Finanza sostenibile - parte il negoziato per una tassonomia europea
Per evitare il greenwashing occorre definire in modo chiaro cosa si intende per investimenti sostenibili dal punto di vista ambientale, climatico e sociale. Serve quindi una tassonomia uniforme a livello europeo.
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Una posizione sostenuta con forza dal gruppo tecnico di esperti UE di finanza sostenibile e corroborata prima dal Parlamento europeo (a marzo) e adesso dai rappresentanti degli Stati membri, che hanno adottato la proposta per definire criteri uniformi per determinare se un'attività economica è sostenibile.
Proposta che segue il report tecnico elaborato dagli esperti assoldati dalla Commissione europea, e che dà il via ai negoziati fra Parlamento e Consiglio sul tema.
A cosa serve una tassonomia europea?
L'obiettivo della proposta è sviluppare gradualmente una tassonomia europea in grado di fornire agli investitori un quadro di riferimento chiaro e univoco di quali attività possono considerarsi sostenibili. Un framework ispirato alle classificazioni statistiche esistenti e pensato per orientare gli investimenti su quelle attività che possono essere definite realmente sostenibili.
Una serie di target dovrebbero essere considerati nella valutazione del grado di sostenibilità di un'attività economica:
- mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici;
- protezione e uso sostenibile dell’acqua e delle risorse marine;
- transizione a un’economia circolare, compresa la prevenzione dei rifiuti e l'aumento dell'utilizzo di materie prime secondarie;
- prevenzione dell’inquinamento;
- protezione della biodiversità e ripristino degli ecosistemi degradati.
Obiettivi che andranno misurati attraverso alcuni indicatori armonizzati, onde evitare la frammentazione attualmente esistente fra i diversi Paesi europei, che finisce spesso per scoraggiare gli investitori a puntare su investimenti transfrontalieri green e sostenibili.
Affinché un investimento sia considerato sostenibile dal punto di vista ambientale, deve rispettare una serie di requisiti:
- contribuire in modo sostanziale ad almeno uno dei sei obiettivi di cui sopra;
- non danneggiare in modo significativo nessuno degli obiettivi ambientali;
- essere realizzato nel rispetto delle garanzie minime in materia sociale e di governance;
- rispettare specifici criteri di screening tecnico.
In base alla posizione adottata dal Consiglio, il provvedimento dovrebbe entrare vigore dalla fine del 2021, così da assicurare una piena applicazione della tassonomia entro la fine del 2022.
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Parole d’ordine: ESG e benchmark low-carbon
Nel solco dei lavori per definire criteri unificati volti a favorire gli investimenti sostenibili si inquadrano gli accordi raggiunti tra febbraio e marzo tra Parlamento e Consiglio per introdurre obblighi di trasparenza e fissare una nuova generazione di benchmark low-carbon.
Il primo impone agli investitori istituzionali, come i gestori patrimoniali o le compagnie assicurative, di fornire precise informazioni in merito all'impatto ambientale e sociale delle loro decisioni d’investimento. Un quadro di trasparenza che servirà a garantire che gli investitori siano bene informati dell'impatto ambientale e sociale dei loro investimenti.
Il secondo accordo fissa due nuovi benchmark low-carbon europei, uno per la transizione climatica, che offrirà un'alternativa a basse emissioni rispetto a quello comunemente usato, e uno allineato all’accordo di Parigi, che comprenderà solo società in grado di dimostrare di essere allineate con il target di 1,5˚.
Le nuove etichette, così come la regolamentazione sulla trasparenza dell’impatto ambientale e sociale degli investimenti, intendono sostanzialmente limitare il cosiddetto greenwashing, la strategie che ingannano gli investitori con affermazioni ambigue o infondate sui benefici ambientali di un investimento.
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