Fondi europei per la difesa, BEI, Patto di Stabilità: il Consiglio europeo appoggia ReArm Europe

Photographer: Christophe Licoppe - Copyright: © European Union 2025 - Source: EPIl Consiglio europeo straordinario sulla difesa e la sicurezza si chiude con l'ok di 26 capi di Stato e di Governo alle conclusioni sull'Ucraina, ad eccezione dell'Ungheria di Orban, e con un primo via libera al Piano Rearm Europe, anticipato nei giorni scorsi dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Previste deroghe al Patto di Stabilità per le spese in difesa, l'emissione di debito comune vincolato a finanziamenti per il settore, un ruolo più attivo della BEI, la possibilità di dirottare sulla difesa i fondi europei della Coesione e la mobilitazione di capitali privati, su cui i 27 chiedono di fare di più.

Rearm Europe, cosa prevede il piano da 800 miliardi per la difesa UE

Come da previsioni, il Consiglio europeo straordinario sull'Ucraina e la sicurezza dell'Europa si chiude quindi con una dichiarazione a 26 sui principi che per l'UE devono orientare i negoziati per una pace giusta in Ucraina, mentre vi è sostanziale accordo tra tutti i 27 Stati membri sui contenuti del Piano ReArm Europe, per quanto ancora vaghi in molti punti sostanziali.

Il Consiglio europeo attende ora maggiori dettagli nel Libro bianco per la difesa, che la Commissione europea presenterà il 19 marzo e conterrà “un piano completo su come aumentare la nostra produzione europea di armi e le nostre capacità di difesa”, come spiegato da Ursula von der Leyen nel suo discorso in occasione del terzo anniversario dell’invasione russa in Ucraina. I leader UE si aspettano però che vi siano compresi "ulteriori elementi e opzioni che mirino a incrementare in modo sostanzioso il finanziamento della difesa e a rafforzane la base tecnologica e industriale”, si legge nelle conclusioni del Vertice.

"Il piano Rearm Europe è benvenuto da tutti i leader e sono fiduciosa che sarà usato, i prestiti non saranno magari di interesse per tutti gli Stati membri ma per 20 di loro lo saranno perché avranno interessi migliori", ha dichiarato von der Leyen al termine della riunione.

"Oggi diamo risposte concrete, ci muoviamo verso un'Europa della difesa più sovrana, abbiamo deciso di puntare più in alto, con l'approvazione di un primo pacchetto di proposte", ha detto il presidente del Consiglio europeo António Costa.

Al pacchetto di misure discusso dai leader UE, che sarà di nuovo sul tavolo del Consiglio europeo in una forma più compiuta a fine mese, si aggiungono altre iniziative possibili, tra cui la proposta di un Fondo paneuropeo per la difesa avanzata dal Regno Unito, che ha già deciso un aumento delle sue spese militari dal 2,3% al 2,5% del Pil entro il 2027 (e poi al 3% dopo il 2029). Il Fondo - che potrebbe anche assumere la forma di una Banca per il riarmo, come suggerito dall'ex capo dello Stato maggiore della Difesa britannico Nick Carter – è stato discusso da rappresentanti dell'UE e del Regno Unito sia a margine della riunione dei ministri delle Finanze e dei Governatori delle Banche Centrali del G20 di fine febbraio a Città del Capo, sia con un incontro a Londra il 2 marzo.

Il segretario generale della Nato, Mark Rutte, ha dichiarato recentemente che nei possimi mesi gli Alleati decideranno di quanto aumentare le spese per armamenti, assicurando che si andrà ben oltre il 2% del Pil. Mentre il presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump preme sui membri dell’Alleanza Atlantica affinché arrivino al 5%, pena il disinvestimento USA. Un target fuori portata per gli alleati europei, rispetto al quale però la presidente von der Leyen punta a ridurre la distanza.

