Dl Semplificazioni, ANAC: oltre meta' degli appalti sara' affidato senza gara
E’ un giudizio severo quello che emerge dall’analisi dell’ANAC sul dl Semplificazioni. A preoccupare l’Autorità sono soprattutto le deroghe sproporzionate, l’eccessivo ricorso al criterio del prezzo più basso e l'estensione dell’affidamento diretto fino a 150mila euro che di fatto fa evaporare dal mercato degli appalti più della metà delle gare.
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In un documento di oltre 30 pagine, l'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) analizza tutte le norme del dl Semplificazioni che riguardano i contratti pubblici. Un’analisi a tutto tondo che fa seguito all’invio alla Commissione Lavori Pubblici del Senato, lo scorso 3 agosto, delle osservazioni dell’ANAC sul decreto.
Il 54% degli appalti sarà affidato senza gara
A preoccupare l’Autorità è anzitutto quel 54% di appalti che, a seguito dell’innanzialemto della soglia dell’affidamento diretto da 40mila e 150mila euro, di fatto spariscono dai radar del confronto concorrenziale.
“Il nuovo temporaneo assetto - sottolinea quindi l’ANAC - va verificato al fine di un adeguato bilanciamento tra l’apertura alla concorrenza e l’efficienza dell’azione amministrativa”, aggiungendo anche che “in fasi complesse e decisive come questa per la vita del Paese non si può abbassare la guardia nella lotta ai fenomeni corruttivi, ma occorre garantire l’efficienza della spesa pubblica e stimolare la competitività tra gli operatori economici quale volano di ripresa e rilancio dell’economia”.
Un grido di allarme sul pericolo corruzione, insomma, che porta l’Autorità a suggerire da un lato la possibilità delle stazioni appaltanti di ricorrere comunque alle procedure ordinarie anche per questi appalti, e dall’altro di esplicitare come “agli affidamenti relativi ad importi sotto-soglia continui ad applicarsi la normativa in materia di trasparenza”.
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Preoccupazioni sul ricorso eccessivo al criterio dei “prezzo più basso”
Altro punto potenzialmente preoccupante del decreto è la decisione di rimettere alla stazione appaltante la scelta del criterio di aggiudicazione, tra quello quello della “offerta economicamente più vantaggiosa” e quello del “prezzo più basso”.
Un terreno scivoloso che, soprattutto quando di tratta di affidare servizi ad alta componente di manodopera o caratterizzati da un notevole contenuto tecnologico o aventi carattere innovativo, “rischia di dare vita ad affidamenti al ribasso giocati sull’abbattimento del costo del lavoro o di svilire il contenuto tecnologico della commessa”.
A ciò si aggiungono cortocircuiti per il completamento delle opere così come sono state progettate. L’ANAC infatti sottolinea come “l’affidamento di lavori fino a 5 milioni di euro con il criterio del prezzo più basso, oltre a svilire l’aspetto qualitativo della prestazione, rischia di favorire ribassi eccessivi che renderebbero difficoltoso il completamento dell’opera al prezzo di aggiudicazione, con il rischio della proliferazione di varianti in corso d’opera”.
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Appalti soprasoglia: deroghe “sproporzionate”
Negativo, infine, anche il giudizio sulle norme contenute nel dl Semplificazioni che riguardano gli appalti soprasoglia. A non piacere sono soprattutto tre aspetti previsti dal decreto.
Il primo è la decisione di derogare a tutte le disposizioni di legge che non siano penali. Una scelta che “appare sproporzionata - afferma l’ANAC - rispetto all’obiettivo di incentivare gli investimenti pubblici nel settore delle infrastrutture e dei servizi pubblici, nonché far fronte alle ricadute economiche negative del Covid”.
Il secondo è poi l’eccessiva estensione temporale delle deroghe. Il decreto infatti stabilisce che il regime derogatorio resti in vigore fino al 31 luglio 2021, generando anche il rischio di incorrere in procedure di infrazione comunitaria. La norma che consente un così ampio ricorso alle procedure di urgenza - sottolinea invece l’ANAC - deve restare limitata nel tempo. Per questo l’Autorità suggerisce al Parlamento di prevedere un termine più breve, rispetto a quello di fine luglio 2021.
L’ultimo è, infine, la sostanziale sovrapposizione delle disposizioni del decreto con l’articolo 63 del Codice appalti che prevede già il ricorso alla procedura negoziata senza bando per ragioni di urgenza. Una sovrapposizione superflua, dunque, che si sarebbe potuta evitare prevedendo il semplice ricorso a quanto previsto già dal Codice, come del resto nei mesi passati aveva suggerito proprio l’ANAC.
Il giudizio (negativo) sui Commissari
Anche in questa occasione l’Autorità “ribadisce in maniera ferma la propria contrarietà all’utilizzo della figura del Commissario in maniera generalizzata”. Anche in questo caso, infatti, il rischio è “la creazione di una sorta di amministrazione parallela” e, come già ribadito l’anno scorso in occasione dell’approvazione del dl Sblocca Cantieri il pericolo è la possibilità che tale scelta possa rivelarsi foriera “di maggiori rischi di illegalità e maladministration, tipicamente connessi agli interventi emergenziali”.
Per questo, suggerisce l’ANAC, sarebbe meglio usare “questa figura per lo svolgimento di un’attività di coordinamento amministrativo nonché per tutte le attività strategiche e, quindi, prodromiche alle procedure di gara”, appoggiandosi sempre a stazioni appaltanti qualificate.
Perplessità infine, emergono anche in merito alle differenti deroghe previste per le stazioni appaltanti che, paradossalmente, finiscono per avere più poteri rispetto a quelli dei Commissari. Secondo il decreto, infatti, le prime possono operare in deroga a tutte le disposizioni di legge tranne quelle penali, mentre i secondi “soltanto” alle norme sui contratti pubblici.
“La soluzione prescelta - conclude quindi l’ANAC - non appare del tutto chiara e non risulta neanche supportata da alcuna evidente motivazione che giustifichi l’attribuzione alla generalità delle stazioni appaltanti di poteri derogatori più ampi di quelli attribuiti, agli stessi fini, ai commissari straordinari. Le due segnalate disposizioni di legge sembrano pertanto meritare una migliore armonizzazione”.