Relazione Fitto: integrare risorse PNRR, fondi strutturali e FSC
In audizione in Parlamento sulla relazione che fotografa lo stato di attuazione della Politica di coesione europea e nazionale 2014-2020, il ministro Fitto espone il piano del Governo per accelerare e rendere più efficiente la spesa: una programmazione integrata che utilizzi in modo sinergico i fondi europei del PNRR, i fondi strutturali e le risorse FSC.
Tutte le novità decreto PNRR 3
L'audizione del ministro per gli Affari europei, il Sud e il PNRR, Raffaele Fitto, presso le commissioni Bilancio e Politiche UE di Camera e Senato arriva a due giorni di distanza dal termine per la presentazione degli emendamenti di Palazzo Madama al decreto PNRR ter, su cui il Governo ha già incassato il parere positivo della Conferenza unificata. Due processi - da una parte, l'analisi dell'avanzamento della spesa dei fondi europei e nazionali della Coesione attraverso la relazione già presentata in CdM a febbraio, dall'altro, la revisione degli strumenti della governance - che sono strettamente correlati ai lavori in corso per la modifica del PNRR con il capitolo REPoweEU, che l'Esecutivo deve presentare alla Commissione europea entro il 30 aprile.
Il capitolo aggiuntivo del Recovery potrà infatti contare, oltre che sulle risorse a fondo perduto della quota ETS e su quelle derivanti dalla rimodulazione dell'attuale versione del PNRR, anche su una quota, pari al 7,5%, dei fondi europei della Coesione 2021-27. Per il Governo, ha spiegato Fitto, è l'occasione per mettere in campo uno strumento che si articolerà su investimenti per l'infrastrutturazione per l'autonomia energetica e interventi in forma di incentivi a famiglie e imprese lato consumi, ma più in generale per una “programmazione complessiva del PNRR che non solo si parli ma sia totalmente integrata e coordinata con la programmazione della Coesione”.
Cosa dice la relazione sulla Politica di Coesione 2014-2020
La relazione sullo stato di attuazione della Politica di coesione europea e nazionale presentata da Fitto in Consiglio dei Ministri a metà febbraio e poi il 15 marzo in Parlamento traccia un quadro impietoso sull'avanzamento dei fondi europei e FSC 2014-20.
Al secondo posto in UE per fondi europei assegnati a titolo del FESR e del FSE, l'Italia è, in base ai dati aggiornati a settembre 2022 della piattaforma di open data della Commissione, anche al penultimo posto in termini di implementazione, con la spesa al 55% del totale programmato, contro una media europea del 69%. Un dato che è solo la manifestazione più evidente di una serie di problemi strutturali di una Politica di coesione che non riesce a centrare i suoi obiettivi.
Tradito il principio dell'addizionalità delle risorse della coesione, impiegate in sostituzione dei fondi ordinari. Troppo frequente il ricorso a progetti retrospettivi per rendicontare almeno i fondi europei, soggetti a disimpegno automatico, mentre le risorse nazionali restano ferme e i relativi programmi si gonfiano di progetti che non si traducono mai in impegni giuridicamente vincolanti. Debole l'integrazione e la focalizzazione sugli obiettivi programmatici, con il risultato di mobilitare anno dopo anno una mole di risorse straordinaria senza intaccare i divari di sviluppo che la Politica di coesione dovrebbe colmare.
Un problema di risultati, quindi, che poi presta il fianco a quanti vorrebbero ridimensionare il peso della Politica regionale dell'UE, attualmente circa un terzo del Quadro finanziario pluriennale. Il dibattito a livello europeo sul futuro della Politica di Coesione dovrebbe preoccuparci, ha detto Fitto in audizione in Parlamento. Potremo trovarci di fronte a una messa in discussione di una politica che come sapete non interessa tutti i paesi allo stesso modo, ha aggiunto.
I dati sulla spesa dei fondi europei 2014-2020
Attualmente i fondi europei della Politica di coesione (FESR e FSE) programmati per il ciclo 2014-20 ammontano a 50,5 miliardi di euro, che diventano 64,9 miliardi includendo le assegnazioni a valere sull’iniziativa REACT-EU, cioè 14,3 miliardi, cui si è aggiunto il cofinanziamento nazionale di 186,4 milioni di euro per iniziative di assistenza tecnica.
Al 31 dicembre 2022, ultima scadenza per l’applicazione della cosiddetta regola n+3, la spesa complessivamente certificata alla Commissione europea è risultata pari al 54% del totale programmato, per un valore di 35,1 miliardi di euro, con le regioni meno sviluppate e in transizione particolarmente indietro sui pagamenti, anche di oltre 15 punti percentuali rispetto alle più sviluppate.
Ciò significa che anche se tutti i 51 Programmi Operativi nazionali e regionali alla fine dello scorso anno hanno superato la soglia prevista per evitare il disimpegno automatico, nell’ultimo anno di programmazione restano da spendere risorse FESR e FSE del ciclo 2014-2020 per circa 20 miliardi di fondi europei, e un totale di 29 miliardi se si include anche il cofinanziamento nazionale.
Per approfondire: Fondi europei 2014-2020: target raggiunti per tutti i Programmi
E questo nonostante le riprogrammazioni in favore delle misure anti-COVID consentite dalle iniziative CRII e CRII Plus, con la possibilità di applicare il tasso di cofinanziamento europeo al 100% per le spese emergenziali. Dei circa 12 miliardi riprogrammati in risposta alla pandemia, risultano censiti nel sistema di monitoraggio 8,7 miliardi. Gli impegni si attestano al 68% e i pagamenti al 55% del totale e salgono, rispettivamente, al 93% e al 76% assumendo come riferimento il valore monitorato.
