Come blindare i fondi PNRR per il Sud e dare risposte agli scontenti del Nord
Tecnici con formazione specifica nelle amministrazioni meridionali, per aiutare il Sud a ottenere e a spendere efficacemente i fondi del PNRR, e risorse nazionali aggiuntive per scorrere le graduatorie dei bandi del Recovery e finanziare gli enti del Nord esclusi dalla regola del 40%. Così il Governo prova ad affrontare le polemiche sulla distribuzione territoriale delle risorse del PNRR.
Perchè non si riesce ad assicurare al Sud il 40% dei fondi PNRR
Il tema è al centro del dibattito sull'attuazione del Recovery Plan sin dall'approvazione del PNRR, ma se all'inizio a tenere banco erano soprattutto le critiche circa l'effettivo riconoscimento delle risorse promesse al Sud, ora si susseguono interrogazioni parlamentari e ordini del giorno che lamentano la carenza di finanziamenti per i progetti delle amministrazioni settentrionali.
Il vincolo del 40% dei fondi PNRR al Sud e il problema dei bandi
La polemica ha riguardato inizialmente l'entità delle risorse PNRR destinate al Mezzogiorno, che il Governo ha assicurato essere pari a 82 miliardi, corrispondenti al 40% dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, e che le ricostruzioni di vari osservatori posizionavano su cifre ben inferiori.
Ad ottobre la ministra per il Sud e la Coesione territoriale, Mara Carfagna, ha chiarito che il 40% di risorse territorializzabili riservate al Mezzogiorno era stato calcolato tenendo conto sia degli interventi infrastrutturali geograficamente collocati al Sud, e quindi facilmente computabili nella riserva prevista, che di "misure ad assorbimento, come il Superbonus, per i quali abbiamo usato criteri di riparto molto prudenziali, basati su dati storici" e di "misure a bando, per le quali si sono usati calcoli di riparto basati sui fabbisogni, sui divari e sulla capacità progettuale". Insomma, una parte di queste risorse non era automaticamente assicurata al Sud, ma lo è diventata con il decreto Governance e Semplificazioni che ha introdotto per via legislativa il vincolo del 40%.
A quel punto è diventato evidente un altro problema: come rispettare la quota Sud del 40% nei bandi, cioè in procedure competitive che prevedono l'assegnazione delle risorse sulla base di una selezione tra le diverse proposte pervenute, soprattutto laddove le amministrazioni del Nord sono in grado di mettere in campo maggiori competenze e di presentare interventi più coerenti con i criteri di ammissione ai finanziamenti o in stato di progettazione più avanzato. Senza una riserva finanziaria predefinita e requisiti costruiti per indirizzare la quota di risorse prevista verso il Sud, il vincolo del 40% funziona come un criterio di priorità, ma non può assicurare che i fondi vadano effettivamente al Mezzogiorno. E' quanto avvenuto nel caso del bando PNRR per il finanziamento di infrastrutture irrigue (Investimento 4.3 della M2C4), che ha lasciato a secco la Sicilia nonostante i 31 progetti presentati, tutti non rispondenti ai criteri di ammissibilità e selezione individuati dal Mipaaf e condivisi con la Conferenza Stato Regioni.
D'altra parte, nel PNRR, finanziare un progetto non in grado di raggiungere i target può compromettere la rendicontazione dell'intera Componente. Ciò significa che se da una parte l'impegno del 40% va sostanziato vincolando a monte una quota del budget al Mezzogiorno e prevedendo criteri di selezione coerenti con l'obiettivo di sostenere anzitutto le aree più depresse del paese, i limiti di qualità progettuale e capacità amministrativa delle amministrazioni meridionali non possono essere ignorati.
Il Recovery stanzia ingenti risorse per affrontare questi problemi e prevede decine di migliaia di assunzioni per l’attuazione del PNRR, con particolare attenzione alle amministrazioni del Sud, ma i tempi sono stretti e il rischio è che l'iniezione di capitale umano non basti a fare la differenza. Da qui la decisione - annunciata dalla ministra per il Sud e la Coesione Mara Carfagna – di prevedere una formazione specifica anche per il personale assunto appositamente per aiutare il Mezzogiorno a cogliere le opportunità del PNRR. Gli enti del Sud "hanno dimostrato un'energia, una vitalità, una determinazione incoraggianti e la rete di sicurezza che abbiamo allestito sta funzionando", ha detto rispondendo a un'interrogazione a risposta immediata sul tema nell'Aula della Camera. A fine gennaio sono previste le prove del secondo bando per la selezione dei 2.800 tecnici da assegnare alle amministrazioni meridionali, che ha fatto segnare circa 27mila candidature. I vincitori – ha aggiunto - "fruiranno di una specifica formazione a cura dell’Agenzia per la Coesione territoriale, così da essere immediatamente operativi e da non dover dedicare mesi di lavoro alla propria formazione anziché al servizio degli enti dai quali saranno impiegati".
