Non deve andare tutto in bonus
"Andrà tutto in bonus" sarebbe stata la frase corretta da mettere sotto gli arcobaleni disegnati durante il lockdown. Questa settimana sono stati presentati 10mila emendamenti al Decreto Rilancio e c'è chi ha pure chiesto degli incentivi per le famiglie che hanno animali domestici.
Per carità, nulla in contrario agli animali domestici, ma la richiesta è sicuramente emblema di una cultura e di un'attitudine che ormai serpeggia ovunque. E chi scrive, in quanto fondatore di rivista che si occupa di agevolazioni, non è certo contrario agli aiuti a sostegno dell'economia.
Tutti a cercare di accaparrarsi una possibile fetta della torta senza pensare a ciò che serve davvero al paese: un taglio del cuneo fiscale con annessa riforma dei tributi perché il sistema ormai rasenta la follia, senza dimenticarsi di una giustizia che funzioni e una burocrazia che consenta di lavorare in modo produttivo e realizzare opere.
Nonostante proprio prima della pandemia un piccolo taglio al cuneo fiscale fosse stato fatto, ora non se ne parla più. La cancellazione dell'Irap è tornata alla ribalta perché richiesta a gran voce dagli industriali, ma non avvantaggia particolarmente lavoratori e consumi. Poi c'è ancora il dibattito sul MES che imperversa senza che i contrari riescano a dare motivazioni, almeno vaghe, per giustificare la loro avversità.
In sintesi, gli aiuti di qualsiasi tipo, economici, fiscali e finanziari, possono avere diverse finalità ma sono giustificati in genere solo se
- compensano fallimenti di mercato
- i costi indiretti che comportano (amministrativi, distorsioni di mercato, intermediazioni illegali) sono inferiori ai benefici che portano alla collettività.
Il principio a cui si deve far riferimento è sempre quello dell'addizionalità, cioè l'aiuto deve indurre ad attività che altrimenti un soggetto non farebbe.
Sull'addizionalità e quindi sull'efficacia degli aiuti si discute da sempre. Per brevità ricordiamo uno studio di Giavazzi del 2012 in cui si rilevava che forse solo gli incentivi alla R&S hanno portato reali benefici, mentre per gli altri l'evidenza è stata molto limitata. Quelli "a bando" sono stati poi ancora più problematici per la discrezionalità dei soggetti gestori e le influenze politiche.
Il nostro Meridione non sembra infatti si sia particolarmente avvantaggiato da decenni di politica di coesione. I fondi strutturali della UE vanno in gran parte alle regioni dove il PIL pro capite è inferiore alle media europea e tale indicatore al Sud non è mai riuscito a varcare questa soglia. In altri paesi però un miglioramento invece c'è stato, anche significativo.
Ma il punto oggi è cercare di usare l'ingente quantità di risorse disponibili, grazie alla sospensione del patto di stabilità e al prossimo bilancio europeo con il fondo Next Generation EU, per far crescere considerevolmente il PIL, l'unico vero modo di sostenere l'indebitamento del nostro Paese.
Questo è l'importante parametro da considerare nella elargizione di bonus. Gli aiuti che non portano crescita sono solo altri debiti che dovranno in futuro essere restituiti. La ripresa dei consumi si costruisce innanzitutto creando lavoro e con le somme che i cittadini si trovano a fine mese in busta paga. Se queste somme non sono solo il risultato di bonus ma di una migliore, stabile ed equa imposizione fiscale il governo avrà anche la loro fiducia, e aspettative economiche che rilanceranno gli investimenti.
Il nuovo recovery fund denominato Next generation EU sarà stimolo economico non indifferente ma il Governo, nel presentare i suoi piani a Bruxelles, dovrà privilegiare la spesa dei fondi che avranno un reale impatto sul PIL, senza piegarsi a meschine e poco lungimiranti logiche di fazioni politiche. L'Unione europea peraltro non lo consentirà e la reputazione del nostro Paese scenderà ancora, con immediate conseguenze sul costo del ns. debito pubblico.
Il futuro si costruisce su misure strutturali, solide fondamenta di una nuova economia, digitale e a basso impatto ambientale, non su elenchi interminabili di piccoli aiuti.
Al Presidente del Consiglio fino ad oggi gli sono state riconosciute buone doti di mediatore. In medio stat virtus non è però più sufficiente. Peter Drucker affermò che "se i leader non sono in grado di rompere con il passato, di abbandonare le logiche di ieri, non saranno in grado di creare il domani."
Pertanto oggi ci servono leader, veri. Andrà tutto bene, prof. Conte?