Spese per la difesa fuori dal Patto di Stabilità UE

Tra le vie percorribili dall'Unione per aumentare la spesa dei 27 in materia di difesa c'è un intervento sulla governance macroeconomica appena riformata. Una maggiore flessibilità nelle regole di bilancio per i singoli Paesi, allentando i vincoli del Patto di Stabilità per la spesa pubblica destinata a sicurezza e difesa, è la prima proposta messa sul tavolo dalla Commissione con il Piano ReArm Europe.

Bruxelles propone di attivare una clausola di salvaguardia nell'ambito del Patto di stabilità dell'UE, sul modello di quanto fatto in risposta alla pandemia, per permettere ai 27 di portare la loro spesa per la difesa a una media di almeno l'1,5% del Pil, corrispondenti a circa 650 miliardi di euro in un periodo di quattro anni, senza incorrere nella procedura di infrazione europea per disavanzi eccessivi.

Nelle conclusioni del Vertice si legge che il Consiglio “accoglie con favore l'intenzione della Commissione di raccomandare al Consiglio l'attivazione, in modo coordinato, della clausola di salvaguardia nazionale prevista dal patto di stabilità e crescita quale misura immediata, e invita la Commissione a esplorare ulteriori misure, tenendo conto dei pareri del Consiglio, assicurando nel contempo la sostenibilità del debito, al fine di agevolare una significativa spesa per la difesa a livello nazionale in tutti gli Stati membri”.

Di fatto, si tratta della proposta avanzata dall'Italia già nell'ambito dei negoziati sulla riforma della governance macroeconomica europea e allora respinta, che adesso trova il consenso dei 27, ma con il Governo italiano prudente, per almeno due ordini di ragioni. Da una parte, il debito è debito, ai mercati non importa a cosa sia destinato, e l'Italia ha un livello di indebitamento monstre di cui tenere conto. Dall'altra, un'impegno per la difesa pari all'1,5% del Pil corrisponderebbe per l'Italia a circa 30-35 miliardi di euro, l'equivalente di una manovra finanziaria. Privilegiare queste spese, possibili perché fuori dal Patto, mentre si compiono, a prezzo di importanti tagli alla spesa pubblica, gli impegni del Piano strutturale di bilancio rischia di presentare un conto severo alle urne.

Strumento di prestito da 150 miliardi

La seconda strada proposta dalla Commissione è la creazione di uno strumento di prestito da 150 miliardi di euro a sostegno di investimenti in ambiti di capacità paneuropei, dalla difesa aerea e missilistica, a munizioni, droni e sistemi antidrone.

Nelle conclusioni il Consiglio si dice pronto ad esaminare con urgenza “la proposta relativa a un nuovo strumento dell'UE inteso a fornire agli Stati membri prestiti sostenuti dal bilancio dell'UE per un importo fino a concorrenza di 150 miliardi di euro”, ma anche in questo caso è di debito che si parla e i contorni dovranno essere chiariti, o si rischia - ha avvertito il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti - di avere “un piano fatto in fretta e furia, senza logica”.

Finanziamenti BEI per la difesa

Un ruolo di primo piano sarà giocato dalla Banca europea per gli investimenti, che nel 2024 ha già incrementato i finanziamenti nel campo della sicurezza e della difesa, raggiungendo quota un miliardo di euro, e punta a raddoppiare l'impegno nel 2025 con 2 miliardi per il settore. Una potenza di fuoco resa possibile dal lancio di una nuova linea di credito per le PMI impegnate nel settore sicurezza e difesa, ma soprattutto dalla modifica delle regole di ammissibilità ai finanziamenti per i progetti a duplice uso. Nel dual use rientrano ora, ad esempio, attività di ricerca e sviluppo sui droni, investimenti per lo sminamento e la decontaminazione, interventi su infrastrutture da adattare ad esigenze militari.

