Elezioni europee e Fondi Ue: Giovanni La Via, trovare sinergia tra istituzioni italiane e Unione

Giovani La Via - foto di Giovanni La ViaIn vista delle elezioni del 25 maggio, FASI.biz ha intervistato Giovanni La Via - eurodeputato, relatore di uno dei regolamenti della PAC e candidato Ncd nella circoscrizione Insulare - sulla programmazione europea 2014-2020 e sulle possibilità offerte dai fondi Ue per la cultura.

I finanziamenti provenienti dall'Ue sono forse il tema più sentito da cittadini, enti e imprese quando si parla di Europa. La programmazione che si è appena chiusa ha portato secondo lei dei benefici all'Italia e all'Europa in generale?

La programmazione 2007-2013 ha visto la sua implementazione in un contesto economico-sociale particolare, caratterizzato da una crisi economica profonda, che ha inevitabilmente segnato le scelte macroeconomiche dell’Unione europea. Nonostante questo dato, ritengo però che la scorsa programmazione possa essere considerata soddisfacente per i Paesi dell’Europa con più ritardi di sviluppo. Abbiamo visto, infatti, buoni standard di spesa dei fondi europei. L’Italia, purtroppo, in questo senso non ha brillato, soprattutto per quanto riguarda le regioni meridionali. Ma anche in questo caso non possiamo incolpare l’Europa, la mancata spesa di tutti i fondi è spesso dovuta a lacune o inefficienze locali. Sta quindi ai singoli Stati cercare di recitare un ruolo diverso per i prossimi sette anni di programmazione europea.

Il Parlamento europeo uscente ha approvato, dopo una lunga e travagliata discussione con Commissione e Consiglio, il budget 2014-2020 e i relativi fondi per lo sviluppo. Quali sono le novità sostanziali rispetto al precedente periodo e come pensa possano influire sui processi di aggregazione europei?

Le novità, considerando le promesse di tagli drastici, riguardano sostanzialmente il successo nell’aver mantenuto una programmazione con un plafond quasi invariato rispetto agli anni passati in aree importanti per il nostro Paese come l’agricoltura. Non è facile negoziare in tempi di crisi, e in tal senso trovo fondamentale l’essere riusciti ad ottenere una clausola di revisione del bilancio settennale, a metà del periodo di programmazione, così da poterlo adeguare alle nuove prospettive economiche che, si spera, possano cambiare in senso positivo da qui a 3 anni. Abbiamo bisogno di un’Europa che corre ad un’unica velocità e io credo che la programmazione 2014-2020 possa, in linea di principio, aiutare a raggiungere questo obiettivo anche se, occorre essere oggettivi, un bilancio figlio di un periodo di crisi non può essere la bacchetta magica che risolve tutti i problemi. Il nuovo orizzonte, da raggiungere con la prossima legislatura, deve essere la riforma delle risorse proprie, che consentirebbe all’Ue di dotarsi di un proprio bilancio, slegato dalle logiche opportunistiche di mero calcolo nazionale.

L'utilizzo dei fondi strutturali in Italia, specie per quanto riguarda le infrastrutture, è sempre molto problematico. Ritiene che l'accordo di partenariato iniviato a Bruxelles e la programmazione operativa nazionale e regionale che ne seguirà possano migliorare l'impiego di questi fondi?

Occorre trovare una migliore sinergia tra le nostre istituzioni e quelle europee. È chiaro che anche l’Unione europea, nella formulazione dei propri bandi per la realizzazione di infrastrutture deve cercare di tener in considerazione alcune peculiarità e caratteristiche del nostro Paese ma noi, d’altro canto, dobbiamo snellire il nostro apparato burocratico: i tempi di Bruxelles e quelli di Roma dovranno avvicinarsi sempre più fino a coincidere. Abbiamo bisogno da un lato di richieste meno rigide da parte dell’Europa e, dall’altro, di ridurre il carico di norme che, di fatto, oggi impedisce il procedere spedito della realizzazione di opere infrastrutturali necessarie per garantire sviluppo e occupazione per tutto il Paese.

Il risultato delle elezioni europee quanto inciderà sulle politiche di sviluppo dell'Unione, specie in materia di programmi per la crescita (politiche industriali, eurobond)?

Il risultato delle elezioni europee sarà decisivo in tal senso. Esso inciderà su tutte le politiche europee, comprese quelle legate alla programmazione dei fondi europei destinati a favorire crescita e occupazione. Certo, se prevarranno le forze antieuropeiste, è chiaro che fare passi avanti sarà difficile perché dovremo lavorare ogni giorno per difendere quanto è stato fatto, invece di cooperare per costruire qualcosa di nuovo nella direzione degli Stati Uniti d’Europa, come previsto dai padri fondatori. Riguardo agli eurobond, il nostro candidato alla Commissione europea si è già detto favorevole alla loro introduzione, seppur con la consapevolezza che si tratta di un percorso graduale.

Mi indichi un pregio e un difetto della programmazione nel suo settore.

In questa legislatura abbiamo realizzato la riforma della Politica agricola comune, che intercetta circa il 40 per cento del bilancio europeo. Ho avuto l’onore di essere uno dei 3 relatori di questa riforma e posso dire con orgoglio di essere riuscito, insieme ai colleghi, a difendere i fondi previsti per il nuovo periodo 2014-2020 dinanzi a forti proposte di tagli. Questo grazie ad una battaglia che abbiamo condotto con le unghie e con i denti per evitare che i paesi del Nord Europa potessero portare a casa le norme più adeguate alle loro esigenze. Abbiamo pensato ad una politica agricola a trazione mediterranea, regolata da norme più semplici, abbiamo esteso i beneficiari dei pagamenti diretti inserendo nuove coltivazioni. Non ultimo, abbiamo alleggerito l’apparato burocratico, pensando di rendere più semplice la vita ai nostri agricoltori.