Finanziamenti per biodiversità: i risultati della COP16 di Roma

Foto di homecare119 da PixabayDopo una prima sessione a Cali in Colombia, dal 25 al 27 febbraio ha avuto luogo a Roma la seconda parte della Conferenza mondiale sulla Biodiversità delle Nazioni Unite. Ecco i risultati della COP16 di Roma.

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Rispetto all’appuntamento in Colombia dello scorso ottobre, i delegati della COP16 riuniti presso la sede della FAO di Roma hanno ottenuto importanti risultati, soprattutto sul nodo relativo ai finanziamenti globali riservati al settore.

Di seguito riportiamo i risultati principali dell’incontro romano, con particolare attenzione alla mobilitazione delle risorse per la biodiversità. 

Punto di partenza: cosa è emerso dalla COP16 di Cali

La COP16 di Cali è stato il primo incontro tra i rappresentanti dei 196 Paesi firmatari del Quadro Globale per la Biodiversità (Global Biodiversity Framework - GBF) siglato nel 2022 in occasione della COP15 (Kumming-Montreal). Si tratta di una roadmap con obiettivi ben definiti per proteggere e ripristinare la biodiversità a livello globale. Durante la conferenza colombiana, le parti hanno raggiunto progressi significativi nell’attuazione del GBF, adottando una posizione comune su questioni rilevanti. Ne è un esempio il meccanismo multilaterale per l'uso delle informazioni di sequenziamento digitale (DSI) delle risorse genetiche, con l'istituzione di un nuovo fondo, chiamato Cali Fund.

Tuttavia, nonostante gli importanti risultati, non è stato possibile raggiungere un accordo per attuare pienamente il Quadro Globale per la Biodiversità, soprattutto a causa di profonde divisioni tra Paesi sviluppati e in via di sviluppo in merito alla questione della mobilitazione delle risorse finanziarie. Rispetto al tema dei finanziamenti, infatti, il GBF prevede che siano destinati almeno 200 miliardi di dollari all’anno entro il 2030 per la conservazione della biodiversità. In particolare, ai Paesi più ricchi è richiesto di aumentare progressivamente il proprio contributo ai flussi finanziari internazionali per la biodiversità, portandolo ad almeno 20 miliardi di dollari all’anno entro il 2025 e a 30 miliardi di dollari entro il 2030. L’obiettivo è di colmare un divario di finanziamento per la biodiversità pari (in base alle stime del GBF) a 700 miliardi di dollari da qui al 2030. 

Proprio l’apporto richiesto ai Paesi sviluppati nell’ambito del Quadro Globale per la Biodiversità ha rappresentato uno dei punti di maggiore tensione alla prima parte della COP16: secondo gli ultimi dati dell’OCSE, infatti, i Paesi sviluppati sono ben al di sotto della quota che dovrebbero garantire. Per tale ragione, alla conferenza di Cali 20 ministri di nazioni meno sviluppate hanno rilasciato una dichiarazione esortando i governi del nord globale a rispettare l’obiettivo dei 20 miliardi al 2025, suggerendo anche la creazione di un gruppo di lavoro congiunto tra ministri delle finanze e dell’ambiente per garantire il rispetto di tale scadenza. 

Al centro del conflitto tra Paesi sviluppati e in via di sviluppo, anche il Global Biodiversity Framework Fund (GBFF), pacchetto finanziario approvato alla COP15, ospitato presso il Global Environmental Facility (GEF), fondo multilaterale istituito al summit di Rio nel 1992 con l’obiettivo di finanziare progetti legati alla biodiversità e al contrasto al climate change. Tale soluzione, infatti, ha suscitato un certo scontento tra i Paesi in via di sviluppo che, sotto la guida del Brasile, hanno chiesto la creazione di un nuovo fondo ad hoc dedicato alla natura, gestito direttamente dalla governance della COP. A tale richiesta, rinnovata dai Paesi in via di sviluppo alla COP16 di Cali, le nazioni più ricche hanno risposto annunciando 163 milioni di dollari aggiuntivi per il GBFF, portando la dotazione del fondo a 396 milioni di dollari. Una cifra comunque considerata molto esigua dagli Stati meno sviluppati.  

Per superare l’impasse, la presidente della COP16, Susanna Muhamad, ha presentato ai delegati un nuovo testo, non approvato a causa della mancanza di un quorum, che proponeva la creazione di un fondo globale per la biodiversità sotto la governance della COP entro il 2030. Ed è probabilmente proprio da questa proposta che partiranno i negoziati della COP16-bis di Roma. 