Parallelamente, il Dipartimento della funzione pubblica ha lanciato un piano strategico per la valorizzazione e lo sviluppo del capitale umano della PA, che prevede programmi formativi specifici per sostenere le transizioni previste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, a cominciare da quella digitale, con partner pubblici e privati, nazionali e internazionali. “All’immissione di competenze dovuta ai flussi in ingresso - ha spiegato il ministro per la Pubblica amministrazione Renato Brunetta - si accompagnerà un investimento massiccio nella formazione dei dipendenti pubblici già in servizio, valorizzata nei nuovi contratti di lavoro, attraverso miglioramenti di carriera e di retribuzione, e rafforzata dal rilancio della Scuola Nazionale dell’Amministrazione (SNA) e di Formez PA”.
Come soddisfare il fabbisogno di finanziamenti dei comuni del Nord
Per evitare il ripetersi di casi simili a quello del bando Mipaaf per le infrastrutture irrigue, il Ministero per il Sud e la Coesione territoriale ha intanto previsto, insieme al MEF, un monitoraggio preventivo del rispetto della quota Sud del 40%. “Se finora era previsto solo un controllo ex-post, adesso si avrà anche una specifica verifica ex-ante: ogni singolo bando, avviso e provvedimento di riparto sarà esaminato prima della pubblicazione, per vigilare che il Mezzogiorno non perda neppure un euro dei fondi a cui ha diritto”, ha annunciato a dicembre la ministra Carfagna, anticipando che “i primi risultati di questo screening saranno disponibili già nella primavera del 2022".
La maggiore attenzione al vincolo del 40% nella predisposizione dei bandi e delle graduatorie sta però producendo già i primi effetti sulla ripartizione delle risorse, generando un'ondata di scontento che dai consigli comunali delle regioni del Nord monta fine alle aule parlamentari.
Solo pochi giorni fa il deputato della Lega Massimo Bitonci ha presentato un'interrogazione urgente alla ministra degli Interni Luciana Lamorgese, denunciando che i fondi previsti dalla legge 160/2019 per la rigenerazione urbana stiando andando principalmente al Sud, a svantaggio di quelli del Nord, e chiedendo di modificare i criteri e integrare le risorse per finanziare tutti i progetti ammissibili.
Il quadro giuridico per il finanziamento di progetti di rigenerazione urbana, cioè il Dpcm del 21 gennaio 2021, ha spiegato però Lamorgese in Aula a Montecitorio, è coerente con l'intento dell'intervento di sostenere prioritariamente le realtà sociali svantaggiate e il criterio di selezione utilizzato in caso di domande di importo superiore alle risorse disponibili - cioè l'indice di vulnerabilità sociale e materiale calcolato dall'Istat - è frutto dell'intesa raggiunta in Conferenza Stato-città ed autonomie locali.
Più in generale, va ricordato che l'impegno a destinare al Mezzogiorno almeno il 40% dei fondi del Recovery and Resilience Facility è coerente con le linee guida di Next Generation EU, da cui discende l'aver posto la riduzione delle diseguaglianze territoriali quale priorità trasversale del PNRR italiano. I fondi del Recovery sono quindi chiamati a sostenere - insieme ai fondi strutturali europei della Politica di Coesione – la riattivazione del processo di convergenza tra Sud e Centro-Nord, il cui arresto, sin dalla metà degli anni ‘70, ha prodotto una debolezza strutturale del sistema produttivo del Mezzogiorno e un vero e proprio divario di cittadinanza in termini di accesso alle infrastrutture e ai servizi essenziali, dall'istruzione alla sanità. Un arresto dovuto anche alla forte riduzione dei trasferimenti da parte del governo centrale (con la spesa pubblica per investimenti nel Mezzogiorno dimezzata dai 21 miliardi del 2008 ai circa 10 del 2018) e alla tendenza - denunciata anche da un'analisi dell'Ufficio valutazione di impatto del Senato sull'efficacia dei fondi europei - ad utilizzare risorse pensate come addizionali per compensare la penuria di risorse ordinarie.
E' proprio ai fondi nazionali ordinari che il Governo dovrà attingere per soddisfare quanto più possibile le richieste di finanziamento dei comuni del Nord. Nel caso del bando da 3,4 miliardi per progetti anti-degrado di rigenerazione urbana, Lamorgese ha fatto sapere che l'Esecutivo è al lavoro in questa direzione. “Un primo intervento è stato effettuato con il decreto-legge 152/21, che ha aggiunto 200 milioni alla dotazione per gli 2023/2024, e ulteriori interventi sono stati disposti con la legge di Bilancio 2022, che ha stanziato ulteriori 300 milioni per l'esercizio corrente, stabilendo che possono essere utilizzati anche per la concessione di contributi ai comuni con popolazione inferiore a 15mila abitanti che in forma associata superino tale soglia, compresi quelli ammessi e non finanziati per insufficienza delle risorse. Dal 2023, inoltre, le regioni potranno utilizzare le risorse loro assegnate dalla manovra 2022 per la rigenerazione urbana proprio per finanziare progetti ritenuti ammissibili ma non finanziati nella graduatoria del bando”.
Ulteriori risorse potrebbero essere reperite prossimamente. In coerenza con l'ordine del giorno approvato in sede di discussione della legge di Bilancio, ha assicurato la ministra, “il Governo è impegnato nell'individuazione di ogni utile soluzione” per garantire il finanziamento dei progetti risultati ammissibili.