Per allargare le maglie si interverrà sulle regole di ammissibilità ai finanziamenti BEI. Anche perché, secondo il rapporto Draghi, a fronte delle difficoltà di accesso ai finanziamenti privati da parte dell’industria della difesa dell’UE, l'esclusione del settore dal raggio di azione della BEI produce "un effetto di segnalazione negativa per il settore finanziario in generale", per cui le politiche di esclusione "sono applicate anche da altre banche pubbliche (comprese le banche di promozione nazionale e altre istituzioni finanziarie) e, a loro volta, da banche private, investitori e gestori di attività".

Due giorni prima del Consiglio europeo, il 4 marzo, la presidente della BEI, Nadia Calviño, ha inviato una lettera ai capi di Stato e di Governo dell’UE, esprimendo la volontà di andare oltre il programma lanciato nel 2022 per i prodotti dual use e di introdurre nel quadro operativo del Gruppo Banca europea per gli investimenti un obiettivo trasversale sulla sicurezza. Sul tema è tornata il 5 marzo, inaugurando la terza edizione del Forum del Gruppo BEI, dove ha annunciato che questo mese proporrà al proprio Consiglio di amministrazione un ulteriore ampliamento dell'ammissibilità al finanziamento BEI per i progetti di sicurezza e difesa.

Un'iniziativa subito accolta con favore dal presidente del Consiglio europeo António Costa e poi dalle conclusioni del Vertice del 6 marzo, secondo cui è necessario adattare le pratiche di prestito della BEI per sostenere maggiormente il settore della difesa, “salvaguardando nel contempo le sue operazioni e la sua capacità di finanziamento”.

In realtà, un corposo gruppo di paesi UE vorrebbe andare anche oltre la revisione dell'elenco delle attività escluse dai finanziamenti: a gennaio 19 Stati membri, su impulso della Finlandia, hanno scritto una lettera al presidente di turno del Consiglio dell'UE Tusk, al presidente del Consiglio europeo Costa e alla presidente della BEI Calvino, prospettando l'emissione di debito da parte della BEI vincolato al finanziamento di progetti in ambito sicurezza e difesa. Del gruppo dei Paesi firmatari fanno parte, oltre all’Italia, Belgio, Croazia, Cipro, Repubblica ceca, Danimarca, Estonia, Francia, Germania, Grecia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Romania, Slovacchia, Spagna e Svezia.

Fondi europei per la difesa anche dalla Politica di Coesione

Pur nella dimensione limitata del bilancio europeo, plausibilmente la proposta sul Quadro finanziario pluriennale 2028-2034 andrà a rafforzare significativamente il Fondo europeo per la difesa, attualmente dotato di risorse per circa 7,9 miliardi.  Dell'European Defence Fund ha già parlato il commissario Dombrovskis, dichiarando che molto probabilmente "verrà notevolmente aumentato", ma sul tavolo c'è l'ipotesi di utilizzare anche risorse del Fondo europeo per lo sviluppo regionale (FESR), mobilitando anche la Politica di Coesione per progetti dual use. Senza dimenticare l'atteso Fondo per la Competitività, i cui contorni, tuttavia, dipenderanno dalla proposta di Bruxelles sul QFP.

Nel piano ReArm Europe, però, la presidente von der Leyen ha indicato anche la possibilità di utilizzare le risorse dell'attuale settennato 2021-2027, approfittando della revisione di medio termine e delle riprogrammazioni STEP per convogliare risorse della Politica di Coesione verso gli investimenti in difesa.

Un'opzione facoltativa, ha precisato il vicepresidente esecutivo con delega alla Coesione e alle Riforme Raffaele Fitto, di fronte alla levata di scudi suscitata dalla proposta, che il Governo italiano si è già detto intenzionato a non utilizzare.

Sul tema le conclusioni invitano genericamente la Commissione a proporre rapidamente “fonti di finanziamento supplementari per la difesa a livello dell'UE, anche attraverso ulteriori possibilità e incentivi offerti a tutti gli Stati membri, sulla base dei principi di obiettività, non discriminazione e parità di trattamento degli Stati membri, nell'uso delle loro dotazioni attuali a titolo dei pertinenti programmi di finanziamento dell'UE”.

