Appalti e Covid-19: quanto è stato speso durante l’emergenza e come?
Durante il picco dell’emergenza Covid, il 93% della spesa complessiva è stata fatta senza ricorrere a procedure di evidenza pubblica. A dirlo un'indagine dell’ANAC che fa il punto su quanto ci è costato il Coronavirus durante i mesi bui dell’emergenza e su come si sono comportati Stato e Regioni.
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Mettendo insieme e i dati ricavati da SIMOG e quelli emersi nel corso di un'indagine presso le stazioni appaltanti, l'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) ha tirato le prime somme su cosa è stato comprato durante il picco dell’emergenza Covid (1 marzo-30 aprile), come sono stati effettuati gli acquisti e quanto ci sono costati.
Protezione civile e commissario straordinario: quasi la metà degli acquisiti
Un primo dato che emerge dall’analisi è il ruolo chiave svolto durante quei mesi dal Commissario straordinario per l’emergenza, che ha agito anche come stazione appaltante, e dalla Protezione civile.
Assieme, infatti, i due organismi hanno gestito acquisiti pari al 41,1% della spesa nazionale, per un importo che sfiora i 2,38 miliardi di euro. Durante l’apice della crisi, infatti, sono stati loro ad acquistare la maggior parte delle mascherine (per il 75,9% della spesa nazionale) e dei “ventilatori e altri strumenti per ossigenoterapia” (per il 58.1%).
Oltre il 90% degli acquisti senza gara
Per quanto riguarda invece le modalità di acquisto delle forniture, com’era prevedibile vista l'emergenza, si è assistito ad un massiccio impiego delle procedure che non prevedono l’evidenza pubblica. Parliamo dell’85% dei casi, una percentuale che sale però al 93% se si parla di spesa complessiva e non di numero delle procedure.
Più nel dettaglio, per quanto riguarda gli affidamenti diretti, gli importi medi sono stati di circa 724.000. Più alti, invece, nel caso di procedure negoziate senza previa pubblicazione del bando dove il valore medio dell’affidamento è stato di 1.410.000 euro.
Se si parla quindi di valore degli appalti e non del loro numero, emerge come “l’80% della spesa complessiva corrispondente alle due tipologie di procedure è rappresentato da appalti di importo superiore ai 5 milioni di euro”, conclude l’ANAC.
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Un dato inaspettato: massiccio ricorso agli acquisti centralizzati
Se il massiccio ricorso a procedure di acquisto senza bando era prevedibile, dai numeri analizzati dall’ANAC emerge, invece, un dato inaspettato. Si tratta di quel 78,4% della spesa che è stata effettuata mediante una centralizzazione degli acquisti.
Un “risultato insperato”, lo definisce l’ANAC, dato che in genere “il ricorso a centrali di committenza e soggetti aggregatori viene visto come causa di complessità e dilatazione dei tempi” e che pertanto, durante un’emergenza in cui il fattore “tempo” è risultato vitale, era prevedibile attendersi il contrario.
La situazione, comunque, è molto a macchia di leopardo sul territorio, con ben sette Regioni che hanno fatto ricorso alle centrali di committenza e a soggetti aggregatori regionali per meno dell’1% della spesa e altre otto Regioni, invece, che vi hanno fatto ricorso per più del 50%.
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Quanto ha pesato la spesa per l’emergenza su ogni cittadino italiano?
I dati raccolti dall’ANAC permettono anche di tirare le prime conclusioni su quanto è costata la spesa per affrontare l'emergenza ad ogni cittadino, a seconda della Regione di appartenenza. Anche in questo caso gli importi variano molto da Regione e Regione, con un valore minimo di spesa pro-capite pari a 4,79 euro per i residenti in Molise, ad un massimo di 101,19 euro per i toscani, per una media che si attesta a 42,61 euro.
Se consideriamo invece la spesa nazionale, comprensiva degli acquisti fatti dalle stazioni appaltanti centrali, la quota pro-capite si attesta a 96,11 euro.
Si è speso di più nelle Regioni la cui popolazione è più anziana?
In linea di massima la risposta è “no”. I dati analizzati dall’ANAC, infatti, mostrano che “c’è una bassa correlazione tra la spesa pro-capite e l’indice di vecchiaia della regione”.
Ad esempio la Campania e la Provincia autonoma di Bolzano, che hanno il più basso tasso di vecchiaia in Italia, risultano tra le regioni con una spesa pro-capite superiore alla media.
Le principali criticità degli affidamenti eseguiti in occasione dell’emergenza Covid
Grazie ai dati raccolti, l’ANAC fa anche un primo elenco dei principali punti critici emersi nel corso degli acquisti di strumentazione in piena emergenza.
Una delle principali criticità riguarda l’elevata variabilità dei prezzi, con particolare riferimento a quelli delle mascherine.
Altri fenomeni frequenti e che vengono evidenziati dall’ANAC sono poi quelli che riguardano:
- L’esito negativo delle verifiche sul possesso dei requisiti di ordine generale;
- L’inaffidabilità dell’offerente che non ha fornito idonee garanzie di competenza tecnica e solidità economico-finanziaria;
- Il mancato rispetto dei tempi previsti per il completamento delle forniture;
- Il mancato rispetto delle condizioni contrattuali relativamente a difformità qualitative e/o quantitative delle forniture e, talvolta, conseguente risoluzione contrattuale attivata dalla committenza.
In alcuni casi i ritardi o le inefficienze sono state giustificate dall’eccezionale situazione a livello mondiale, come quando si tratta di ritardi dovuti a blocchi logistici o dazi. In altri casi, invece, le inefficienze si sono annidate più che altro nella natura del fornitore selezionato o “all’acquisizione di commesse di gran lunga superiori alle reali possibilità d’impresa o in assenza di adeguate certificazioni di conformità dei prodotti alle disposizioni sanitarie in materia o di conformità alle disposizioni contrattuali”.
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