Io, giovane imprenditore a Pechino
Essere imprenditori richiede entusiasmo, creatività e una spiccata propensione a mettersi in gioco. L’attitudine al rischio è necessaria, soprattutto se non si può contare su una tradizione aziendale di famiglia. Lo sa bene l’imprenditore Francesco De Luca, che al giro di boa dei trent’anni ha già vissuto tre vite, dividendosi tra i due emisferi del globo. La sua storia rappresenta un esempio di quell'internazionalizzazione di cui tanto si parla, spesso senza cognizione di causa.
La prima vita comincia a Roma, dove nasce nel 1979 e resta fino all’età di venticinque anni. E’ la città dove trascorre l’adolescenza, si laurea in comunicazione alla Sapienza e frequenta un master in economia.
La seconda vita di Francesco ha inizio quando, prendendo il coraggio a due mani, decide di voltare pagina e di traslocare in Cina. E’ lì che con grandi sacrifici riesce a infrangere quel soffitto di cristallo che nel nostro paese impedisce ai giovani di farsi strada, a meno che non si chiamino Elkann, Mondadori o Biagiotti. Non è un luogo comune: in Italia se non hai i capelli grigi ti è preclusa la possibilità di essere trattato alla pari o di contrattare, a meno che qualcuno di influente non ti abbia presentato.
La terza vita di Francesco comincia pochi mesi fa, quando fa rientro in Italia per rafforzare il posizionamento di Pietraidea, il marchio della sua società, la De Luca & Vittori Srl, con sede a Roma e a Tianjin. Senza escludere, presto o tardi, di tornare definitivamente in Cina.
Dott. De Luca, quali sono le motivazioni che l' hanno spinta a recarsi in Cina alcuni anni fa?
Molteplici sono le motivazioni che mi hanno spinto, prima nel 2005 e poi nel 2006, a trasferirmi a Shanghai e a Tianjin. Prima di tutto l'insofferenza per la condizione generale del mercato del lavoro in Italia. Mi ero laureato da poco più di un anno e avevo appena conseguito un master in Economia e un corso di operatore di lingua e cultura cinese all'IRFI, l'istituto per la formazione dell'imprenditoria che fa capo alla Camera di Commercio di Roma.
Non riuscivo più a trovare stimoli, nè motivazioni. Mi resi conto che nel nostro paese la situazione del mondo del lavoro era (ed è) estremamente stagnante. Non avendo - potremmo dire così – nulla da perdere, avvertii la necessità di partire e di mettermi in gioco. Non capivo perché i neolaureati italiani si ostinassero perlopiù a lamentarsi e a cercare lavoro con il semplice invio del curriculum. Solo una piccolissima parte di questa generazione di disoccupati o di occupati a 1000 euro decide di mettersi in proprio rischiando. Invece di cercare lavoro, perché invece non crearlo? In realtà i problemi dell’Italia sono atavici e i più non hanno la possibilità materiale di fare alcun passo. Quello che manca è la mentalità dell'indebitamento per l'investimento.
A parte questo, sin da piccolo sono stato attratto dall'Estremo Oriente, in particolare dalla Cina, un continente misterioso, ancora oggi sconosciuto. Con questo intendo la vera Cina. La amavo così tanto da decidere – in un secondo momento – di sposarmi con una sua splendida figlia.
Può raccontare in sintesi i momenti salienti della sua esperienza?
La svolta è stata nell'attimo in cui ho deciso di partire, di lasciare tutto e idi ntraprendere questa avventura. Fondamentale è stata la preparazione mentale: trascorsi i sei mesi prima della partenza studiando il cinese notte e giorno. Studiavo dall’alba fino a tarda notte, senza quasi alzarmi dalla scrivania. Ero deciso e nulla poteva distogliermi. Ero a cavallo della mia determinazione.
In Cina ogni momento è saliente, ogni singolo attimo - se non viene sprecato o perso nel vortice di Pechino, Shanghai o delle altre magalopoli cinesi - può cambiarti la vita da un momento all'altro.
Uno dei momenti chiave è stato il mio incontro con l'allora Chief Representative della BNL in Cina, Roberto Chiamenti, che mi ha aiutato ad affrontare le immani difficoltà e le paure che mi attanagliavano.
Non ero in Cina per diletto o per studio, ma per creare dal nulla un'impresa.
Un’altra fase importante è quella del superamento del sé. Probabilmente solo chi ha vissuto quest'esperienza potrà comprendere appieno le mie parole.
Fu in quel momento che decisi di creare la De Luca & Vittori Srl, già Hermesite Srl, società dedita al commercio internazionale con la Cina.
Fortunatamente fin dall'inizio ho potuto contare sull’appoggio del mio socio, che mi ha sostenuto in tutte le attività con caparbietà e forza interiore. Dal 2006 offriamo un servizio di assistenza e di ricerca di prodotti alle società italiane in Cina e proponiamo una nostra linea di rivestimenti in pietra naturale con il marchio Pietraidea, distribuita in Italia attraverso una rete commerciale su scala nazionale. Ci stiamo dando molto da fare. Ogni momento rappresenta una svolta e anche le esperienze negative sono per noi fonte di apprendimento.
Quali sono i maggiori ostacoli per un imprenditore che decide di affrontare il mercato cinese trasferendosi sul posto?