Oltre ai fondi della Politica di Coesione, agli investimenti nel settore della difesa potrebbero concorrere anche risorse inutilizzate del NextGenerationEU, non impiegate nei PNRR. Si tratterebbe di circa 93 miliardi di euro che Bruxelles potrebbe dirottare sulla spesa militare, se venisse confermato quanto riportato dal Financial Times, riferendo il contenuto di una conversazione che sarebbe avvenuta tra la presidente von der Leyen e altri membri del Partito Popolare Europeo durante un recente incontro del PPE.

Capitali privati e appalti congiunti per gli investimenti in difesa

Un ultimo punto del Piano riguarda la mobilitazione del capitale privato che deve necessariamente combinarsi all’aumento degli investimenti pubblici. Il focus è quindi sull'accesso al capitale e ai finanziamenti da parte del settore della difesa, dai fondi per la ricerca a quelli per lo sviluppo di capacità. Il Consiglio ne ha sottolineato l'importanza nelle sue conclusioni e ha invitato la Commissione “a valutare misure a tale riguardo, anche segnalando agli investitori privati l'importanza dell'industria della difesa per l'Europa in generale”.

I 27 hanno anche parlato della necessità di procedere a "un'aggregazione più sistematica della domanda, dell'armonizzazione dei requisiti e degli appalti congiunti al fine di ridurre i costi complessivi, assicurare la standardizzazione e l'interoperabilità e offrire all'industria europea, comprese le PMI e le società a media capitalizzazione, una maggiore prevedibilità, nonché contribuire al buon funzionamento di un mercato dell'industria della difesa che sia meglio in grado di mobilitare gli investimenti privati e pubblici e garantisca un accesso transfrontaliero alle catene di approvvigionamento della difesa".

Collegata al tema degli appalti è anche la richiesta degli Stati membri di un Omnibus di semplificazione specifico per il quadro giuridico e amministrativo della difesa, che affronti “tutti gli ostacoli e le strozzature che impediscono il rapido potenziamento dell'industria della difesa, anche per le PMI e le società a media capitalizzazione”.

C'è poi l'invito ai colegislatori a concludere quanto prima i negoziati sul programma per l'industria europea della difesa (EDIP) e un richiamo all'importanza dei finanziamenti per la ricerca, l'innovazione e lo sviluppo attraverso il Fondo europeo per la difesa.

Per approfondire: Fondo europeo difesa, oltre un miliardo di euro per le call 2025

Gli ambiti prioritari di intervento sono individuati nelle stesse conclusioni e riguardano: difesa aerea e missilistica; sistemi di artiglieria, comprese capacità di attacco in profondità di precisione; missili e munizioni; droni e sistemi antidrone; abilitanti strategici, anche in relazione allo spazio e alla protezione delle infrastrutture critiche; mobilità militare; questioni cibernetiche; intelligenza artificiale e guerra elettronica.

Non è solo questione di soldi

Le prossime settimane saranno cruciali per capire quali di queste strade si concretizzeranno.

L'aumento degli investimenti in difesa è però solo una faccia della medaglia in un contesto che, secondo il Rapporto sulla preparazione e la prontezza della difesa europea presentato a fine ottobre dall'ex presidente finlandese Sauli Niinistö su mandato della presidente von der Leyen, impone agli Stati membri di rafforzare cooperazione e fiducia reciproca. Il report raccomanda, quindi, di coordinare a livello UE la preparazione e la capacità di risposta a minacce che nessuno Stato membro può affrontare da solo, accettando di condividere con i partner europei informazioni e risorse, anche attraverso un servizio di cooperazione in materia di intelligence. 

Leggi le Conclusioni Consiglio europeo straordinario del 6 marzo 2025 sulla difesa

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