I risultati della COP16 di Roma sulla finanza per la biodiversità 

Dopo tre giorni di negoziati, i 196 Paesi partecipanti hanno finalmente trovato un accordo su una strategia per mobilitare le risorse finanziarie necessarie per la protezione della biodiversità. 

Più in dettaglio, l’accordo siglato a Roma conferma la creazione di un flusso di finanziamenti internazionali che passi dai 20 miliardi all’anno del 2025 ai 30 miliardi entro il 2030. L’obiettivo è però quello di fare in modo, in linea con il GBF, di mobilitare almeno 200 miliardi di dollari all’anno entro la fine di questo decennio, tramite tutti i canali di finanziamento possibili (dai fondi pubblici nazionali e internazionali alle risorse private). 

Grazie ad una proposta avanzata dal Brasile a nome dei Paesi BRICS, è stato possibile superare le controversie relative alla questione della gestione di queste risorse: secondo quanto stabilito a Roma, da un lato viene assicurata alla COP il controllo sulla governance del nuovo fondo GBFF, pur mantenendo il funzionamento nell’ambito del meccanismo esistente (che è quello del GEF). Dall’altro lato, è stata rinviata alle future COP la decisione risolutiva sullo sviluppo del fondo. 

Altro importante momento della conferenza è stato il lancio ufficiale del “fondo Cali”, uno strumento basato sull’equa condivisione dei benefici derivanti dall’utilizzo delle risorse genetiche legate alla biodiversità, e sui diritti delle popolazioni indigene, che mira a incanalare i profitti derivanti dall’uso commerciale delle risorse naturali verso la conservazione della biodiversità e a beneficio dei Paesi in via di sviluppo, comunità indigene e popolazioni locali. A finanziare il fondo sono principalmente le aziende che ricorrono alle risorse genetiche per scopi commerciali, tra cui l’industria farmaceutica, che devono destinare alla tutela della biodiversità almeno il 50% delle risorse che raccolgono.

Infine, un’ulteriore importante questione relativa ai finanziamenti di cui si è discusso a Roma, è l’obiettivo di tagliare almeno 500 miliardi di dollari all’anno entro il 2030 ai sussidi ad attività dannose per la biodiversità

Il contributo dell’UE alla COP16

Ai risultati raggiunti dai 196 Paesi che hanno partecipato alla COP della capitale, ha contribuito notevolmente anche l’UE, soprattutto per quanto riguarda la mobilitazione di risorse finanziarie indispensabili per garantire la tutela della biodiversità. L’Unione, infatti, è già tra i principali finanziatori internazionali della biodiversità: basti pensare che la Commissione ha raddoppiato le risorse dedicate al settore, portando lo stanziamento a 7 miliardi di euro per il periodo 2021-2027. Inoltre, dal 2026 in poi, il 10% del bilancio dell'Unione verrà destinato ad attività legate alla biodiversità e la Commissione integrerà la biodiversità in altri programmi di finanziamento, massimizzando le sinergie con l'agenda climatica. Al momento, in Europa la maggior parte del sostegno viene fornito nell'ambito della cooperazione bilaterale per aiutare i partner nell'attuazione del Quadro Globale per la Biodiversità (GBF), ma l'UE punta a mobilitare risorse aggiuntive da fonti nazionali o private, utilizzando un'ampia gamma di strumenti finanziari, tra cui blending (finanza mista), garanzie e green bond. Risorse che saranno necessarie per assicurare il contributo finanziario richiesto nell’ambito del GBF ai Paesi sviluppati (categoria a cui appartengono i 27).

Parlando in occasione dell’evento, la Commissaria per l’Ambiente, la Resilienza Idrica e un’Economia Circolare Competitiva, Jessika Roswall, ha dichiarato: “Accolgo con favore l’esito positivo dei negoziati globali sulla biodiversità a Roma. È stato raggiunto un accordo su tutte le questioni in sospeso. Abbiamo garantito una roadmap globale per sostenere il finanziamento della biodiversità oltre il 2030. Questa è la prova che il multilateralismo funziona, nonostante un difficile contesto geopolitico internazionale e molteplici sfide globali. Lavorando a stretto contatto, tutte le Parti hanno concordato una roadmap per la mobilitazione delle risorse al fine di colmare il divario di finanziamento della biodiversità. È stato inoltre raggiunto un accordo sul quadro di monitoraggio e sulle procedure per la revisione globale dell’attuazione del Quadro Globale sulla Biodiversità alla prossima Conferenza Globale sulla Biodiversità COP17”. 

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