Horizon 2020 - entro meta' ottobre adozione Work Programme ICT 2016-2017
Per l'Italia la sfida è aumentare il numero di progetti finanziati dalla Commissione Ue
Tra il 2014 e il 2015 il tasso di successo dei progetti italiani proposti nell'ambito delle call per l'ICT di Horizon 2020 non ha superato il 13%. Durante un incontro sulla bozza del nuovo Programma di lavoro per il settore, Annalisa Bogliolo della DG Connect della Commissione europea e Paola Inverardi, rettore dell’Università degli Studi dell’Aquila e rappresentante nazionale all'interno del Comitato ICT in H2020, hanno fornito alcuni suggerimenti per ottenere risultati migliori nel corso del prossimo biennio.
I temi del WP ICT 2016-2017
In base alla bozza del Work Programme anticipata dalla Commissione il budget a disposizione per l'ICT ammonta a oltre 1,5 miliardi di euro, di cui circa 763 milioni di euro per il 2016 e più di 807 milioni di euro per il 2017.
Gli argomenti (topic) delle call ICT sono:
- Componenti e sistemi;
- Advanced computing e cloud computing;
- Future internet;
- Content;
- Robotics e autonomous systems;
- Key enabling technologies;
- Innovation and entrepreneurship support;
- Responsibility and Creativity;
- International Cooperation Activities.
In aggiunta alle attività di cooperazione internazionale con i Paesi terzi, il Programma prevede anche tre call congiunte, rispettivamente Ue-Brasile, Ue-Giappone e Ue-Sud Corea.
Valutare l'impatto dei progetti
Alla luce dell'esperienza del biennio 2014-2015, che ha visto una sproporzione tra le proposte presentate e quelle effettivamente finanziate, il nuovo Programma di lavoro, ha spiegato Annalisa Bogliolo, introduce alcune novità cui i soggetti interessati dovrebbero prestare particolare attenzione.
La prima è la maggiore attenzione riservata alle attività cross-cutting, trasversali cioè a diversi settori di ricerca, che lascia ai proponenti più liberta nella definizione dei progetti. Tra queste rientrano le Focus area Factories of the future, Smart cities e Internet delle cose (IoT).
La seconda novità è rappresentata dallo spazio dedicato nel Work programme a chiarire cosa si intenda per 'impatto atteso', un criterio di selezione dei progetti determinante dal punto di vista della Commissione, ma troppo spesso sottovalutato dai soggetti proponenti.
Proprio al fine di migliorare la comprensione dell'impatto potenziale delle attività di ricerca e innovazione, e in particolare l'accoglienza da parte degli utenti nei confronti dei nuovi prodotti e servizi, il Work programme prevede anche un maggior contributo delle scienze sociali. In questo quadro vanno letti i 15 milioni di euro dedicati al binomio 'Responsabilità e creatività', che si articola in due sotto-temi, uno sull'innovazione responsabile in ambito ICT, l'altro sulle sinergie con artisti e creativi in generale.
Infine, alla luce dei progetti presentati in risposta alle call precedenti, osserva Bogliolo, la raccomandazione ai partecipanti è anche quella di differenziare meglio le azioni di innovazione, che devono essere più vicine allo sbocco sul mercato, da quelle per ricerca e innovazione. Una raccomandazione che vale anche per l'Italia, che finora ha sempre occupato i primi posti nella classifica Ue in termini di partecipazione alle call, ma ha riportato a casa tassi di successo troppo bassi in relazione agli sforzi profusi.
Attenzione ai partner
A fornire il quadro della partecipazione italiana ai bandi è stata Paola Inverardi, che rappresenta l'Italia nel comitato ICT di Horizon 2020.
Nel 2014, ha spiegato Inverardi, con un tasso di successo del 13%, l'Italia si è collocata al terzo posto dopo Germania e Regno Unito per numero di progetti finanziati. Un risultato positivo, ma ancora insufficiente rispetto al numero di proposte presentate. Nel 2015, il success rate è sceso al 12% e dalla terza siamo passati alla quarta posizione nella classifica Ue.
Queste percentuali non sorprendono e sono in linea con difficoltà incontrate dall'Italia anche nell'ambito del Settimo Programma Quadro per la Ricerca, ma diventano ancora più rilevanti, in quanto segnale di un problema strutturale del Paese, se si guarda a un altro dato: nel biennio siamo terzi rispetto ai fondi richiesti, ma siamo quarti per finanziamenti ottenuti.
Secondo Inverardi questo si deve anche al fatto che in Italia la ricerca costa poco. Nei progetti generalmente sono trainanti le università e in quelle italiane dottorandi e ricercatori costano molto meno che negli altri Paesi dell'Unione.
Discorso analogo per i progetti in partenariato con le piccole e medie imprese. Tra i criteri di valutazione previsti da Bruxelles c'è anche quello del budget richiesto per il contributo delle PMI, che in alcuni casi ha discriminato le università che hanno collaborato con imprese italiane, ancora una volta perchè i costi sono inferiori rispetto alle controparti degli altri Stati membri.
Un'università italiana che coinvolge una PMI svedese, che costa di più, ha più probabilità di successo rispetto a un'università che coinvolge una PMI italiana, ha rilevato Inverardi, che ha poi concluso: “Bisogna affrontare il problema del costo del lavoro nella ricerca, altrimenti continueremo a finanziare il lavoro degli altri”.
Link
MISE - finanziamenti per Agroindustria, H2020, ICT e Industria sostenibile
Horizon 2020 - Scienza e societa', bozza Work programme 2016-2017
Author:NASA Goddard Space Flight Center / photo on flickr