Ancora più lento l'avanzamento delle risorse ReactEU: la spesa certificata al 31 dicembre 2022, in questo caso, è pari a 1,8 miliardi di euro, il 12,5% del totale programmato. Per alcuni programmi, si legge nella relazione, la certificazione è pari a zero.
I ritardi della Politica di coesione nazionale
Il quadro è ancora più critico con riferimento al Fondo sviluppo e coesione, che risente, da una parte, dell'assenza di scadenze cogenti a livello europeo e, dall'altra, della tendenza ad attingere alle risorse FSC per coprire buchi di finanza pubblica, anche in deroga al vincolo che riserva al Mezzogiorno l'80% delle risorse dell'ex Fondo per le aree sottoutilizzate.
Su oltre 81 miliardi assegnati ai Piani Sviluppo e coesione (PSC) approvati, risultano impegni per 45,3 miliardi di euro, con una percentuale di avanzamento del 55,7%, e pagamenti per 25,4 miliardi di euro, con una percentuale di avanzamento del 31%. Limitandosi alle risorse 2014-20 confluite nei PSC, su un totale assegnato di 49,9 miliardi di euro, gli impegni sono fermi al 42% (21 miliardi di euro) e i pagamenti al 13% (6,5 miliardi).
C'è poi il capitolo dei POC, i Programmi operativi complementari, che sono finanziati non dal Fondo sviluppo e coesione, ma dal Fondo di rotazione di cui alla legge n. 183/1987 che cofinanzia anche i programmi europei. In questo caso è la natura stessa dello strumento a spiegarne l'utilizzo limitato: questi Programmi sono usati soprattutto per gestire i ritardi dei PON e dei POR cofinanziati dal FESR e dal FSE e per mettere al sicuro i fondi europei e molto poco per agire in complementarietà con le risorse europee.
Cambia la governance, ma anche l'Accordo di partenariato
Dal quadro tracciato emerge l'urgenza, si legge nella relazione, di “definire tempestivamente linee di intervento adeguate a rafforzare le funzioni di programmazione e gestione dei fondi europei e nazionali della coesione”. Il documento le mette in fila: migliorare il sistema informativo e di monitoraggio per il supporto alla decisione pubblica; ripensare il sistema di regole, gli strumenti e le modalità di gestione della politica di coesione nazionale; ripensare la governance della Politica di coesione e intervenire in modo strutturato sulla capacità amministrativa.
In pratica, la relazione prelude al cambio di passo nella gestione dei fondi europei avviato con il decreto PNRR 3, che sopprime l'Agenzia per la coesione territoriale e accentra in capo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri le competenze sui fondi europei e nazionali della coesione e la loro integrazione con il Recovery Plan.
Per approfondire: Decreto PNRR 3: cambia la governance dei fondi europei e delle risorse FSC
Non solo: la relazione funge da base teorica anche per la revisione dei Programmi, quelli cofinanziati dai fondi europei 2014-2020 che hanno ingenti risorse non spese, ma anche quelli a valere sui fondi europei 2021-27, programmazione appena partita, ma nei fatti già superata.
Per Fitto, così come il PNRR va ripensato perchè ideato in risposta all'emergenza Covid, anche l'Accordo di partenariato 2021-27, progettato e negoziato con Bruxelles quando le ripercussioni della guerra in Ucraina non erano ancora note, deve essere rivisto, tenendo presente il sovraccarico determinato dalla “concomitante attuazione fino al 2026 degli interventi della Politica di coesione e del PNRR” e le "attuali esigenze di sostegno al sistema imprenditoriale, alle famiglie, ai lavoratori".
Da qui l'obiettivo del Governo di mettere insieme, in una visione e una programmazione unica, Recovery e Accordo di partenariato, anche per una questione collegata alle scadenze relative alle diverse date di rendicontazione, nel caso del PNRR il giugno 2026, nel caso dei fondi strutturali il 31 dicembre 2029.
Programmazione integrata per PNRR, fondi strutturali e FSC
La proposta di modifica del PNRR con l'aggiunta capitolo REPowerEU che l'Esecutivo deve presentare a Bruxelles entro fine aprile sarà l'occasione, si legge nella relazione, “per avviare il necessario allineamento dei quadri programmatori”, con misure che usciranno dal Piano nazionale di ripresa e relienza per transitare nel ciclo 2021-27 dei fondi UE e fare posto a maggiori investimenti per la transizione green.
A ciò andrà affiancato lo strumento del Fondo Sviluppo e Coesione, di cui Fitto ha ricordato le criticità oggettive: i vari spostamenti di risorse decisi negli anni per coprire esigenze di bilancio, tra cui i 6 miliardi destinati al caro prezzi, hanno ridotto la dotazione FSC 2021-27 da 68,8 a circa 50 miliardi e, parallelamente, la programmazione 2014-2020 è in forte ritardo a causa di progetti che non hanno rispettato i termini per l'assunzione delle obbligazioni giuridicamente vincolanti e che rischiano di essere definitivamente definanziati. La ricognizione su questi interventi è in corso; una volta chiarito il quadro sarà possibile sbloccare le risorse disponibili e approvare i nuovi Piani di sviluppo e coesione. Nel dialogo con gli enti territoriali, ha dichiarato però il ministro, sul tavolo c'è anche la "legittima richiesta delle regioni" di poter cofinanziare i programmi UE con le risorse FSC.
Per approfondire: Fondi europei, si cambia: le partite incrociate su PNRR, Coesione e aiuti di Stato