Investimenti cinesi e dialogo digitale UE-Cina: cosa rischia l’Europa

Mentre va in scena il primo dialogo digitale di alto livello UE-Cina, la Corte dei conti europea mette in guardia sui rischi degli investimenti cinesi per il vecchio continente, elencando 18 pericoli ma anche 13 opportunità. Una bussola per le istituzioni, certo, ma anche per le imprese che si trovano a fare affari con le aziende cinesi.

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L’Unione europea è ormai sempre più consapevole della complessità delle relazioni con Pechino, stretta com’è tra due fuochi: da un lato le opportunità ma anche l'inevitabile collegamento con l’economia cinese, e dall’altra i pericoli rappresentati da quel capitalismo di stato che rischia di falsare eccessivamente la concorrenza.

Lo conferma la nuova analisi della Corte dei conti europea che esamina i molteplici rischi, prevalentemente di natura economica e politica, che la strategia cinese di investimenti guidati dallo Stato comporta per l’UE.

L’analisi è stata pubblicata nel giorno in cui si è svolto il primo dialogo digitale di alto livello UE-Cina, realizzato in preparazione della videoconferenza tra i leader europei e cinesi che si terrà il 14 settembre.

Tra i dati prodotti dagli analisti della Corte e le affermazioni dei commissari UE che hanno preso parte all’incontro emerge chiaramente il “nuovo” atteggiamento della politica europea nei confronti della Cina, ormai considerata da Bruxelles un partner strategico ma, al contempo, anche un rivale sistemico.

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Perchè la Cina fa paura all’Europa?

Sin dagli anni Ottanta, la Cina ha attuato una strategia di investimento che incentiva le imprese cinesi pubbliche e private ad investire all’estero in settori strategici, e che si basa su due pilastri:

  • L’Iniziativa per una nuova via della seta sulla connettività;
  • La strategia industriale di “Made in China 2025”

In tale contesto, negli ultimi vent’anni gli investimenti cinesi in Europa sono notevolmente aumentati e si sono concentrati in settori strategicamente importanti come l’energia, le telecomunicazioni, i porti e le ferrovie. 

A preoccupare, però, non è solo la concentrazione settoriale di questi investimenti. L’altro punto delicato della questione è che la metà di essi è realizzata da imprese cinesi di proprietà dello Stato

E qui si apre un punto cruciale per il futuro delle relazioni con Pechino. Ai sensi della normativa europea sulla concorrenza, infatti, i sussidi che la Cina concede alle proprie imprese sarebbero considerati aiuti di Stato, se fossero stati forniti da un paese UE. Una differenza macroscopica che rischia di falsare la concorrenza nel mercato interno dell’UE e che rende difficile per l’Unione garantire parità di condizioni per le proprie imprese e i propri investimenti.

A complicare il quadro ci sono anche le relazioni bilaterali che i singoli Stati membri portano avanti con Pechino, spesso senza informare la Commissione, nonostante sarebbero tenuti a farlo.

Un atteggiamento che indebolisce il peso negoziale dell’Unione e comporta anche una carenza di informazioni e dati necessari per avere una mappatura completa dei rischi (ma anche delle opportunità) che derivano dagli investimenti cinesi.

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Quali sono i principali pericoli per l’UE

L’elenco dei rischi e delle opportunità stilato dalla Corte è il primo nel suo genere e rappresenta senza dubbio una base su cui dovrebbero lavorare anche le istituzioni europee.

L’analisi individua 18 rischi di natura politica, economica, sociale, giuridica e ambientale, tra cui:

  • L’eccessivo indebitamento da parte di paesi non-UE, incluso anche il Montenegro (paese in pre-adesione), e che va assolutamente evitato per i paesi membri. Al fine di attuare l’iniziativa per una nuova via della seta, infatti, la Cina ha concesso prestiti senza tenere sufficientemente conto della sostenibilità dei progetti nel lungo periodo, e senza curarsi troppo della posizione di bilancio dei mutuatari, portando ad un eccessivo indebitamento di questi paesi;
  • I trasferimenti forzati di tecnologia richiesti alle imprese europee per accedere al mercato cinese. Una pratica che, stando al “Business Confidence Survey 2019” della European Chamber of Commerce in China, ha riguardato il 20% degli intervistati e che sottolinea la mancanza di reciprocità nelle relazioni UE-Cina;
  • Il rischio di non raggiungere gli obiettivi del Green deal, dato che l’iniziativa per una nuova via della seta continua a perseguire progetti energetici alimentati dal carbone. Un progetto di questo genere, finanziato da prestiti cinesi, è stato ad esempio programmato in Bosnia-Erzegovina, un potenziale candidato all’adesione. 

I rischi identificati dalla Corte dei conti europea

Le opportunità offerte dalla Cina

Se è vero che, stando all'analisi della Corte, ad oggi sembrerebbero di più i pericoli che le opportunità legate alla collaborazione con Pechino, queste ultime tuttavia non mancano. La Corte ne identifica tredici, come la logistica o la cooperazione nel campo accademico e della ricerca.

Le opportunità identificate dalla Corte dei conti europea

Compiti a casa per l’UE

Alla luce dei dati emersi nell'analisi, la Corte segnala sei future sfide che l’Unione europea dovrà tenere in conto, se vorrà dare una risposta completa e fattiva al tema posto dalla strategia cinese di investimenti guidati dallo Stato. 

Per poter agire bene, infatti, l’Europa dovrebbe:

  • Fornire dati più completi e aggiornati sugli investimenti cinesi nell’UE;
  • Condurre una analisi ufficiale dei rischi e delle opportunità; 
  • Migliorare l’attuazione della strategia dell’UE nei confronti della Cina, in particolare delle azioni che promuovono la reciprocità e impediscono gli effetti distorsivi sul mercato interno dell’UE, e affrontare i rischi esistenti; 
  • Valutare i finanziamenti necessari e monitorare le spese; 
  • Rafforzare il monitoraggio, la rendicontazione e la valutazione; 
  • Coordinare meglio la risposta delle istituzioni e degli Stati membri dell’UE.

Il dialogo UE-Cina sul digitale

L’analisi pubblicata dalla Corte, va letta anche alla luce dei risultati del primo dialogo digitale di alto livello che si è svolto oggi.

Secondo Margrethe Vestager, vicepresidente esecutivo per l’agenda digitale e commissaria alla Concorrenza, infatti il dialogo digitale parte dall'importanza strategica che il digitale avrà nei prossimi anni, sia nella società che nell’economia, e su cui “l'UE e la Cina svolgeranno entrambe un ruolo nel definire come andranno avanti gli sviluppi tecnologici globali. Il dialogo - prosegue quindi Vestager - è necessario per promuovere la cooperazione, ma anche per affrontare le divergenze che abbiamo, come in materia di reciprocità, protezione dei dati e diritti fondamentali ".

Sul tavolo di lavoro, in effetti, sono arrivati temi cruciali come la definizione degli standard per le tecnologie ICT e l'intelligenza artificiale, ma anche la sicurezza dei prodotti degli articoli venduti online, la fiscalità digitale e il grande capitolo della ricerca ed innovazione.

Tutte questioni su cui il 14 settembre si confronteranno i leader dei paesi UE e quelli cinesi.

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