Salvare l'economia e vite umane non avrà mai prezzo

Andrea GalloMentre si discetta sull'efficacia delle mascherine indossate da soli all'aperto e se fare jogging diffonda o meno il contagio, si negozia troppo a lungo sui coronabond, si fanno crociate inutili contro il MES e si sparano a caso date sulla riapertura e strategie per la "Fase 2", si dimenticano i due fattori chiave per contrastare l'emergenza: rapidità e chiarezza di intervento.

Il primo - nonostante il richiamo di Mario Draghi - appare già sbiadito. L'invito dell'ex presidente della BCE non è stato poi compreso fino in fondo. La rapidità di esecuzione degli interventi finanziati a debito, con l'emissione di titoli stato/europei per la copertura della spesa pubblica, è sì necessaria per dare subito supporto alla popolazione colpita dall'emergenza, ma soprattutto per evitare che il colpo inferto all'economia - non solo quella europea - diventi mortale.

Il sostegno finanziario pubblico a consumi ed investimenti può essere assicurato fino a quando ci sarà qualcuno - le banche centrali in prima ed ultima istanza - che comprerà i titoli di debito emessi dagli Stati, dalla UE (MES o coronabond) e dal resto del mondo. Ma le banche centrali sanno bene che

  • l'uso illimitato della politica monetaria non è possibile a lungo termine
  • non è privo di gravi conseguenze
  • potrebbe comportare alla fine il collasso dell'economia mondiale perché la globalizzazione non è più ormai solo un termine astratto.

Alla maggioranza della popolazione, ma soprattutto ad alcuni politici che scelgono male le loro battaglie, non è forse chiaro che le banche centrali, se comprano all'infinito titoli di debito degli Stati, alla fine la moneta - che sia euro, dollaro, yen e lasciamo perdere chi addirittura vorrebbe tornare alla lira - non avrà più valore.

Insomma, Draghi è stato un'altra volta sintetico e chiaro nel suo messaggio, e chi non lo ha compreso fino in fondo è solo per manchevole cultura economico-monetaria.

Il secondo fattore, la chiarezza di intervento, è alla base della fiducia che cittadini, enti ed imprese usano per orientare le loro scelte nei consumi e negli investimenti, ed è un principio che si studia nei manuali di base di macroeconomia. Senza interventi chiari ed efficaci questa fiducia è minata e le aspettative portano a ridurre consumi e posticipare investimenti.

Spetta dunque ora a politici di qualsiasi bandiera e ai governi non essere da meno dell'ex presidente BCE, terminando sterili polemiche, velocizzando i negoziati, trovando soluzioni che contemperino l'emergenza sanitaria con quella economica, comunicandole in maniera chiara ed univoca, attuandole senza creare ostacoli alla popolazione.

Si moltiplicano le dichiarazioni dei rappresentanti di associazioni imprenditoriali che senza una riapertura immediata sarà un disastro. C'è chi inveisce contro la comunità scientifico-sanitaria perché non si rende conto delle conseguenze economiche del prolungato lockdown. Opinionisti e direttori tg scrivono che servono statisti per assicurare il governo dell'emergenza.

Un eminente media, l'Economist, si interroga sulla sostenibilità dei costi per salvare le vite umane colpite dal virus: "Fino a quando potremo permetterci di dire che una vita umana non ha prezzo?" (cfr. Corriere.it).

Basta per favore, è tempo che si dica subito dove, quando, come è possibile riaprire, con criteri stabiliti dall'OMS che valgano per tutte le aree geografiche, i paesi, le regioni, le aree metropolitane, i comuni, i municipi e pure le parrocchie, per far stare zitto chiunque abbia voglia di dar fiato a sciocchezze, con comportamenti a cui la popolazione deve attenersi precisi ed inequivocabili.

Una ripresa, ancorché graduale, delle attività produttive forse consentirà all'economia di uscire dalla terapia intensiva. E' il caso di ricordare che un collasso economico comporterà probabilmente milioni di morti, non le migliaia del Coronavirus. Una economia che muore e farà morire davvero non ha prezzo.