelli di disoccupazione.
Questo non significa che il ricorso agli strumenti finanziari non debba essere perseguito. Al contrario, secondo gli eurodeputati, le regole sugli aiuti di Stato dovrebbero essere riviste per semplificare la combinazione di contributi e strumenti finanziari e le pratiche di assistenza tecnica, come quelle fornite dalla Commissione e dal Gruppo BEI attraverso la piattaforma Fi-Compass. Inoltre dovrebbero essere potenziati i servizi di supporto in loco e formazione sia per le Autorità di gestione che per i beneficiari.
Il Parlamento chiede infine di prestare maggiore attenzione alle esigenze e alle specificità di ciascun territorio, in particolare alle problematiche peri-urbane e rurali, e di garantire fondi adeguati alla cooperazione territoriale europea.
> Parlamento UE - Politica Coesione continui a finanziare tutte le regioni
Le regioni e l’Alleanza per la Coesione
Il punto di vista delle amministrazioni regionali sul futuro della Politica di Coesione è ben riassunto dal lancio di un’iniziativa comune, la Cohesion Alliance, piattaforma promossa dal Comitato europeo delle regioni, cui aderisce anche la Conferenza delle regioni italiane.
Convinti del valore aggiunto della Politica di Coesione e del suo fondamentale contributo al superamento della crisi economica e alla creazione delle condizioni per la crescita, i membri dell’Alleanza hanno lanciato un manifesto in nove punti e invitato tutti coloro che lo condividono - governi nazionali, amministrazioni locali e regionali, PMI, ONG, scuole, università e organizzazioni culturali - ad aderire all’iniziativa.
Secondo la Cohesion Alliance, la Politica di Coesione:
- funziona come politica di investimento a lungo termine per tutte le regioni europee, con l'obiettivo di sostenere la crescita e l'occupazione a livello locale e regionale, promuovendo soluzioni innovative per sfide quali i cambiamenti climatici e la transizione energetica, per l'inclusione sociale e per la cooperazione transfrontaliera, transnazionale e interregionale;
- è più che mai necessaria in quanto espressione della solidarietà europea per superare le disparità economiche, sociali e territoriali, dato che essa offre a tutti i cittadini, ovunque essi vivano in Europa, la possibilità concreta di sperimentare i vantaggi dell'Unione europea;
- deve essere presentata meglio, nelle azioni di comunicazione, come la politica dell'UE attuata al livello più vicino ai cittadini e con un impatto diretto sulla loro vita quotidiana;
- deve continuare ad essere una politica efficace e dotata di risorse sufficienti, pari ad almeno un terzo del futuro bilancio dell'UE, da erogare tramite sovvenzioni e, laddove opportuno, attraverso strumenti finanziari;
- deve essere basata sui fondi strutturali e d'investimento europei (fondi SIE) esistenti, con una serie di disposizioni comuni;
- richiede il rafforzamento del principio di partenariato e dell'approccio basato sul territorio, consolidando il ruolo fondamentale degli enti locali e regionali mediante un coinvolgimento attivo delle comunità urbane e rurali e la promozione di strumenti per incentivare e sostenere lo sviluppo locale tramite strategie integrate;
- deve essere coordinata meglio e messa in condizioni di parità con le altre politiche dell'UE, tenendo conto delle caratteristiche specifiche dei comuni, delle città e delle regioni dell'Unione europea;
- non deve essere soggetta a condizionalità stabilite a livello europeo, il cui rispetto non dipende in alcun modo dagli enti locali e regionali né da altri beneficiari;
- deve essere semplificata e migliorata, sulla base di una maggiore fiducia reciproca tra i diversi livelli di governo responsabili dell'attuazione dei fondi e di un approccio più flessibile e differenziato.
> Le Regioni italiane aderiscono all'Alleanza per la coesione
Il position paper dell'Italia
Molti dei nodi tematici richiamati dai documenti della Commissione e del Parlamento e dall’Alleanza per la Coesione sono presenti anche nel position paper elaborato dal Governo italiano, che si sofferma anzitutto sul nodo delle risorse.
I fondi della Coesione dovrebbero essere distinti da quelli necessari a gestire le nuove sfide dell'Unione, sul fronte della sicurezza, della pressione migratoria e della difesa, ed essere destinati soprattutto ai cosiddetti “beni pubblici europei”, cioè l'innovazione e la competitività delle imprese, le infrastrutture energetiche, dei trasporti e delle telecomunicazioni, il contrasto alla disoccupazione, il rafforzamento delle capacità di istituzionali, la lotta alla povertà, la mitigazione dei cambiamenti climatici.
I criteri di ripartizione dei finanziamenti, secondo il documento, dovrebbero tenere conto dei differenti contesti territoriali, affiancando alla comparazione del reddito pro capite anche altri indicatori, a cominciare dalla disoccupazione giovanile e dal livello di povertà, che segnalano i divari esistenti tra le regioni europee.
L'Italia sostiene poi la necessità di legare l'accesso ai fondi europei al rispetto dei valori e dei diritti fondamentali dell'Unione, introducendo un'apposita condizionalità che penalizzi chi viene meno al principio della solidarietà tra gli Stati membri, a partire dalla condivisione degli impegni nella gestione dei flussi migratori e nell’accoglienza di rifugiati e richiedenti asilo.
Per assicurare la coerenza tra la programmazione pluriennale dei fondi SIE e le raccomandazioni specifiche per Paese nell'ambito del Semestre europeo, il documento italiano ipotizza una revisione di medio periodo per finanziare, anche con eventuali risorse aggiuntive, le riforme strutturali negli Stati membri. Il documento italiano sostiene che tali riforme dovrebbero essere incoraggiate attraverso meccanismi premiali collegati alle condizionalità ex ante, e non mediante sanzioni, e chiede il superamento del meccanismo della condizionalità macroeconomica.
L'Italia è contraria anche all'ipotesi di sottrarre la ‘riserva di efficacia’ ai programmi di coesione dello Stato membro per riassegnarle ad altri Stati membri che si impegnino in riforme strutturali. "Questa linea - ha spiegato De Vincenti durante il Consiglio Affari generali - finirebbe infatti per premiare chi non ha ancora realizzato riforme, con un effetto di incentivo perverso e inoltre costituirebbe un ‘non sequitur’ logico, in quanto per l’Europa gli investimenti che colmano ritardi di sviluppo sono importanti quanto le riforme strutturali".
Altro punto cardine della posizione italiana è quello relativo allo scorporo del cofinanziamento nazionale dei fondi SIE dal calcolo ai fini del rispetto dei vincoli del patto di stabilità e crescita. Dal momento che la Politica di Coesione persegue obiettivi europei, secondo il paper il cofinanziamento nazionale dei fondi europei dovrebbe essere riconosciuto come un investimento a vantaggio della crescita dell'intera UE.
Quanto alla ricerca di sinergie tra fondi strutturali e Piano Juncker, il documento italiano sostiene la necessità di tenere conto della specificità dei diversi strumenti e salvaguardare le finalità della Coesione, così come di preservare le tradizionali sovvenzioni, più adatte alle esigenze di territori che difficilmente possono attrarre i capitali privati necessari per il successo degli strumenti finanziari.
Il documento propone poi di migliorare l'orientamento ai risultati e di prevedere regole più semplici ed omogenee per tutti i fondi europei. Sulla governance, infine, il position paper difende l'idea di una struttura decisionale dei fondi SIE bilanciata tra i diversi attori, che valorizzi, acconto al ruolo dello Stato centrale, quello delle regioni e delle autonomie locali.
> Politica Coesione: De Vincenti presenta la posizione italiana
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