La lingua, il modo di pensare e il differente modo di relazionarsi dei cinesi possono rappresentare un ostacolo. Le dinamiche di contrattazione e il modo con cui i cinesi portano avanti le relazioni di lavoro sono molto diverse da quelle a cui siamo abituati in Italia. Bisogna controllare accuratamente ogni fase del lavoro, anche gli aspetti più ovvi non si rivelano tali: all'inizio è meglio affidarsi a qualcuno che abbia esperienza e soltanto in un secondo momento provare a camminare da soli. Bisogna manifestare una grande apertura ed avere un grande spirito di adattamento.
Anche il clima è molto differente dal nostro e in alcune regioni non si può non soffrirlo.
Quali sono invece le reali possibilità per un imprenditore straniero?
Difficile rispondere a questa domanda perché tutto dipende dalle proprie capacità, dal proprio know how e dalla tipologia di business ma è indubbio che la Cina sia uno dei mercati più grandi del mondo. L'incuranza, l'oscurantismo con cui molti italiani portano avanti il loro approccio alla Cina è sintomo di ignoranza e si provincialismo.
I rischi sono tanti, ma le possibilità di sviluppo si rivelano incommensurabili per chi decide di investire nel mercato cinese. Un imprenditore non può farsi spaventare dai punti interrogativi, deve razionalizzare e cercare di affrontare le avversità senza lasciarsi sopraffare dai luoghi comuni. Consiglio di cercare dei partner commerciali affidabili rivolgendosi alle istituzioni e alle rappresentanze italiane in Cina, che svolgono un lavoro mirabile da anni. I cinesi sono molto pragmatici, se capiscono che c’è da guadagnare e da accrescere il proprio prestigio si è già a buon punto. Il problema è che talvolta a ragione gli italiani sono ritenuti poco affidabili e attendibili.
Quali politiche dovrebbe mettere in campo il governo a favore dell'internazionalizzazione delle imprese?
Finanziamenti alle Pmi, incluse le imprese del settore Commercio, senza ombra di dubbio. Spesso queste ultime vengono snobbate o viste con sospetto. Si dimentica che, assieme al settore del turismo, sono loro a trainare l'Italia. Sicuramente una più efficace legislazione in materia di recupero crediti delle aziende potrebbe aiutare.
Spesso molte aziende che agiscono legalmente falliscono o non possono espandersi e crescere a causa del mancato sostegno del Governo nel recupero dei crediti con i propri debitori. C'è troppa lentezza, il sistema è farraginoso. Un mese di attesa va bene, un anno no.
La legge recentemente approvata per tutelare il Made in Italy (la cosiddetta Versace-Reguzzoni ) si è arenata nel confronto con Bruxelles, in quanto non si armonizza alle norme comunitarie. Che ne pensa?
E' una questione molto delicata che potrebbe sollevare dei polveroni. Purtroppo c'è sempre qualcuno che riesce a trarre profitto dallo svantaggio altrui. E’ importante tutelare il made in Italy che ci ha reso famosi in Europa e nel resto del mondo. Nessuno può negarlo.
Cosa significa per lei essere un vero imprenditore?
Mi ritengo molto fortunato per aver assecondato la mia passione. Lo spirito imprenditoriale è un modo di approcciarsi al mondo non necessariamente legato al mero profitto. Il profitto è solo uno dei tanti parametri per “valutare” il successo o la giustezza di alcune decisioni. Il lavoro dell'imprenditore è un lavoro su se stessi, i grandi imprenditori sono sempre stati dei grandi uomini, alcuni hanno scelto una buona strada per realizzarsi altri no, talvolta hanno dovuto scendere a compromessi. Un vero imprenditore non deve porsi dei limiti territoriali o spazio-temporali.
Ovviamente bisogna aggiungere una grande capacità di analisi e pragmatismo. Serve freddezza, ma anche grande sconfinata passione per questo lavoro, che può essere anche artistico e molto creativo.
Amo le possibilità che questo lavoro mi offre, aprire nuovi mercati, incontrare le persone più improbabili, visitare i luoghi più impensabili, prendere decisioni importanti che coinvolgono altre persone. L'imprenditoria è sicuramente un modo di forgiare il sé.
Obiettivi per il futuro?
Prima di tutto vorrei raggiungere gli obiettivi di fatturato per il 2010-2011 per la mia società De Luca & Vittori Srl, ampliarne le attività e la clientela, diffondere il nostro marchio, Pietraidea, specialmente nel nord Italia e nel nord Europa. Inoltre vorrei aiutare le società italiane ad espandersi nei mercati asiatici. E' una nobile attività, perchè contribuisce a dare lavoro sia agli italiani che ai cinesi, a generare ricchezza e a impedire che molte aziende italiane chiudano i battenti.
Due anni fa, inoltre, ho aperto assieme a mia moglie, a due avvocati romani e a un commercialista lo Studio Legale “Italia-Cina” e presiedo l'Associazione “Sviluppo Italia Cina” con sede a Roma.
Stiamo assistendo con crescente soddisfazione moltissimi cinesi che vivono in Italia, spesso rimasti vittime di ingiustizie da parte di connazionali e di italiani. Uno dei miei obiettivi è quello di promuovere le attività dello studio legale e contribuire all’avvicinamento delle due culture.
Con il mio lavoro vorrei dimostrare che, nonostante le differenze apparenti o reali, la Cina e l’Italia possono aprirsi alla scoperta delle reciproche ricchezze culturali, economiche e sociali.